Immigrati nell'America di oggi

Nel film "Crossing Over" con Harrison Ford
Marisa Marzelli
31.07.2009 00:01

Wayne Kramer sa di che cosa sta parlando in Crossing Over, di cui  è soggettista, sceneggiatore e regista. Lo sa perché anche lui, sudafricano, ha ottenuto la cittadinanza statunitense solo nel 2000. Ambientato a Los Angeles e strutturato a incastri, con destini che s?intersecano o solo si sfiorano, il film è costruito narrativamente come Crash di Paul Haggis. A fare da traccia, personaggio che s?interroga dolorosamente sulle ragioni della legge e quelle del cuore, è il poliziotto a cui presta il volto stanco Harrison Ford. È il tradizionale onesto americano nei panni di un agente dell?Immigration and Customs Enforcement di pattuglia con un collega di origini iraniane. Clandestini messicani da arrestare, famiglie da dividere per rispedire a casa gli illegali, irruzioni improvvise. Questo è il suo lavoro, il lavoro di un vecchio yankee confrontato con gente che preme contro la rete metallica (anche simbolica) per accaparrarsi il suo pezzetto di sogno americano. D?altra parte, soprattutto dopo lo shock dell?11 Settembre, c?è malessere nella terra promessa del melting pot. È un tema relativamente nuovo e scomodo per il cinema a stelle e strisce, ma si comincia a trattarlo. Il film pedina una serie di personaggi disegnati in chiaroscuro; ci sono un viscido controllore dell?ammissibilità dei permessi (Ray Liotta) e sua moglie (Ashley Judd), avvocato difensore in cause d?immigrazione; e ci sono soprattutto quelli disposti a fare qualsiasi cosa per non andarsene. Il tono è drammatico ma anche con note di commedia, come le sequenze del finto erudito di libri sacri dell?ebraismo e del vero rabbino chiamato a giudicare la sua competenza che sceglie di non smascherarlo. Ma la sceneggiatura è a tratti improbabile quando non assurda, come nel caso del pistolotto nei confronti di un adolescente coreano durante una rapina.