Una madre contro l'ingiustizia

Nel film di Rithy Panh da un romanzo di Marguerite Duras
Antonio Mariotti
28.07.2009 18:51

Il cineasta cambogiano Rithy Panh affronta con coraggio un?impresa non certo facile: quella di portare sullo schermo uno dei più celebri romanzi di stampo autobiografico di Marguerite Duras ambientati in Indocina, ma la scommessa – seppur rischiosa – risulta vincente su tutta la linea. Il regista riesce infatti, da una parte, a elaborare una sceneggiatura (che firma insieme a Michel Fessler) in grado di restituirci anche il punto di vista degli autoctoni riguardo alla durezza e all?ingiustizia del sistema coloniale francese prefigurando ciò che accadrà nei decenni successivi in Indocina. A questo risultato contribuisce anche il fatto di aver effettuato le riprese nei luoghi reali dove la famiglia della scrittrice aveva soggiornato e i cui abitanti più anziani si ricordano ancora della giovane Marguerite e di sua madre. Su questo approccio realistico si innesta alla perfezione un apparato drammaturgico che punta in primo luogo sull?intensità dell?interpretazione di quella grande attrice che continua a confermarsi Isabelle Huppert e sull?energia di due giovani più che promettenti come Gaspard Ulliel e Astrid Bergès-Frisbey nel ruolo dei figli che s?incamminano verso una difficile età adulta. Vedova di un funzionario governativo, l?indifesa protagonista subisce i soprusi dell?autorità coloniale che le rifila un appezzamento per la coltivazione del riso che viene regolarmente invaso dall?acqua salata dell?oceano. Da qui nasce l?idea utopica di costruire – insieme ai coltivatori locali – una diga contro la furia della natura. Iniziativa disperata, che porterà la donna persino ad accettare la corte spietata che un ricchissimo latifondista cinese fa alla figlia adolescente.