Conflitto d'interessi nella nebbia

Politica cantonale: un tema tabù che ogni tanto risorge
Gianni Righinetti
27.07.2009 05:01

di GIANNI RIGHINETTI - Il presidente del Partito socialista Manuele Bertoli a metà giugno lo ha detto con tono deciso in Gran Consiglio: «La sottocommissione incaricata di esaminare i conflitti d?interessi esca dalla nebbia». E a pochi metri di distanza il coordinatore di questa costola della Commissione dei diritti politici, Giovanni Jelmini (PPD), come se la cosa non lo toccasse minimamente, non ha praticamente battuto ciglio. Questo breve, quanto significativo siparietto, dà la misura della reale volontà del Parlamento di trovare soluzioni per uscire da un?impasse che dura da anni su una questione che certamente non toglie il sonno a nessuno, ma che non contribuisce a far crescere la credibilità di istituzioni e politici. E che Bertoli giocasse il ruolo dell?indignato, mentre Jelmini subiva, è solo la logica conseguenza di un interesse particolare del primo alla ricerca di una soluzione, o meglio, di un accoglimento pieno di una sua iniziativa. Tanto per dire che, in men che non si dica, i ruoli potrebbero ribaltarsi. Non si tratta di un distinguo tra buoni e cattivi.E intanto il conflitto d?interessi rimane un tema tabù per la politica cantonale che, ciclicamente, lo fa risorgere. Ma a quel momento c?è sempre qualcuno che, alla ricerca della scusa più fantasiosa, lo insabbia prontamente. Dopo anni di discussioni infruttuose sembra chiaro che non ci sia una volontà politica di trovare una soluzione. La ragione di fondo di questa continua marcia sul posto è il fatto che la questione sia stata spesso utilizzata ad personam.Mancano invece la volontà e l?obiettività per esaminare il conflitto nella sua portata generale, facendo astrazione dai casi individuali.Ora c?è chi alza la testa e dice senza timore la sua opinione. È stato il caso del socialista Gianrico Corti, che prima in Parlamento e poi dalle colonne del «Corriere» (vedi edizione del 24 luglio) ha deciso di uscire allo scoperto, lanciando qualche idea. E Corti in quella commissione c?è da due anni e da altrettanti mal sopporta il tergiversare dei colleghi.La sostanza del problema è chiara: è giusto e opportuno cumulare la carica di granconsigliere e quella di membro di un Consiglio di amministrazione di un?azienda pubblica o parapubblica soggetta a controllo parlamentare? È normale che un funzionario dello Stato (a maggior ragione se dirigente) possa ricoprire anche la carica di municipale? Interrogativi che, da anni, restano sul tavolo.Nel caso, ad esempio, dell?alto funzionario che è anche municipale, il potenziale conflitto, ancorchè attenuato da disposti di legge e da regole interne all?amministrazione pubblica, rimane. Il funzionario pubblico, municipale o sindaco, quotidianamente si trova confrontato con problemi che concernono il suo Comune in rapporto al Cantone. E, giorno dopo giorno, si deve porre questo interrogativo: «Privilegiare il mio Comune o il mio datore di lavoro? Oppormi a chi mi ha eletto, ai miei colleghi, o alla mia autorità di nomina, verso la quale la legge mi impone lealtà?». Così è, anche se, per quieto vivere, si fa finta di niente nel timore (legittimo) che un deciso giro di vite scoraggi chi oggi si mette a disposizione della collettività.Nell?ormai lontano 2002, nell?avamprogetto di nuova Legge sull?ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti (LORD), era stata proposta l?incompatibilità tra le due funzioni. Un?idea che sollevò un?immediata levata di scudi. Intanto la LORD non è stata ancora varata (anche se dovrebbe essere in dirittura d?arrivo) e questo problema rimane irrisolto.Ancor più sostanziale è il problema dei deputati che siedono nei CdA di aziende pubbliche o parastatali, soggette al controllo e alla vigilanza del Cantone, cioè del Parlamento. V?è il rischio che questi deputati diventino controllori di sè stessi: una situazione del tutto inopportuna e insostenibile.