Il personaggio

«Viaggiando s’impara, la viticoltura è tutto meno che noiosa»

Conosciamo Luca Carruggiu, il giovane enologo che, dopo aver fatto il giro del mondo (e dei vini), ora torna in Ticino
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Davide Illarietti
10.03.2024 15:45

Dal Ticino alle Langhe, poi America, Australia, Germania e Svizzera romanda. Di qui di nuovo in Ticino. Ha fatto il giro del mondo e dei vini Luca Carrucciu, per poi ritrovarsi oggi al punto di partenza. Il giovane di Caslano è stato il primo ticinese del primo ticinese a conseguire il Master of Life Science HES-SO, mayor Viticulture and Enology, alla scuola di viticoltura di Changins. Un traguardo raggiunto dopo un viaggio che lo ha portato a conoscere e assaporare i migliori vini al mondo, tra studio e lavoro. La sua valigia di «viaggiatore della viticoltura » è piena di ricordi di Nebbioli, Pinot e Riesling - «ne ho bevuto tanto» - wind-surf e spiagge californiane: ma come tutti i viaggiatori, sotto sotto, non vedeva l’ora di tornare.

Dal ristorante di Caslano alle Langhe

«Il mondo dei vini è ricchissimo, non si smette mai di imparare - esordisce - ma penso che non possa esserci niente di più bello, dopo aver conosciuto esperienze e culture diverse, di riportarle a casa propria». Per Carrucciu casa è il Malcantone, dove il Merlot venne impiantato agli inizi del ‘900, per la prima volta in Ticino. È nato e cresciuto alla trattoria San Michele di Caslano, gestita da suo padre Agostino (assieme al grotto Reina di Agno) per una vita. «La passione per il buon cibo e il buon vino mi è stata trasmessa dai miei genitori fin da piccolissimo, si può dire dalla culla». Oggi, a 27 anni, Carrucciu è un promettente enologo e non ha alcuna intenzione di aprire un ristorante, assicura.

«Ho grande ammirazione per chi fa questo mestiere - dice - ho visto da vicino i sacrifici che comporta, a livello personale». Dal padre, emigrato a 20 anni dalla Sardegna, e alla madre che ha condiviso con lui vita e lavoro - «Natali e Pasque comprese» - il giovane Luca ha ereditato «la cultura della tavola e della convivialità» e forse un po’ della concretezza che lo ha spinto, finito il Liceo, a cercare «un modo pratico di applicare la passione per le materie scientifiche». Le incantate colline di Alba in Piemonte - un bachelor presso un distaccamento dell’Università di Torino - sono state la prima tappa del viaggio, cominciato all'insegna di Nebbiolo, Barolo e Barbaresco.

California here we come

«È stata un’ottima scuola - racconta Carrucciu - mi sono confrontato con la tradizione e la passione che contraddistinguono la produzione italiana, ai massimi livelli al mondo». Ma non si è fermato lì. La tappa successiva è stata la Napa Valley, in California, dove mancano i vitigni autoctoni ma la viticoltura è caratterizzata dell’avanguardia tecnologica. Sei mesi presso una grande azienda - «là sono tutte grandi aziende, strutture mastodontiche e lavoro parcellizzato » - per poi fare di nuovo fagotto.

Dopo l’Atlantico l’aspirante enologo attraversa il Pacifico, con lo spirito dell’esploratore in cerca di animali rari. Destinazione: Perth, Australia. Nel distretto di Saint Margareth vengono coltivati i migliori vini dell’Oceania, «assolutamente all’altezza di quelli europei» e Carrucciu si gode le onde e il lavoro in cantina (con il programma Work& Travel) che non manca.

Col vento in poppa

La pandemia di Covid sorprende Luca Carruggiu mentre fa windsurf sulle coste «più belle che si possano immaginare». Il malcantonese decide di rimanerci due anni, lontano dai lockdown europei. «Devo dire con un po’ di vergogna che è stato per me un periodo bellissimo. Finito il lavoro in vigna la sera andavo a surfare sull’oceano.

I confini erano chiusi e trovare lavoro era facilissimo». Finché non è giunto il momento di tornare in patria: a Nyon, per iniziare la scuola di Changins che «era stato il mio obiettivo fin dall’inizio».

A chi pensa che l'agricoltura sia un lavoro sedentario, Carrucciu fa vedere il passaporto. Dopo il rientro in Svizzera ha trascorso sei mesi in Germania, presso l'università di Geisenheim, nel cuore dei vigneti del Reno. Qui ha modo di studiare i vini Riesling - «i migliori al mondo vengono da lì» - e assaporarli a dovere. «Se ti piace l’acidità tra le genegive, è il tuo vino. Ma ce ne sono anche di molto dolci». Dopo tanto girovagare e degustare - per lavoro e diletto - il giudizio si fa complesso e i paragoni (inevitabili) diventano più elaborati e dosati: da una parte le cantine italiane restano «inarrivabili», al pari delle francesi oggetto - nella vicina Borgogna - di piacevoli escursioni: in Australia e California «purtroppo non esistono vitigni autoctoni e questo penalizza» ma... Carrucciu sa apprezzare e distinguere Chardonnay e Merlot di qualità anche oltre Oceano, dove «esistono nicchie che non hanno nulla da invidiare alle migliori produzioni europee» e anche i prezzi riflettono, a volte, i progressi tecnico-enologici («nella Napa Valley è difficile trovare una bottiglia che costi meno di duecento dollari»).

Il vino migliore del mondo?

Il giudizio più lusinghiero, però, il viaggiatore lo riserva per i vini svizzeri. I Pinot neri del canton Vaud, tra le cui colline ha conseguito il master a gennaio, mentre lavorava in una cantina a Ginevra. «I vini svizzeri non sono molto conosciuti nel mondo, è vero e ne ho avuto dimostrazione. E questo è un gran peccato» lamenta Carrucciu. Il motivo, sottolinea, non ha tanto a che fare con la qualità ma piuttosto con la quantità. «Le caratteristiche del territorio e del mercato interno hanno fatto sì che non si sviluppassero aziende grandi, e combattere con i prezzi francesi o italiani sul mercato internazionale attualmente è difficile» osserva il giovane enologo. «Ma il momento è positivo». L’anno scorso un vino della vallesana Marie Chappaz ha ottenuto cento punti su cento nella guida Parker: la prima volta per un prodotto svizzero, e un enorme riconoscimento per il settore. «La produzione artigianale, di piccoli quantitativi ed enorme qualità, a cui ci costringono le tortuosità del territorio, è sempre più apprezzata dagli estimatori».

E il Ticino? Anche qui le difficoltà non mancano. «Io adoro i vini ticinesi: tanto di cappello ai produttori che devono fare i conti con una pressione fungina forte, grandinate e un clima non sempre favorevole, come abbiamo visto nella vendemmia dell’anno scorso» ricorda Carrucciu, che pur da lontano ha tenuto il palato aggiornato e non si è perso una bottiglia. Di una cosa è sicuro: la scena ticinese è vivace e capace di innovare, «ci sono tante sperimentazioni su vitigni resistenti» sottolinea l’enologo, il futuro potrebbe essere gravido di sorprese. Una prima sorpresa - chissà - potrebbe essere il ritorno di Carrucciu in Ticino in un’avventura professionale: il 27.enne ora si trova a Ginevra, ma ha deciso che è a sud delle Alpi che vuole mettere a frutto le esperienze accumulate in giro per il mondo. «Non vedo l’ora» sorride.