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Siamo tutti un po’ maiali, anche se nessuno è disposto ad ammetterlo

In questa puntata Dario Campione ci racconta il libro del filosofo austriaco Thomas Macho «Il maiale» pubblicato da Marsilio
© CdT/Chiara Zocchetti
Dario Campione
13.01.2024 06:00

Il filosofo austriaco Thomas Macho è stato per oltre 20 anni professore di Storia culturale all’Università Humboldt di Berlino, ha insegnato negli atenei di Tel Aviv e di Dresda e, dal 2016, dirige il Centro internazionale di ricerca per gli studi culturali dell’Università di Vienna.

Dalla prima metà degli anni ’80, da prima cioè che questa espressione venisse coniata, Macho si occupa di «Animal studies» e, in particolare, del rapporto uomo-animale. Una delle tesi che attraversano molti suoi lavori è che «per ricostruire come uomini diversi, appartenenti a epoche e culture differenti, hanno interpretato l’umano, bisogna guardare innanzitutto al modo in cui essi hanno trattato, descritto, rappresentato, cacciato, sacrificato gli animali».

La storia dell’umano e la storia degli animali vanno insomma raccontate assieme, sostiene Macho, poiché sono «la storia di una convivenza che, come ogni altra, è stata segnata da conflitti e riconciliazioni».

Tra questi animali-simbolo, uno in particolare è probabilmente più importante di altri: il maiale. Che, con la sua presenza – a volte discreta, a volte inquietante – attraversa tutta la storia della cultura umana, e non soltanto quella occidentale.

«I maiali - scrive Macho - popolano una regione immensa del nostro immaginario, fatta di miti, fiabe, leggende, poesie, romanzi, immagini, film, progetti artistici e spettacoli teatrali, giù giù fino ai manifesti pubblicitari, alle stoviglie, ai giocattoli e a ogni sorta di oggetti». Con ogni probabilità, non esiste alcun animale che abbia suscitato e portato a espressione sentimenti, sensazioni, orizzonti simbolici e concettuali così diversi – dalla sessualità alla gola, dalla sporcizia all’innocenza, dal pericolo alla comicità, dalla fortuna alla repulsione – come il maiale.

Perché ciò accade, si chiede il filosofo austriaco? La risposta è sorprendente, e potrebbe non piacere a qualcuno: «I maiali - dice Macho - sono troppo simili e insieme troppo diversi da noi […]. Sono un ottimo esempio di quello che Freud chiamava il perturbante, quel non so che di sinistro che si annida nelle pieghe dell’esistenza quotidiana e che tendiamo a rimuovere, celare, dissimulare».

I maiali siamo noi. E dal rapporto instaurato con questo animale-specchio è possibile comprendere molto del nostro modo di essere.

La storia narrata da Macho nel suo libro, intitolato semplicemente Il maiale e pubblicato da Marsilio, inizia 8 mila anni fa, con la domesticazione dei suini, tra i primi animali a essere allevati dalle popolazioni che abbandonavano il nomadismo privilegiando le pratiche agricoltura e la vita stanziale. I più antichi resti ossei ascrivibili a suini domestici sono stati ritrovati in Cina, negli insediamenti della cosiddetta cultura di Cishan, nello Hebei meridionale. Non è un caso, forse, che in Estremo Oriente il maiale sia sempre stato una «bestia di tutto rispetto». E che per gli astrologi cinesi, «nascere nell’anno del maiale» significhi «venire al mondo armati di tolleranza, fiducia, moralità e nobiltà d’animo».

Buon ascolto!

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