L'idea

«Bolle colorate per restituire spazi ai cittadini di Locarno»

Un gruppo di giovani, sotto il nome di ‘collettivo urbano’, presenta la prima opera in Largo Zorzi, a due passi da Piazza Grande: «Evolverà per tre anni e coinvolgeremo gli abitanti»
Georgina Cavalli, impiegata come architetto sia nella vita sia nel nuovo gruppo chiamato collettivo urbano; sullo sfondo, l'opera di urbanismo tattico allestita al Largo Zorzi di Locarno, a due passi da Piazza Grande
Jona Mantovan
21.10.2023 18:00

D'accordo, la recinzione è ancora lì. E qualcuno, all'interno, è al lavoro. Ma sono gli ultimi ritocchi: qualche bordo da rifare, il trattamento antiscivolo imposto dalle norme di sicurezza contro gli infortuni. In ogni caso, è impossibile non fermarsi ad ammirare le gigantesche bolle, del tutto simili a quelle usate nelle varie app di messaggistica, dipinte sulla superficie (ora pedonale) in Largo Zorzi, in pieno centro città e a due passi dalla Piazza Grande di Locarno. Rosse, gialle, blu. Non verdi, però. Sarà perché nei dintorni c'è già abbastanza vegetazione. Sono diversi (giovani, famiglie, coppie) che rallentano incuriositi chiedendo informazioni sull'operazione. È tutto scritto su un grande cartellone (ce n'è più di uno, in effetti), ma vogliono saperne di più su «Spaziamo». È questo, infatti, il titolo del lavoro di urbanismo tattico messo a punto da un gruppo di amici riunito sotto il nome di collettivo urbano, formato da Georgina, Alex, Jordan e Nicolò; trentenni e cresciuti in città, ora ognuno ha trovato la sua strada, anche se tutti sono appassionati di urbanismo. Ed è proprio durante il periodo della pandemia che iniziano a lavorare su una serie di idee per restituire spazi agli abitanti, prendendo spunto da quel che succede in altre importanti realtà. Per esempio a Milano o a Zurigo, ma in tutte le metropoli del globo in realtà. E così, dopo tre anni e numerosi incontri virtuali e non, ecco che il loro primo lavoro inizia a prendere forma. «Evolverà e crescerà per tutti i prossimi tre anni, quando cioè inizieranno i lavori per il progetto definitivo che interesserà quest'area, “La nouvelle belle époque”», spiega Georgina Cavalli, 35.enne che ha studiato architettura all'Università della Svizzera italiana e che oggi è impiegata in uno studio di progettazione.

Più avanti, Alex Furgiuele sta passando un rullo di vernice giallo canarino sull'asfalto. Inevitabili schizzi e macchie, le scarpe sembrano le vittime principali di questa allegria colorata. «Sì, ora mi son lavato almeno le mani. Questa è comunque la parte più bella», esclama il 34.enne grafico e oggi libero professionista. «Abbiamo iniziato giovedì mattina ed è una bella sensazione. Vedere concretizzarsi, anche appunto cominciando a sporcarsi le mani, una cosa che nasce da noi, dal collettivo urbano». 

«Già ai tempi dell'università avevo sviluppato questa sensibilità per lo spazio pubblico, per lo spazio non costruito a disposizione dei cittadini. E da lì ho cercato di spingere anche i miei amici», dichiara Nicolò D'Andrea, urbanista. «Abbiamo fondato il nostro gruppo, collettivo urbano, che cerca di divulgare questa teoria dell'urbanismo tattico, che cerca di invitare le persone a conquistare spazi non ancora valorizzati tramite interventi di breve durata e con poche risorse. Il nostro intento è proprio quello: attivare spazi vuoti all'interno della città, proprio come qui».

Lungo il bordo del marciapiede Jordan Kouto, esperto in costruzioni e che oggi vive a Zurigo e lavora a Bienne, esamina lo schema dei disegni geometrici su un grande foglio, contando le forme e controllando che i colori corrispondano. «Un anno fa, l'estate scorsa, abbiamo interpellato il Comune di Locarno sugli spazi in disuso, proponendo questo per il nostro lavoro di urbanismo tattico», afferma il 33.enne.

Per un certo periodo non abbiamo più sentito nulla e temevamo che fosse tutto caduto nel vuoto. In un momento che pensavamo che fosse stato messo da parte, però... Abbiamo ricevuto una mail che ci confermava un finanziamento. Da lì... siamo partiti a razzo
Alex Furgiuele, 34 anni, grafico freelance e membro del collettivo urbano

Il paradosso di Largo Zorzi

Prosegue il racconto Alex, che ha appena terminato una delle tante forme, una sorta di cerchio con un angolo che sembra ereditato da un quadrato. Una bolla, una nuvola, che evidentemente ospita idealmente un messaggio molto corto. Forse solo un'emoji? La fantasia è lasciata al pubblico che visita l'opera. «Abbiamo visto che c'era interesse da parte del Municipio, quindi siamo andati avanti a raffinare la nostra idea. Per un certo periodo non abbiamo più sentito nulla e temevamo che fosse tutto caduto nel vuoto. In un momento che pensavamo che fosse stato messo da parte, però, abbiamo ricevuto una mail che ci confermava un finanziamento. Da lì siamo partiti a razzo», dice sorridente il giovane.

L'intento è anche quello di lavorare affinché il famigerato «paradosso di Largo Zorzi» sia debellato. Lo spiega meglio sempre Alex. «Si tratta di uno spazio di passaggio molto frequentato. Ma le persone continuano a passeggiare esclusivamente sul marciapiede. La strada, però, è completamente dedicata al passaggio pedonale e le auto non possono passare. Nemmeno gli autobus, che hanno cambiato il loro percorso già qualche anno fa. Noi vogliamo dire a tutti che questa strada è per voi, per voi pedoni, per voi che supportate la mobilità lenta e sostenibile».

«Ci hanno chiesto, ci hanno fermato, non capivano esattamente cosa stessimo facendo», dice Nicolò. Constatando che «probabilmente ci vorrà del tempo prima che le persone cominceranno a camminare sulla strada e non più solo sui marciapiedi. E si renderanno conto che avranno una grande superficie a disposizione».

Sono appunto delle bolle, dei fumetti... quelle figure in cui sono contenuti i messaggi digitali che utilizziamo in tutte le chat nei vari social media. Abbiamo deciso di renderle fisiche
Jordan Kouto, 33 anni, esperto in costruzioni e membro del collettivo urbano

Anche le scuole saranno coinvolte

«Sono appunto delle bolle, dei fumetti. Quelle figure in cui sono contenuti i messaggi digitali che utilizziamo in tutte le chat nei vari social media. Abbiamo deciso di renderle fisiche», introduce Jordan. «Con l'idea di ritrovarsi non più a scriversi e a messaggiare tramite telefono e quindi digitalmente, ma che ci si ritrovi finalmente nella realtà, in un luogo fisico», prosegue Alex. E i puntini rossi, che significano? Presto detto: «Indicano una via più veloce, una via di passaggio per monopattini, bici, che ovviamente dovranno rispettare chi si trova su questa superficie».

Ma la storia non si ferma alla sola copertura della superficie grigia con ampie aree colorate. «Dobbiamo capire anche se le persone riescono a interpretare quest'area non più come una strada», precisa Nicolò. «In una seconda fase ci sarà il completamento del disegno, con l'aggiunta di altre figure», interviene Jordan. «Coinvolgeremo anche gli studenti delle scuole di Locarno. Mentre da gennaio inizieremo ad installare altri elementi. Da una parte strutture in cui ci sarà la possibilità di esporre opere di alcuni artisti, dall'altra avremo un campo da bocce di una trentina di metri. E un campo da basket un po' creativo con tre canestri, verso il lato del porto».

«Vogliamo far muovere le persone, prima di tutto per far loro raggiungere questo posto. Poi per farle restare e anche divertire», sottolinea Alex.

Siamo rimasti sorpresi in positivo dell'apertura della città nei nostri confronti. E dell'entusiasmo che ci hanno mostrato le istituzioni di Locarno. Ci hanno supportato e ci stanno supportando tutt'ora
Nicolò D'Andrea, 30 anni, urbanista e membro del collettivo urbano

Un sogno nel cassetto

«Agiamo cercando di sensibilizzare i cittadini, cercando di farli collaborare. A quello che sarà il loro ambiente che metteremo loro a disposizione. È temporaneo, ed è un progetto in divenire. Anche le strutture che abbiamo pensato sono modulabili», aggiunge Nicolò.

«Siamo un gruppo da tre anni, ma ufficialmente per noi inizia oggi con questa prima opera a nome del collettivo. E ammetto che sarebbe il nostro sogno», confessa Jordan. «Per il momento siamo solo una banda, una combriccola di amici e facciamo questo durante il nostro tempo libero. Ma speriamo che poi ci possa essere un'altra possibilità». Georgina annuisce: «Auspichiamo che questo sia solo l'inizio di un percorso molto più lungo e che susciti l'interesse in tante altre persone. E speriamo di diventare professionisti nel portare queste idee in tutto il mondo… Vedremo, sarebbe fantastico», esclama con un sorriso.

Sull'onda dell'ottimismo conclude Nicolò: «Siamo rimasti sorpresi in positivo dell'apertura della città nei nostri confronti. E dell'entusiasmo che ci hanno mostrato le istituzioni di Locarno. Ci hanno supportato e ci stanno supportando tutt'ora. È una bella fortuna aver avuto questa possibilità! Soprattutto se penso che è il nostro primo progetto. Avere a disposizione uno spazio così grande e centrale all'interno della città. Già, non poteva andarci meglio».

NOTA DI REDAZIONE: Il nome completo corretto di Jordan è Jordan Kouto e non Jordan Couto come riportato nel filmato, sul giornale cartaceo e in una prima versione di quest'articolo. Il nome del gruppo, poi, va scritto in minuscolo: «collettivo urbano».

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