Diritti e sostenibilità

Ce lo chiede l'Europa

La trasparenza della supply chain sta diventando un tema sempre più caldo e globale. Ma fino a che punto dobbiamo controllare la «catena di fornitura»?
Gaia Clara Barcilòn
20.04.2024 06:00

La trasparenza della supply chain sta diventando un tema sempre più caldo e globale. La domanda di fondo è «ma fino a che punto devo controllare la mia catena di fornitura?». La risposta immediata ma di difficile messa in pratica è «tutta».

Controllare «tutta la catena» significa controllare tutti i propri fornitori, aziende, persone, materie prime, risorse coinvolte nella realizzazione di un prodotto o nella fornitura di un servizio per il cliente. In concreto, per le aziende non significa fermarsi al primo fornitore: questa è una politica di comodo che non protegge le aziende da eventuali danni economici, di immagine o giuridici. Significa chiedere al primo fornitore della catena da dove proviene e come viene prodotta la merce, il servizio, creando così un effetto domino verticale su tutte le aziende, grandi, medie, piccole ma anche microscopiche che siano coinvolte nel processo di fornitura. Questo è il concetto predominante dietro la direttiva europea rivisitata: Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D). Rientreranno in questa legislazione, approvata lo scorso marzo, alcune grandi imprese comunitarie (sopra i mille dipendenti e con 450 milioni di euro fatturato netto) e non comunitarie (aziende solo con un fatturato netto di 450 milioni di euro), dovranno prevedere dei piani di mitigazione e prevenzione in materia di abusi dei diritti umani e ambientali, all’interno dell’azienda stessa e lungo tutta la fatidica catena di fornitura. Nella direttiva si stabiliscono anche ingenti sanzioni (fino al 5% del fatturato) e responsabilità civili per le aziende non conformi.

Probabilmente, molte persone penseranno che questa direttiva non li tocchi direttamente. In realtà, la direttiva in questione riguarderà molte più aziende di quelle che possiamo immaginare, anche le realtà svizzere e ticinesi. Le grandi aziende legalmente obbligate a seguire il format UE dovranno analizzare e adottare delle procedure per controllare la catena di fornitura upstream - a monte della produzione di beni o della fornitura di servizi da parte dell'azienda, comprendendo tutte le attività quali la progettazione, l'estrazione, l'approvvigionamento, la fabbricazione, il trasporto, lo stoccaggio e la fornitura di materie prime, prodotti o componenti e lo sviluppo del prodotto o del servizio - e inoltre dovranno controllare anche la catena del valore downstream - a valle, come la distribuzione, il trasporto e lo stoccaggio di un semilavorato o prodotto finito, coinvolgendo anche i partner commerciali che svolgono queste attività per l'azienda o per conto dell'azienda. Tecnologie innovative, come la blockchain, potranno aiutare nel facilitare la tracciabilità e renderla fruibile agli stakeholder. Ed ecco che si riesce ad affrontare le sfide delle nuove richieste, traendo un vantaggio unico dalla fusione dei migliori concetti tecnologici con le esigenze del mondo della sostenibilità. Non si tratta, però, soltanto di tracciabilità o di semplice controllo dei fornitori, così come l’autocertificazione non basterà ad attestare di essere UE compliant. Si deve dimostrare che ai primi controlli seguirà il monitoraggio costante e qualificato dei fornitori.

E per una PMI tutto questo cosa vuol dire? Vuol dire che avrà, in futuro, domande sempre più pressanti sulla trasparenza della catena di fornitura, sul rispetto dell’ambiente e dei diritti umani. Non basterà l’installazione di un panello fotovoltaico o il fatto che in Svizzera e il rispetto dei diritti umani dovrebbe essere un dato di fatto. Come abbiamo visto recentemente da notizie di stampa riferite a un notissimo marchio italiano della moda, la sostenibilità non è una cosa scontata. Significa che anche le nostre realtà dovranno iniziare ad affrontare la sfida di come essere più sostenibili, ambientalmente e socialmente in maniera strategica, in modo che gli sforzi siano vero valore aggiunto per l’immagine e per il mercato dell’azienda stessa.