L'editoriale

Restare in mutande con il cerino in mano

Piano direttore cantonale: né caccia alle streghe né ondate di dezonamenti – Ma chi si è confezionato un vestito palesemente troppo grande, dovrà ridurlo
Francesco Pellegrinelli
19.04.2024 06:00

Edifica secondo i bisogni e riduci gli eccessi. Il principio - sancito nella Costituzione federale attraverso una modifica di legge votata dal popolo nel 2013 - risponde pienamente a quella crescente attenzione per il territorio che il nostro Paese, negli anni, ha dimostrato di voler perseguire. Che cosa sarebbe, del resto, la Svizzera senza una collina verde dove fotografare una vacca?

ll paesaggio idilliaco e, di conseguenza, anche l’uso parsimonioso del suolo fanno parte dell’immaginario di tutti. Non a caso, forse, con lungimirante e patriottica scelta, il popolo svizzero ha deciso di preservare l’uso del suolo da un’eccessiva speculazione edilizia, introducendo nella Costituzione un principio di salvaguardia che impone di costruire secondo i bisogni, calcolati partendo da alcuni parametri come la prognosi di crescita della popolazione.

Ebbene, con qualche anno di ritardo, anche il Ticino, in questi mesi, si trova a dover affrontare l’applicazione di questo principio, che nella sua manifestazione più radicale - lo diciamo subito - impone, in alcuni casi, un vero e proprio blocco delle edificazioni su determinati fondi e comparti. E qui vien da pensare alla provocazione del compianto Tita Carloni il quale, alla domanda di un giornalista sullo stato di salute dello sviluppo territoriale in Ticino, rispose che era necessario uno stop edilizio di almeno un decennio. Lui che era architetto. «Pieno», «saturo», «esaurito», «indistinto». Usava questi aggettivi per descrivere la «massa edilizia» dell’agglomerato luganese. Una massa che - ribadiva - aveva fagocitato i Comuni della cintura.

Provocazione a parte, a dare il la a tutte le operazioni di calcolo e salvaguardia del territorio è stata l’approvazione del Consiglio federale, nel dicembre 2022, del Piano direttore cantonale: uno strumento (elaborato da Governo e Parlamento in base alle direttive federali) che rappresenta la magna charta dello sviluppo territoriale del nostro cantone.

Entro il 19 ottobre 2024 i Comuni ticinesi sono quindi chiamati a mettere mano al piano regolatore, calcolando il dimensionamento delle proprie zone edificabili. Si tratta, in soldoni, di capire se c’è un sovradimensionamento rispetto alle prospettive di crescita demografica. E, in quel caso, di porvi rimedio. Una bella gatta da pelare per quelle amministrazioni che hanno allargato più del dovuto le maglie della pianificazione e ora, mestamente, sono chiamate a un riordino. Che, in definitiva, significa andare dal proprietario del fondo X e ordinargli di abbandonare ogni velleità edificatoria per almeno qualche anno. Si capirà l’apprensione di alcuni Comuni nei quali si mormora che gli esuberi di zone edificabili sono tali da imporre dezonamenti su tutti - tutti! - i terreni liberi. Staremo a vedere. 

E qui arriviamo al punto dolente della questione che, certamente, è anche economico. Tra le probabili richieste di indennizzo e i possibili ricorsi, la tensione è altissima. La collina verde, del resto, ha un prezzo. Prezzo che il popolo ha deciso di assumersi e che ora i Comuni devono affrontare. Dal canto suo, il Cantone si è impegnato a sostenere la metà del costo di eventuali risarcimenti «riconosciuti da un Tribunale competente». Così ha chiarito il consigliere di Stato Claudio Zali, il quale per la prima volta in maniera estesa risponde a una serie di domande, anche pratiche, sullo stato dei lavori. Le sue sono parole di rassicurazione. Non ci saranno né caccia alle streghe, né ondate di dezonamenti. Con una premessa chiara, però: chi si è confezionato un vestito palesemente troppo grande, dovrà ridurlo. L’auspicio è che il sarto (comunale) sappia scegliere dove tagliare, senza lasciare gli ultimi in mutande e con il cerino in mano.