Isole comprese

Istanbul, la città da mille e una notte

L’ odore di sigarette misto a quello della birra e dell’hashish è nauseante
Prisca Dindo
29.01.2023 07:00

Un lontano parente ci consiglia l’albergo. «Se volete conoscere la vera Istanbul dovete dormire lì, nel cuore della città» sentenzia prima della nostra partenza. In effetti, quando il taxi ci scarica di fronte alla hall scopriamo di alloggiare in una posizione davvero strategica della metropoli turca. Siamo a due passi dalla Moschea Blu dalla basilica di Santa Sofia e dal grande bazaar. «Meglio di così…» ci diciamo tra sorelle. Purtroppo però, quel che il nostro lontano parente si era dimenticato di dirci è che sotto l’albergo c’è la taverna di Ali Baba e i quaranta ladroni. Un luogo talmente  affollato che persino uno spillo farebbe fatica ad entrare. Noi ne faremmo volentieri a meno, ma lo stomaco vuoto ci spinge in quel marasma umano. Attorno a noi c’è chi suona, chi beve, chi urla, chi viene alle mani, chi vende monili. Una babele mai vista.

Tra un cameriere e l’altro spuntano strani personaggi con il cappello da Indiana Jones. Quando mi mettono sotto il naso il loro braccio avvinghiato da serpenti mi vengono i brividi alla schiena. L’odore di sigarette misto a quello della birra e dell’hashish è nauseante. Ben presto ci accorgiamo di trovarci al «Pudding shop», il ristorante divenuto punto di riferimento per tutti gli hippy diretti in India e in Nepal. Un vero crocevia della droga.

Non un bel posto dove stare, soprattutto a diciassette anni. Tanto più che siamo nella Turchia degli anni ’80, fresca di golpe militare. Gli arresti brutali e spesso immotivati sono all’ordine del giorno. Noi stesse ne assistiamo ad uno dalla finestra della nostra stanza: alcuni giovani turisti italiani sono dapprima presi a calci e a manganellate e poi sbattuti da energumeni in grigioverde su un furgoncino blindato. Chissà che fine avranno fatto.

Il giorno dopo cerco di dimenticare l’episodio e mi focalizzo soltanto sulla bellezza di questa città affacciata sul Bosforo. Istanbul è davvero una meraviglia. Alle spalle ha più di duemila  anni di storia gloriosa. È stata l’antica Bisanzio dei greci, la Costantinopoli dei romani, la capitale dei sultani ottomani. Un museo a cielo aperto, punto di riferimento tra Oriente e Occidente.

Nel palazzo Topkapi, oggi uno dei musei più famosi al mondo, ripercorro i quattro secoli della storia ottomana della città. Tra reliquie di profeti, gemme grosse come mele, scritte arabe e preziosi pugnali, immagino la vita di allora, quando Sultani e odalische popolavano il Palazzo. Malgrado la stanchezza, continuo il mio girovagare.

Mentre mi aggiro tra il brulichio di gente del quartiere di Sultanahmet, mi imbatto in un edificio particolare. La parvenza architettonica è quella di una moschea, ma si tratta di un  hammam. Più precisamente è il «Cagaloglu Hamami», tra i più antichi bagni turchi di Istambul, costruito nel 1741 dal sultano Mehmet I.

Con due soldi mi faccio consegnare il telo in lino e gli zoccoli di legno per non scivolare. Per nessun motivo al mondo voglio perdermi l’esperienza. All’interno tutto è in marmo, illuminato da fasci di luce che filtrano da piccoli oblò che bucano una cupola altissima. Il vapore bollente è così intenso che toglie il respiro. Una donna grande e grossa mi fa sedere, poi raschia la mia schiena con un grosso guanto di crine. Il tintinnio delle gocce d'acqua che colano dal soffitto annebbiato risuona in tutto l'ambiente. C’è aria da Mille e una notte. Chiudo gli occhi e comincio a sognare.

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