Pensieri dal battellino

Questione di schede

Comizi, appelli, tirate di marsina, gente che offre da bere e gente che beve: anche queste elezioni comunali sono state archiviate
Bruno Costantini
20.04.2024 06:00

E così son passate anche le elezioni comunali. «Comizi, discorsi, manifesti, appelli, contro appelli, sollecitazioni, tirate di marsina, raccomandazioni, corruzioni, esortazioni ecc. Gente che discute, gente che critica, gente che perde la testa, gente che augura, gente che minaccia, gente che paga da bere e gente che beve; tutta questa roba forma l’apparato della giornata elettorale». Non sono parole odierne, ma del 1927 scritte sul CdT dall’urticante Gavroche, pseudonimo del direttore Vittore Frigerio. Un secolo dopo il clima è più o meno lo stesso, con tanto di menomati mentali, come quelli che hanno manipolato le schede di Arbedo-Castione, convinti di poter modificare la piccola storia locale con il Tipp-Ex.

Ho letto ad Asia il pezzo di Gavroche domenica scorsa sul battellino, senza dover offrire crociere e Barbera fatto col mulo per consolare i caduti delle elezioni visto che a Palazzo civico è andata bene a tutti e che l’unico che avremmo potuto portare a svagarsi sul Ceresio, Tiziano Galeazzi, suo malgrado predestinato al martirio nel fratricidio democentrista, ha preferito recarsi dalla mamma ad attendere la conferma della trombatura. Un mito! La mia amica microinfluencer del lago e content creator si è rammaricata perché nel Municipio sbroja è rimasta solo una donna, la liberale Karin Valenzano Rossi, la quale avrebbe potuto prendersi la responsabilità onerosa ma anche di prestigio delle finanze cittadine. Invece non ci sente, contrariamente ai pubblici auspici del suo presidente sezionale rimasto con il cerino in mano. Ricorda il gran rifiuto del «monello» popolare-democratico Alex Pedrazzini quando nel 1995 in Consiglio di Stato non volle prendersi il Dipartimento del territorio provocando inenarrabili mal di pancia al suo partito.

Gavroche, interprete misogino del suo tempo, comunque non piangerebbe di fronte al fatto che negli Esecutivi dei centri urbani la rappresentanza femminile è diminuita. Nel citato pezzo del 1927 si scagliava contro il diritto di voto e di eleggibilità delle donne che in Ticino sarebbe arrivato solo nel 1969 e sul piano federale nel 1971. Qui Asia ha sclerato, minacciando di togliermi il saluto se avessi continuato a leggere quell’articolo, ma la «cancel culture» è una stupidaggine ed è giusto sapere chi eravamo e cosa pensavamo, anche se oggi ci fa orrore. Scriveva Gavroche: «Immaginate una candidatessa alle prese con degli elettori un po’… esigenti e che, come tutti i sovrani, amano di essere un po’ corteggiati. Se la candidatessa è brutta, non c’è nessun inconveniente; una candidatessa brutta, non essendo esposta a nessun pericolo, può abbandonarsi verso l’elettore a tutte le arti della seduzione; ma se la candidatessa è bella, si salvi chi può! Può capitare alla fine di un comizio l’elettore il quale non si accontenta di complimentarla, di felicitarla, di stringerle la mano, ma chiede di più. “Io voglio sposare la candidata del mio partito (…). Io dispongo di dieci schede secche; o la mano o passo armi e bagagli nel campo nemico”».

Su questo per fortuna i tempi sono mutati e non si cambia campo per un matrimonio rifiutato dalla candidatessa bella. Le ragioni sono altre. Un’autorevole firma del CdT, Giovanni Galli, spiegando i motivi della fluidità partitica di politici ed elettorato, ha scritto ironicamente che andrà a finire che moriremo tutti UDC. Io e Asia non ci stiamo: se proprio ci tocca farlo, non moriremo né democentristi né altro, ma liberi.

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