Sicurezza

Le notti «cattive» di Lugano

Una 19.enne svenuta per i cazzotti – Una 59.enne rapinata sotto casa – La città più sicura della Svizzera, il sabato sera è un po' meno sicura
©Gabriele Putzu
Davide Illarietti
21.04.2024 06:00

Un sabato normale nella città più sicura della Svizzera. Le tracce della violenza partono dalle discoteche del centro, passano dalla Pensilina Botta e risalgono fino alla Stazione. È parte del percorso che ha fatto un 19.enne italiano dopo una serata «brava» in centro a Lugano lo scorso 6 aprile. Arrivato in via Cattedrale all’alba, adocchia una signora che entra in un palazzo: le si avventa contro, la strattona, scappa con la borsetta. La 59.enne finisce in ospedale con ferite lievi.

La notte stessa in via al Forte, non lontano da un locale notturno, una 19. enne della regione viene stesa a pugni da un coetaneo, sviene. A soccorrerla arrivano un’ambulanza e la Polizia, che ferma per vie di fatto un 20.enne afgano residente nel Luganese.

Due episodi slegati e così «normali» - purtroppo - da non meritare un comunicato di polizia o articoli di giornale. Ma che riflettono una situazione che i commercianti e gli abitanti del centro definiscono «tutt’altro che sicura».

L’epicentro di tutto, il luogo di passaggio in cui s’incrociano le storie di disagio, le vittime e gli aggressori, è la Pensilina Botta. Qui a metà marzo un 17.enne è stato picchiato da una «banda» di teenager più piccoli che due settimane dopo, un altro sabato sera, lo hanno accerchiato davanti alla Stazione di Lugano mostrando un coltello, prima di riempirlo di botte. Sempre alla Stazione - altro punto «caldo» - la polizia ha rintracciato il 19.enne italiano dopo il «colpo» in via Cattedrale e recuperato il maltolto (è stato denunciato per rapina).

Ma non sono solo i luoghi a tornare, sempre gli stessi, nella fenomenologia del disagio giovanile. C’è di più: una sub-cultura, un modo di fare e persino di vestire - «aveva la tuta e il cappellino, un marsupio a tracolla» - che ritornano nei racconti dei testimoni in via Cattedrale, o nel video delle telecamere di sorveglianza in via Al Forte che mostra - è stato consegnato agli inquirenti - una folla di giovani stringersi attorno alla rissa. Ormai anche i poliziotti un po’ frustrati - «ti insultano in faccia dicendo che tanto sono minorenni, cosa possiamo fargli?» - li riconoscono per la musica e gli idoli deviati: i «trapper» che inneggiano al «cash», al «ghetto» e alla violenza.

«Ma guardati intorno, siamo a Lugano, non c’è una cicca per terra» provoca un giovane con tuta-cappellino-sopracciglia tagliate che passa i pomeriggi alla Pensilina: secondo lui la città è davvero sicura - «fin troppo» - e un po’ più di «ghetto» gli piacerebbe. Mentre si apparta in attività losche - traffica con gli avventori davanti a un wc pubblico, che sembra il suo ufficio - si avvicinano due giovani con lo stesso look simil-banlieu parigina.

Uno racconta di aver assistito a più di una rissa alla «Pensi» - la Pensilina - per scherzi tra «gruppi»: anche lui è stato denunciato e multato per vie di fatto l’anno scorso («erano tre contro uno, ma gliele ho date»). Francesco, elettricista 19.enne che si è appena comprato un’auto e dalla «Pensi» - la Pensilina - ci passa ormai raramente, la mette sul piano esistenziale. «Noi giovani abbiamo bisogno di una ragione di vita. Io l’ho trovata: la mia auto. Ma gli altri?».

Gli altri si arrangiano come possono. La maggior parte stanno alla larga o, mal che vada, assistono alla violenza e la filmano con il telefonino come in via Al Forte: qualcuno, per fortuna, lo usa ancora per telefonare alla polizia (è successo con l’aggressione del 30 marzo) e altri ancora si rivolgono al Servizio di prossimità della Città che monitora i giovani problematici (quanti non si sa: l’ufficio non ha collaborato a questo articolo).

Ad assistere a tutto ciò ci sono adulti preoccupati e spesso perplessi. Come i commercianti di via Cattedrale, che la domenica mattina trovano «sempre un disastro» e da tempo devono ritirare o legare gli arredi esterni («una volta mi hanno portato i tavolini fino in piazza Cioccaro», lamenta un barista). O come i parrocchiani di San Rocco che, l’anno scorso, si sono ritrovati la Chiesa profanata e le candele e le statue rovesciate in terra. Anche qui le telecamere mostravano una «banda» di giovanissimi aggirarsi nella piazza in una delle tante notti brave, con cappellini e tute trap d’ordinanza. Non c’è più religione, si diceva una volta: per fortuna c’è ancora la sicurezza.

In questo articolo: