Cultura

L'Indonesia sbarca a Locarno: «Ovunque tu sia, il linguaggio dell'arte è lo stesso»

Al Rivellino le opere di Made Wianta, uno dei più importanti artisti nella storia del suo Paese, e Stephan Spicher, noto per i suoi lavori con la cenere della Vallemaggia
Mattia Sacchi
06.03.2024 13:00

Forse è stato un segno del destino che, proprio all’ultima edizione del Locarno Film Festival, i film indonesiani abbiano fatto incetta di premi. Hao Jiu Bu Jian ha infatti vinto il Pardo d’Oro Cineasti del Presente come miglior film e lo Swatch First Feature Award, mentre Sweet Dreams il premio per la miglior interpretazione. Evidentemente tra Locarno e l’Indonesia c’è un legame intrinseco, due territori così diversi tra loro ma che riescono a comprendersi grazie al comune denominatore dell’arte.

Ed è per celebrare questo dialogo tra Oriente e Occidente che, il prossimo 21 marzo, Il Rivellino ha organizzato, in collaborazione con l’ambasciata indonesiana a Berna, l’esibizione Crossing Lines. Una mostra che rappresenta l'incontro di idee, filosofiche e artistiche, di Made Wianta, considerato uno dei più importanti artisti indonesiani, e di Stephan Spicher, tra i più apprezzati artisti contemporanei svizzeri.

Basilese di nascita, ma cresciuto a Maggia dove tutt’ora vive per buona parte dell’anno, Spicher è noto per le sue opere d’arte nelle quali usa i materiali naturali della valle. «Questo progetto artistico risale però a prima dei miei lavori con la cenere valmaggese – spiega l’artista basilese al Corriere del Ticino -. È la sublimazione di 25 anni di conoscenza con Wianta, nei quali siamo stati lunghi mesi assieme sia nelle alture di Bali che nell’atelier che avevo a Rancate. In questa mostra vedrete come, per quanto i punti di osservazione possano essere diverse, le domande esistenziali e artistiche che vedrete siano le stesse, come se avessero un linguaggio comune».

Un linguaggio che prende la forma di linee: «In qualsiasi parte del mondo tu sia, ogni disegno parte da una linea. Un concetto tanto essenziale quanto eterno, dove la tela diventa quindi come una finestra dalla quale osservare queste linee destinate a proseguire il loro percorso attraverso lo spazio e l’invisibile. E proprio l’adṛṣṭa, l’insieme delle forze invisibili che determinano il percorso esistenziale di una persona, sono centrali nella cultura induista. Oggi che Wianta non c’è più (è scomparso nel novembre 2020 a 71 anni, ndr) è ancora più importante mettere in evidenza questa indissolubile connessione tra il visibile e invisibile, tra il terreno e l’etereo».

All’inaugurazione dell’esibizione, che rimarrà negli spazi della fortificazione leonardesca dell’associazione culturale locarnese fino al 25 marzo per poi andare a Singapore e successivamente a Jakarta, parteciperà pure l’Ambasciatore Straordinario Ngurah Swajaya, che omaggerà il fondamentale contributo artistico che il suo connazionale ha dato al Paese asiatico.

«Made Wianta è stato il primo artista balinese ad andare oltre al simbolismo tipico della propria cultura per lavorare sull’astratto – racconta Spicher -. Una rottura con la bellezza e l’armonia, distrutte dalle sue opere, che ha causato un vero e proprio shock culturale e che gli sono costate non poche critiche e polemiche. Ci voleva un carattere forte per proseguire con coerenza nel percorso artistico che aveva intrapreso. E lui, da persona che per tutta la vita aveva lottato contro i dogmi e un destino in cui sarebbe dovuto diventare sacerdote, lo aveva. Infatti non era facile lavorarci assieme: non accettava compromessi e non nascondeva la sua insofferenza verso le cose che non gradiva. Ma aveva una grandissima intelligenza e, se riuscivi a entrare in empatia con lui, allora apriva il suo cuore, rivelando tutta la sua umanità e sensibilità: i momenti con lui mentre prendeva in braccio mio figlio, che oggi è artista grazie anche a lui tanto che a breve farà un biglietto di sola andata per l’Indonesia, o quelli dove cucinavamo insieme mischiando i rispettivi prodotti locali, li porterò per sempre nel mio cuore».

Come detto in precedenza, dopo la tappa ticinese la mostra viaggerà per il mondo. Spicher rimarrà però in Vallemaggia: «Si chiuderà un capitolo con il quale saluto un caro amico e un grande artista. Sento però il bisogno di creare e di farlo a Maggia. Dopo i lavori sui fiori e la cenere, mi farò ancora ispirare dalla natura che pervade il mio posto del cuore».