Calcio

La nuova era del Servette: «L'identità crea passione»

Insieme al giornalista de Le Temps, Laurent Favre, andiamo alla scoperta del club ginevrino, avversario del Lugano in finale di Coppa Svizzera
La gioia dei ginevrini Yoan Severin e Timothé Cognat dopo il successo in semifinale di Coppa Svizzera. ©Keystone/Christian Merz
Flavio Viglezio
01.05.2024 15:15

Si prepara alla sfida con il San Gallo, il Lugano. Alla prima partita del girone per il titolo in cui i bianconeri cercheranno di mettere sotto pressione lo Young Boys. Ma l’eco per il successo a Sion, sinonimo di terza finale consecutiva di Coppa Svizzera, non si è ancora spenta. Anzi, l’entusiasmo inizia a crescere in vista della sfida in programma il 2 giugno a Berna contro il Servette. Già, il Servette. I più giovani forse non sanno che il club ginevrino è uno dei più titolati in Svizzera, con i suoi 17 titoli nazionali e le 7 Coppe svizzere. Trionfi ormai ricoperti di polvere: l’ultimo campionato vinto dai ginevrini risale al 1999, l’ultima Coppa è datata 2001. Tempi in cui la squadra giocava nel vecchio stadio delle Charmilles, situato in centro città, proprio nel quartiere che dà il nome alla squadra.

La luce dopo il tunnel

È da poco uscito da una lunghissima attraversata del deserto, il Servette. Una quindicina d’anni bui caratterizzati da fallimenti finanziari, ripartenze dalla Prima Lega, promozioni seguite da altre retrocessioni. Tanto che solo nel 2019 – dopo sei stagioni consecutive in Challenge League, il club granata è tornato stabilmente in Super League. E progressivamente – se non proprio ai fasti di un tempo – ha ricominciato a ritagliarsi un posto importante nel panorama calcistico elvetico. Laurent Favre – responsabile della redazione sportive de Le Temps e profondo conoscitore della realtà granata – ci aiuta ad analizzare la rinascita del Servette. «A dare nuovi impulsi al FC Servette e a tutto lo sport ginevrino è stata la creazione della “Fondation 1890”, associazione mantello che comprende anche – oltre al FC Servette – l’HC Servette, il Servette-Chênois femminile e il Servette Rugby Club. L’uomo forte della Fondazione è Didier Fischer, a cui la Rolex ha assegnato il compito di risollevare le sorti del calcio e dello sport ginevrino in generale. I quattro club citati hanno un loro presidente, ma Fischer rimane sopra di loro. Questo ha portato anche a diverse dimissioni e una parte della stampa ginevrina è stata parecchio critica nei confronti della politica di Fischer. Ma i risultati – non solo quelli sportivi – parlano a favore della “Fondation 1890”».

Soldi, pazienza e giovani

La filosofia del gruppo è piuttosto chiara. I soldi ci sono, e anche tanti, ma vanno spesi bene. Senza fare follie, pagate a caro prezzo in passato, insomma: «Sì – prosegue Favre – le disponibilità finanziarie ci sono, ma si è speso bene e, soprattutto, con pazienza. Si è atteso per esempio che Hugh Quennec nel 2015 fosse sul bordo del fallimento per rilanciare il club su basi solide e poco importa se il Servette sia dovuto ripartire dalla Prima Lega. In realtà per Fischer il rugby vale tanto quanto il calcio: l’idea è quella di creare una dinamica positiva che coinvolga tutto lo sport ginevrino». E una particolare attenzione è posta sul settore giovanile del club: «Il potenziale dei settori giovanili ginevrini – a livello qualitativo e quantitativo – è tra i più importanti della Svizzera. In passato il Servette si è lasciato scappare tanti giocatori di talento cresciuti nel suo vivaio. Oggi l’idea è quella di tenerli il più a lungo possibile e, soprattutto, di farli giocare. Attualmente c’è un nucleo storico di giocatori cresciuti proprio a Ginevra che fa parte della squadra da sei o sette anni».

Quella sfida con il Genk

Non ha ancora vinto nulla, il Servette, eppure lo Stade de Genève è tornato ad essere ben frequentato. Calcio e hockey sono tornati a camminare a braccetto: «Ginevra – spiega Favre – è una Città molto legata agli eventi. Pallone e disco, in questo senso, non si fanno concorrenza. Il pubblico del calcio sta apprezzando la progressione della sua squadra del cuore: un 3. posto in campionato, un entusiasmante cammino nelle Coppe europee e adesso anche la finale della Coppa Svizzera. Difficile spiegare il perché, ma tutto ha avuto inizio nella sfida giocata contro il Genk e valida per il secondo turno di qualificazione alla Champions League: in pieno luglio 2023 all0 stadio c’erano addirittura 18’000 spettatori. L’orgoglio di partecipare di nuovo alla Champions e lo spirito con il quale la squadra ha affrontato questo impegno hanno portato il Servette in una nuova era. Un’era di passione ed entusiasmo che sembrava impossibile da ritrovare.

Strategie e social network

I risultati aiutano, certo. Anzi, si sa bene quanto siano fondamentali per accendere la passione dei tifosi. Ma a Ginevra, in maniera molto intelligente, si è cercato – con successo – di riavvicinare i giovani al calcio e al FC Servette in particolare. «Il club ha messo in piedi una strategia di marketing innovativa e punta molto sui social network per avvicinare un pubblico che in precedenza non aveva nessun legame con il Servette. Tra Tik Tok e Instagram, oggi il Servette ha più di 350’000 followers: solo Basilea e Young Boys, in Svizzera, hanno un seguito maggiore. E sui social il club condivide video o messaggi che danno voglia di venire allo stadio. Contenuti che puntano molto sull’identità ginevrina».

Tanta voglia di Coppa

Anche il Servette, come il Lugano, sta lottando su due fronti. In campionato pure i ginevrini proveranno a sgambettare lo Young Boys, prima di andare a giocarsi la finale di Coppa Svizzera contro i bianconeri. «Questo era un club abituato a vincere, mentre ora l’ultimo successo risale al 2001. Il desiderio di tornare a giocare una finale di Coppa Svizzera era forte e naturalmente ora tutti sognano di sollevare al cielo il trofeo, il 2 giugno prossimo. Ci saranno tantissimi tifosi del Servette, al Wankdorf: tutti quelli che ne avranno l’opportunità intraprenderanno la trasferta a Berna, insomma. Sì, l’entusiasmo è davvero tornato. A Winterthur, in semifinale, c’erano già più di mille tifosi granata.

Il rischio della violenza

Tifosi che al termine della partita si sono distinti per atti di violenza che nulla hanno a che vedere con lo sport. È dell’altro ieri la notizia che il settore dei tifosi ginevrini più caldi rimarrà chiuso per la sfida di campionato con lo stesso Winterthur. Il club granata si è distanziato dal comportamento di una parte della sua tifoseria, ma il problema rimane: «Sì e anche a Ginevra – come in altre parti della Svizzera – c’è preoccupazione: si assiste ad una pericolosa escalation di atti di violenza. È il rovescio della medaglia della situazione: quando il pubblico aumenta, il rischio di veder nascere gruppi di facinerosi è grande. Si tratta di un problema globale, che non tocca naturalmente solo Ginevra. In questo senso però il club granata dovrebbe reagire e applicare sanzioni più dure, prima che la situazione diventi sempre più ingestibile».