Il personaggio

C'è uno Zizou che incanta anche il mondo del tennis

È in pieno svolgimento la 4. edizione dell’ATP Challenger Città di Lugano e nella giornata odierna si delineano gli ultimi accoppiamenti in vista dei quarti di finale – Tra un match e l’altro, siamo andati a incontrare Zizou Bergs, testa di serie numero uno del tabellone, per farci raccontare qual è la sua storia, che di recente lo ha anche visto in vetta della Race ATP
©Gabriele Putzu
Alex Isenburg
07.03.2024 16:30

«Al termine delle Finals i punteggi si azzerano - spiega il tennista belga - ma ci sono ancora dei tornei Challenger da disputare. Io ho concluso bene l’anno e raccogliendo circa 180 punti sono stato al primo posto nella corsa verso Torino». Poi, nella prima settimana del 2024, si è giocato il torneo di Hong Kong e inevitabilmente ha perso i vertici di quella graduatoria. «È durato poco, però è stato divertente e curioso guardare tutti dall’alto per qualche giorno».

Inseguire un sogno condiviso

I primi colpi di racchetta, Bergs, li ha dati già a tre anni, quando si divertiva a colpire la pallina contro il muro. Oltre al tennis, però, ha sperimentato altre discipline sportive, come il basket e la pallamano. Quest’ultima, praticata anche dalla madre, gli ha peraltro fornito delle buone basi. «Credo che il mio movimento del servizio ne abbia beneficiato» conferma Bergs. «Non sono tra i giocatori più alti del circuito, eppure ho sviluppato un colpo molto potente, com’è il caso anche di Arthur Cazaux» tennista francese con cui condivide lo stesso background. Giunto alla soglia dei 14 anni, il belga ha dovuto scegliere su quale disciplina cimentarsi. «Anche a pallamano me la cavavo più che bene, ma sapevo che il tennis mi avrebbe garantito più opportunità». La decisione - in fin dei conti - non è stata troppo complicata, anche perché questo sport è sempre stato una parte integrante per la sua famiglia. «A poche centinaia di metri da casa nostra c’erano dei campi che frequentavamo abitualmente». Una figura molto importante per lui, è stata quella del nonno. «Eravamo particolarmente legati e lui è sempre stato il mio più grande sostenitore. Il suo grande desiderio era che io entrassi a far parte della top 100. Il suo ultimo messaggio relativo al tennis l’ho ricevuto proprio qui a Lugano, lo scorso anno». Dopo il Challenger di casa nostra, Bergs si era recato a Miami e poco prima dell’inizio del torneo suo nonno è venuto a mancare. «Io non l’ho saputo immediatamente, ma percepivo che c’era qualcosa di strano. Non l’avevo ancora sentito e lui era solito scrivermi prima e dopo ogni partita. Gli piaceva molto discutere e analizzare assieme le statistiche di ogni mio confronto. È stato un momento molto triste per me, uno dei miei obiettivi è quello di esaudire il suo sogno e diventare uno dei migliori cento del mondo».

Le origini di un nome insolito

Zizou, nel mondo dello sport, è sinonimo di Zidane. Il soprannome del fuoriclasse francese - che ha incantato con la sua eleganza milioni di appassionati di pallone - è però anche il nome di Bergs. Una curiosità, questa, che il tennista ci spiega così. «Mio papà giocava a calcio a livello amatoriale e nella sua squadra ognuno aveva un nomignolo, il suo era proprio Zizou. È stato lui, quindi, a volermi chiamare così. Ed è riuscito a convincere anche mia mamma». Un nome, questo, di certo atipico e che da piccolo ha creato al piccolo Bergs anche qualche grattacapo. «Ai tempi della scuola ho subito qualche presa in giro, però più passa il tempo e più mi piace. Quando vado a giocare in Francia simpatizzano in maniera particolare per me, perché naturalmente lì amano tutti alla follia Zidane». In particolare, il supporto maggiore lo ha avuto a Marsiglia, luogo di nascita dello storico centrocampista transalpino. «Ho preso parte a quel torneo durante le ultime due stagioni, i tifosi andavano pazzi per il mio nome e lo invocavano a gran voce».

La persona oltre all’atleta

La storia di Zizou, poi, si è arricchita nel 2014, quando è andato a giocare dei tornei in Burundi. «Prima di recarmi sul posto non ero perfettamente al corrente di quanto grandi fossero le necessità di alcune popolazioni africane. Sono stato lì tre settimane e già dai primi giorni ho percepito le loro difficoltà, mi hanno colpito molto e ne sono rimasto segnato». Così, seguendo il consiglio del suo allenatore, Bergs ha deciso di dare una mano, regalando ad alcuni ragazzi parte del suo materiale, come racchette e indumenti. «Sul posto ho incontrato un altro belga che mi ha voluto aiutare. Mi ha detto che una volta tornato a casa avrebbe potuto continuare a mandare del materiale. Perciò, quel piccolo contributo iniziale è poi diventata un’abitudine che cerchiamo di mantenere con regolarità». I due, infatti, spediscono un paio di volte all’anno dei pacchi, che nel corso degli anni sono diventati vieppiù sostanziosi. «Sono contento perché col passare del tempo si sono aggiunti a questa causa anche altri giocatori, per cui abbiamo modo di mandare anche le loro attrezzature e so che sul posto apprezzano molto ciò che ricevono. Mi piace il concetto di provare a restituire al tennis parte di ciò che io ho ricevuto. Questo sport mi ha dato molto. Grazie a coloro che mi hanno aiutato negli anni, penso che io sia evoluto anche a livello umano e questo è il mio modo di rendere il favore». Il 24.enne non è più riuscito a tornare in Burundi, anche perché - vista la situazione politica complicata - gli è stato sconsigliato. «È diventato un luogo più pericoloso, ma forse tra qualche anno potrò fare di nuovo una visita. Sono contento che per il momento riusciamo ancora a dare un piccolo contributo ad alcune persone. Spero di poter continuare a mandare questi aiuti umanitari il più a lungo possibile».

Un altro momento importante a livello personale, per Zizou, è stato quello della pandemia. La vita di un tennista, infatti, è particolarmente frenetica ed è contrassegnata da continui viaggi in giro per il mondo. Inizialmente, quando si è trovato a casa per un breve periodo, il belga era contento di poter riposare e tirare un po’ il fiato. Poi, però, ha deciso di dare una svolta alle sue giornate. «Non ne potevo più di stare fermo e avvertivo la necessità di muovermi e di sentirmi utile. Ho chiesto il permesso alla Federazione e dopo aver ricevuto il via libera ho potuto dare una mano a un supermercato Lidl. In quel periodo non c’erano molte persone disposte a lavorare in uno spazio come quello, ma io l’ho fatto volentieri». La nuova esperienza, per il tennista, è durata poco, ma successivamente ha trovato un nuovo modo per aiutare la gente. Con il supporto di sua mamma, ha iniziato a creare delle mascherine, che poi lui stesso andava a distribuire a coloro che ne necessitavano. «Mi piace vedere il sorriso sul volto delle persone e contribuire in piccola parte alla felicità altrui» conclude il belga. «Il rischio per uno sportivo è di avere una mentalità un po’ egoista, perché ci si focalizza sulla propria carriera. Quando ho le energie e il tempo necessario, però, mi piace cercare di aiutare il prossimo».

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