Il personaggio

Reto Suri: «Ho vissuto un sogno, mi ritiro senza rimpianti»

Dall'esordio con il Kloten al titolo con lo Zugo, dall'argento mondiale con la Nazionale ai due anni a Lugano: ripercorriamo la carriera del 35.enne
reto Suri saluta la Bossard Arena dopo la sua ultima partita. © KEYSTONE / URS FLUEELER
Flavio Viglezio
12.04.2024 23:45

Dall’esordio in NL con il Kloten, nella stagione 2007-2008, all’ultima partita con il suo Zugo nella semifinale dei playoff persa con gli ZSC Lions: Reto Suri è stato uno dei giocatori più rappresentativi dell’hockey svizzero degli ultimi 20 anni. Anche per lui è giunto il momento di dire basta: «L’hockey è stato la mia vita, la mia passione e ogni sperienza fatta mi ha dato tantissimo: sto bene, ma il mio fisico non mi permetteva più di essere al top a questi livelli. Mi mancherà, ma se guardo indietro posso solo essere fiero e felice della mia carriera».

Reto Suri non si dimenticherà mai dell’8 aprile 2024: lo Zugo è appena stato eliminato dallo Zurigo in semifinale dei playoff, ma la Bossard Arena è tutta in piedi ad applaudirlo. I compagni lo abbracciano e dagli occhi del 35.enne attaccante scende qualche lacrima di commozione. È la fine di un lunghissimo viaggio: «Ancora oggi – spiega Suri – ho la testa un po’ confusa. Ho salutato tutti sul ghiaccio, ma dopo una notte di sonno a prevalere è stata la delusione per come è finita la stagione, più che la tristezza per la fine della mia carriera. A dire il vero non realizzo ancora completamente di essere un ex giocatore. Giovedì sono andato in pista a svuotare il mio armadietto e mi sono venuti alla mente tanti ricordi. In questi giorni mi sento ancora parte del gruppo: abbiamo i meeting di fine stagione e la cena con la squadra. Nel profondo sento però di aver preso la decisione giusta».

Il timing perfetto

Una decisione, si diceva, presa con serenità. E per una ragione ben precisa: «Si tratta esclusivamente di una scelta legata al mio fisico. Sto bene, questo tengo a sottolinearlo, ma per giocare a questi livelli bisogna essere al top. L’hockey professionistico richiede moltissima energia. L’hockey è la mia vita, la mia passione e se avessi potuto avrei continuato fino a 50 anni. Ma volevo essere io a dire basta, non ci tenevo a disputare la classica stagione di troppo, a trascorrere magari la maggior parte del tempo in panchina o in tribuna perché l’allenatore ritiene che non hai più il livello necessario. So che l’hockey giocato mi mancherà, ma so anche che questo è il momento giusto per dire stop».

Dal 2007 al 2024: l’hockey svizzero, in questi anni, è cambiato tanto. Suri è sempre riuscito a rimanere al passo con i tempi. Il suo ruolo con il tempo è un po’ cambiato, ma ha sempre saputo fornire il suo prezioso contributo: «Penso di aver sempre dato il massimo per essere al massimo, fisicamente e anche come persona. Non rimpiango nulla: ho affrontato ogni mia sfida ed esperienza con la mente aperta e ho così imparato molto da tutti. Ho vissuto un sogno e sono grato a tutte le persone – e sono molte – che mi hanno permesso di viverlo così a lungo».

Da Kloten a Zugo

Un sogno iniziato nel settore giovanile del Kloten, a due passo da casa: “A due anni già giocavo con un bastone, a quattro sono sceso sul ghiaccio per la prima volta e a cinque o sei anni ho iniziato con i bambini del Kloten. Il mio trasferimento a Ginevra, a soli 19 anni? La verità è che, a quei tempi, non c’era spazio per me con gli aviatori. C’erano tanti giovani di talento, in quella squadra, Damien Brunner su tutti. Mi cercò Chris McSorley e dopo molti incontri e telefonate decisi di trasferirmi al Servette. Non fu evidente, ma sfruttai l’opportunità e ringrazio ancora oggi il Ginevra – la mia prima vera squadra da professionista - per avemi dato questa opportunità».

Dopo il Ginevra ci sono stati Losanna e Rapperswil, ma la carriera di Reto Suri – con una parentesi di due anni a Lugano – è intimamente legata allo Zugo, di cui è diventato un giocatore simbolo: «Non c’era nulla, all’inizio, che mi legasse in un modo o nell’altro allo Zugo. I Tori mi volevano, ma io esitavo: ero già in Nazionale, ma temevo di non potermi ritagliare un ruolo importante alla Bossard Arena. E io volevo crescere ancora. Devo ringraziare Damien Brunner: mi chiamò, dicendomi che lui sarebbe andato in NHL e che Zugo sarebbe stata la piazza ideale per me. Aveva ragione, anche se Damien poi tornò in Svizzera fino a Natale a causa del lockout in NHL. Il club ha lavorato molto bene, è diventato sempre più ambizioso e io ho potuto dare il mio contributo in questo processo di crescita».

La gioia più grande

Con i Tori Suri ha conquistato il titolo nel 2022, al termine di un’incredibile rimonta in finale con gli ZSC Lions. In gara-5 un infortunio lo aveva però tolto dai giochi, costringendolo a seguire dalla tribuna il trionfo dei suoi compagni: «Ho lavorato tutta la mia carriera per vincere un titolo, l’ho sempre desiderato fortemente. Lo sento mio al cento percento, anche se non ho giocato le ultime due partite della finale. Eravamo sotto per 3-0 nella serie, abbiamo vinto gara-4 e poi mi sono infortunato nel corso della quinta sfida. La squadra ci ha creduto anche per me, il mio infortunio è stata una piccola parte del puzzle che ha dato ancor più energia e motivazione al gruppo. Quel trionfo, per come è arrivato, è stato storico».

Luci e ombre bianconere

Dal 2019 al 2021 Suri ha vestito la maglia del Lugano. Due stagioni tra luci e ombre, purtroppo caratterizzate dalla pandemia di coronavirus: «Sono felice di aver trascorso due anni a Lugano. Volevo partire da Zugo e sono grato al club bianconero per aver creduto in me. Purtroppo il mio primo anno in Ticino è stato condizionato dalla pandemia di coronavirus: è stato un periodo molto difficile per tutti. Il secondo campionato è stato più normale – diciamo così – e in linea con Jani Lajunen e Julian Walker mi sono trovato molto bene. Purtroppo, dopo un’ottima stagione regolare chiusa al secondo posto, siamo usciti nei quarti di finale contro il Rapperswil: ancora adesso, se ci penso, mi fa male. Ma l’esperienza a Lugano è stata bella e ho ancora parecchi contatti in Ticino».

Un argento per la storia

Per anni Suri è stato un pilastro della Nazionale, con la quale ha disputato un’Olimpiade e quattro Mondiali, conquistando la storica medaglia d’argento nel 2013 in Svezia: «Sono fiero di aver vestito a lungo la maglia rossocrociata, in tornei così importanti. Nel 2013, in Svezia, abbiamo scritto la storia dello sport elvetico. E pensare che avevamo iniziato quel torneo tra lo scetticismo generale: per molti l’obiettivo era la salvezza nel Gruppo A. Abbiamo però dimostrato cosa può fare un gruppo unito: tutti hanno accettato il proprio ruolo con umiltà e quando abbiamo iniziato a vincere si è creata una dinamica positiva che ci ha portati molto lontani. Nel 2013, dieci anni più tardi, ci siamo ritrovati tutti insieme ed è stato bellissimo.

Ora tutti si pongono la stessa domanda, cosa farà Reto Suri da grande? «È una bella domanda (ride, ndr). Al momento posso solo dire che rimarrò nel mondo dell’hockey. Ne saprete di più però solo a fine mese, quando tutti dettagli della mia nuova avventura saranno sistemati».

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