L'intervista

«Rappresentare la Svizzera? Un’emozione indescrivibile»

Abbiamo fatto una bella chiacchierata con il tennista ticinese Remy Bertola, dopo la sua prima esperienza in Coppa Davis con la maglia rossocrociata
All’età di 25 anni Remy Bertola è stato chiamato per la prima volta a vestire la maglia rossocrociata in Coppa Davis.
Maddalena Buila
06.02.2024 06:00

La Svizzera, è storia di pochi giorni fa, ha sfiorato l’impresa in Coppa Davis. Alle Finals, però, alla fine ci sono andati i Paesi Bassi. «Una sconfitta davvero bruciante, che tuttavia ci ha insegnato tanto», racconta il tennista ticinese Remy Bertola, alla prima convocazione nella squadra di Lüthi.

Remy, innanzitutto come stai? Sei già tornato a casa?

«Sto bene, grazie. No, non sono in Svizzera, bensì a Nottingham. A pochissime ore di distanza dall’ultimo match di Coppa Davis giocato a Groningen, infatti, sono volato in Inghilterra. Qui sto partecipando a un Challenger. Ho superato le qualificazioni e oggi scenderò in campo per il primo turno».

Con la mente torniamo però nei Paesi Bassi, dove hai vestito per la prima volta in carriera la maglia del team rossocrociato in Coppa Davis. Che esperienza è stata?

«Fantastica. Partiamo dalla chiamata di Severin Lüthi. Il capitano mi ha telefonato mercoledì, dicendomi che avrebbe voluto inserirmi nella squadra, ma che mi avrebbe confermato la notizia nelle ore successive. Dopo una notte praticamente insonne (sorride, ndr), giovedì sul mezzogiorno è arrivata la sua seconda chiamata, che ha ufficializzato la cosa. L’emozione, a quel punto, è stata enorme. Ero felicissimo ed estremamente onorato».

Che aria si respirava in squadra?

«Il clima è stato ottimo sin da subito. Già in aeroporto abbiamo capito che lo spirito di squadra sarebbe stato la nostra forza. Eravamo tutti carichi per affrontare l’avventura nei Paesi Bassi e ci credevamo davvero. Sapevamo di volare a Groningen da outsider, ma questo non ci ha limitati in alcun modo nell’intensità degli allenamenti e nell’impegno che ci abbiamo messo. Sono stati dei giorni veramente fantastici, senza mai uno screzio tra noi».

La telefonata con Severin Lüthi mi ha fatto passare una notte insonne dall'emozione
Remy Bertola, tennista

Come è stato invece sostenere i tuoi compagni durante le partite?

«Un grandissimo sforzo (ride, ndr). In senso buono, naturalmente. Venerdì sono arrivato in camera distrutto, ancora più stanco che se avessi giocato (altra risata, ndr). È come se fossi sceso in campo con loro, nonostante li abbia in realtà “solo” sostenuti dalla panchina. Il clima che si respirava nel Palazzetto era d’altronde talmente intenso che era impossibile non lasciarsi trasportare. C’erano infatti 4.500 tifosi oranje - il tutto esaurito - che facevano un incessante tifo per i loro beniamini, ma che erano al contempo estremamente corretti anche nei nostri confronti. Quando abbiamo fatto il nostro ingresso in campo ci hanno regalato un lungo applauso e una standing ovation. Inutile negarlo, mi tremavano le gambe. Così come non potrò mai dimenticare la pelle d’oca durante l’inno svizzero. Non ho mai vissuto un torneo così intensamente come la Coppa Davis. Rappresentare la Svizzera è stata veramente un’enorme emozione».

Sul capitano Severin Lüthi, invece, cosa ci puoi dire?

«È una persona eccezionale, che, nonostante abbia fin qui avuto una carriera incredibile, non è per nulla presuntuosa. Anzi. Al di fuori del campo si è dimostrato essere assolutamente alla mano e capace di metterti subito a tuo agio. Sul terreno da gioco, invece, è molto esigente. Ti sprona, ma al contempo ti incoraggia. Personalmente mi sono trovato molto bene con lui. Mi ha anche dato dei consigli estremamente utili. Se mi chiamerà ancora in squadra in futuro? Questo non lo so. Sicuramente se avessimo vinto ci avrebbe portati tutti alle Finals. Io comunque darò tutto me stesso per crearmi una seconda occasione».

Come ha reagito la squadra alla sconfitta, dopo essere stata così vicina a compiere l’impresa?

«Con un silenzio assoluto. Appena terminato l’ultimo match abbiamo subito lasciato il campo e non è volata una mosca per 5-10 minuti buoni. È stata una sconfitta davvero amara, è chiaro, ma che ci ha fatto sicuramente crescere. La delusione iniziale ha poi lasciato spazio alla consapevolezza di quanto fatto. Nonostante fossimo gli sfavoriti, abbiamo dimostrato che l’unione fa la forza e che con il giusto spirito di squadra si possono fare grandi cose».

Come proseguirà ora la tua stagione?

«Preferisco non pormi troppi obiettivi. Ne ho solo uno chiaro in mente. Scalare la classifica ATP quanto basta per poter accedere alle qualificazioni di un torneo del Grande Slam».

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