Preoccupazioni non tutte dissipate

L'accordo sul caso UBS potrebbe diventare un precedente
Red. Online
20.08.2009 05:01

di MARCO BERNASCONI e DONATELLA FERRARI - Il nostro Paese e gli USA il 18.6.2009 hanno esteso lo scambio di informazioni fiscali, accogliendo in sostanza lo standard previsto dal Modello dell?OCSE. Quindi vengono concesse informazioni, anche bancarie, in caso di delitto fiscale, di semplice contravvenzione e di necessità dello Stato richiedente di accertare i redditi dei propri contribuenti. Questo accordo tra Svizzera e USA, che ancora non è entrato in vigore, rende possibile, secondo il comunicato del Dipartimento federale delle finanze del 19 giugno scorso, lo scambio di informazioni in questioni fiscali tra Svizzera e USA nel singolo caso su domanda concreta e motivata. Sino al momento dell?entrata in vigore di questo accordo internazionale, lo scambio di informazioni è regolato dalla Convenzione del 2 ottobre 1996, dai due protocolli addizionali e dall?Accordo amichevole del 2003. Questo complesso di ordinamenti, sulla base del quale è stata negoziata la domanda di assistenza amministrativa degli USA riguardante il caso UBS, prevede uno scambio di informazioni più limitato di quello che il Consiglio federale ha deciso di concedere in futuro. Di conseguenza la soluzione che sembra concludere, almeno per il momento, la vertenza tra UBS e il fisco americano, deve essere esaminata nell?ambito dell?art. 26 della Convenzione vigente, che limita lo scambio di informazioni fiscali soltanto ai casi di frode e comportamenti analoghi. Sino ad oggi, con l?eccezione della trasmissione di 200 casi decisa dalla FINMA nel febbraio di quest?anno, la richiesta di informazioni riguardava un determinato contribuente sospettato di frode fiscale o comportamenti analoghi, per il quale si chiedevano alla Svizzera le prove necessarie, anche bancarie, per dimostrare l?esistenza di un reato.Nell?accordo concernente il caso UBS i nomi dei presunti evasori fiscali, clienti dell?UBS, non sono noti al fisco statunitense e quindi non figureranno nella domanda di assistenza amministrativa. Si sa tuttavia che numerosi clienti dell?UBS si sono resi colpevoli di un comportamento di frode o per lo meno analogo. Gli USA hanno chiesto e ottenuto che l?UBS accerti le generalità dei clienti che hanno commesso questo tipo di reato, trasmettendo poi queste informazioni al fisco degli USA, tramite l?Amministrazione federale delle contribuzioni. Lo scenario è quindi cambiato completamente. Viene tuttavia salvaguardato il diritto di questi clienti di inoltrare i ricorsi previsti dalla legislazione svizzera. L?accordo di ieri in fondo è semplicemente il seguito della decisione adottata dalla FINMA nel febbraio di quest?anno che autorizzò l?UBS a trasmettere alle autorità fiscali statunitensi circa 200 nomi di clienti che rientravano in una determinata fattispecie prevista dall?art. 26 della convenzione tra Svizzera e USA. Il Tribunale federale amministrativo, nella sentenza del 5 marzo 2009, non aveva considerato questa trasmissione di nominativi come una pesca alla cieca, meglio nota come «fishing expedition». Nel comunicato dell?autorità federale di ieri, tra l?altro, si afferma che circa 4.450 conti di clienti soddisfano i criteri di una nuova domanda di assistenza amministrativa degli USA che permettono «nell?ambito del caso UBS e nei limiti della legislazione svizzera, di identificare casi di frode fiscale o violazioni analoghe». A questo punto è priva di interesse la risposta alla domanda se questa fattispecie sia giuridicamente qualificabile come «fishing expedition» o meno. Quel che conta è che nella sostanza l?autorità fiscale svizzera non si limita a dar seguito alla richiesta degli USA nei singoli casi e su domanda concreta e motivata, ma consegna 4.500 nominativi senza che nella richiesta di assistenza vengano indicate le generalità dei contribuenti. Il recente accordo tra gli USA e la Svizzera deve considerare l?oggettiva difficoltà della negoziazione e il peso politico ed economico imponente degli USA. Si deve tuttavia rilevare che, sia in termini contingenti, sia a medio termine, così come nei confronti di altri casi riguardanti residenti negli USA e residenti in altri Paesi, questo accordo potrebbe essere invocato come un precedente. Ci si deve chiedere in primo luogo se la richiesta di assistenza amministrativa, che si fonda sul caso UBS, possa essere estesa anche ad altri istituti bancari quando si verificassero ipotesi di reato analoghe.La Svizzera attualmente concede un?assistenza amministrativa per frode e comportamenti analoghi, oltre che agli USA, anche all?UE, nell?ambito dell?Accordo sulla fiscalità del risparmio, e ad altri Stati, per cui anche qui è lecito domandarsi se l?accordo siglato ieri possa essere invocato, qualora si verificassero fattispecie analoghe, evidentemente, anche da questi altri Stati. La pressione internazionale ha obbligato la Svizzera, in conformità della decisione del Consiglio federale del 13 marzo di quest?anno, ad estendere lo scambio di informazioni fiscali a tutta la comunità internazionale. Non solo informazioni fiscali in caso di delitti e comportamenti analoghi, ma anche qualora si verificassero una semplice sottrazione e una necessità di accertamento da parte degli altri Stati. Il Consiglio federale aveva deciso di concedere questa assistenza più estesa solo in singoli casi, escludendo la «fishing expedition». L?accordo di ieri invece estende lo scambio di informazioni, anche bancarie, ad ogni fattispecie che adempia determinati criteri, escludendo quindi la domanda caso per caso. Ci sembra quindi legittima la preoccupazione riguardante gli effetti dell?accordo di ieri, nell?ambito della politica di scambio di informazioni decisa dal Consiglio federale il 13 marzo scorso, che è molto più estesa di quella prevista dall?art. 26 della vigente convenzione tra Svizzera e USA.

Marco Bernasconi, professore SUPSI Donatella Ferrari, docente SUPSI