Nuovo corso a Locarno e a Berna

Festival e Cultura cambieranno direttore e ministro
Antonio Mariotti
17.08.2009 05:01

di ANTONIO MARIOTTI - Il caso vuole che, quasi nello stesso momento, si verifichi un doppio cambio al vertice, a livelli ovviamente non paragonabili, nell?ambito della politica culturale del nostro Paese. Il prossimo 16 settembre l?Assemblea federale sarà chiamata ad eleggere il successore di Pascal Couchepin che, a meno di imprevedibili rimpasti governativi, sarà anche il nuovo ministro della Cultura. Un paio di settimane prima entrerà invece in carica il nuovo direttore artistico del Festival del Film di Locarno, il francese Olivier Père, già designato mesi fa.Si tratta di due avvicendamenti che, almeno in teoria, non hanno nulla a che vedere l?uno con l?altro, ma che il ruolo importante che svolge la Confederazione nel finanziamento del Festival rende meno estranei di quel che si possa credere. In entrambi i casi si tratterà di verificare gli effetti – più o meno immediati e più o meno profondi – che faranno da corollario all?entrata in scena di questi nuovi personaggi. Ci troveremo di fronte a un nuovo consigliere federale che (tra i tanti e complessi temi che dovrà affrontare) deciderà di sconfessare la politica preconizzata dal suo predecessore attraverso lo slogan «film popolari e di qualità», sbarazzandosi al tempo stesso dell?ingombrante Nicolas Bideau, oppure il nuovo corso sarà caratterizzato da una sostanziale continuità? La stessa domanda ce la si può porre per ciò che riguarda Olivier Père: metterà subito in campo l?importante esperienza maturata quale responsabile della Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes per ripensare dalle fondamenta la struttura di programmazione del Festival o preferirà un debutto più «soft»? A lui la scelta, ma è innegabile che al nuovo direttore di Locarno il lavoro non mancherà: negli ultimi anni (nonostante la cura dimagrante portata avanti con successo da Frédéric Maire rispetto alle abbuffate dell?epoca Bignardi) le linee programmatiche hanno mostrato a più riprese la corda, sia per ciò che riguarda la Piazza Grande sia per il concorso internazionale. Si tratta di problemi seri che non possono essere trascinati ulteriormente, se non si vuole che Locarno sia estromessa da quell?élite mondiale di festival cinematografici di cui si vanta di far parte. Se per la competizione molto dipende da fattori contingenti, la Piazza, se vuole continuare a proporsi come lo spazio trainante della rassegna, deve ritrovare quel piacere di vivere un?emozione collettiva che quest?anno troppe proposte sembrano aver del tutto dimenticato. Pure in questo ambito, appare estremamente difficile dare continuità alla presenza del cinema italiano, sempre più ripiegato su ferree logiche di mercato che impongono ai film la presenza all?imminente Mostra di Venezia, privando così Locarno di un importante serbatoio di pubblico locale non strettamente cinefilo. Può inoltre essere utile riflettere anche sull?impostazione della retrospettiva, da sempre considerata il fiore all?occhiello del Festival, e sull?utilità di imbottire le sezioni collaterali di film che ben poco aggiungono alla sostanza della rassegna, se non una diffusa sensazione di confusione.Tornando ai due importanti volti nuovi che ritroveremo al Festival il prossimo anno, non bisogna però neppure esagerare la portata dei loro reali margini di manovra. Di questi tempi, a vivere un momento di crisi, caratterizzato da sostanziali mutamenti tecnologici, produttivi e di fruizione, è infatti l?intera «macchina-cinema». Sia per chi è chiamato a dirigere il maggiore festival elvetico, sia per chi ha il compito di definire le strategie di politica culturale, sarà dunque essenziale non perdere di vista queste tendenze, i cui effetti sono ancora tutti da valutare. Con la speranza che ad uscirne vincitore sia ancora una volta il buon cinema, quello destinato a sopravvivere a mode o ubriacature passeggere. Quello, insomma, che a Locarno è sempre stato di casa.