Nuovi interventi di spesa pubblica nell’immediato per far fronte ai contraccolpi dell’emergenza del COVID-19 sull’economia e sull’occupazione, ma anche tagli in arrivo in alcuni settori per limitare le conseguenze di questa nuova politica similkeynesiana (in tempi di pandemia e di dopo Brexit) sul debito dello Stato britannico: il budget in questi mesi si è impennato sopra i 2.000 miliardi di sterline (2359 miliardi di franchi), ossia oltre il 100% del prodotto interno lordo (PIL) per la prima volta dal 1963. È questo il succo della revisione di bilancio presentata oggi alla Camera dei Comuni da Rishi Sunak, cancelliere dello Scacchiere del governo conservatore di Boris Johnson, al posto del tradizionale preventivo d’autunno (rinviato a bocce ferme).
Fra le spese extra, confermati 3 miliardi di sterline in più per l’NHS, il servizio sanitario nazionale, che vanno ad aggiungersi alla pioggia di miliardi ulteriori già annunciati nei giorni scorsi per la cosiddetta rivoluzione industriale verde (verso il bando totale della vendita di nuove auto a benzina e diesel anticipato al 2030) e per il più vasto programma di modernizzazione delle forze armate dalla fine della guerra fredda.
Ma, sull’altro piatto della bilancia, viene confermato (nonostante gli appelli contrari dell’opposizione laburista e dell’attivista afghana trapiantata sull’isola Malala Yousafzai) pure il taglio «temporaneo» dallo 0,7% del PIL promesso finora allo 0,5% dei finanziamenti per la cooperazione internazionale nel 2021.
Sunak ha del resto evocato «un impatto serio» e non breve della pandemia sull’economia del Regno. E secondo i media sta tra l’altro valutando per il prossimo futuro anche un congelamento triennale dei salari dei dipendenti pubblici (medici e infermieri esclusi), nonché interventi sulle aliquote medioalte delle tasse per rilanciare il gettito fiscale.