Analisi

Per l'economia italiana in vista un autunno caldo

Mercati in attesa delle elezioni del 25 settembre – Le agenzie di rating sono pronte a rivedere il rating – Il debito pubblico con la pandemia ha raggiunto il 150% rispetto al PIL, mentre l'inflazione erode il potere d'acquisto
Maria Ferrari
13.08.2022 06:00

Che cosa accadrà in Italia il 26 settembre è la domanda che agita i sonni degli investitori istituzionali, spiazzati dalla crisi di governo che ha portato il 21 luglio alle dimissioni del premier Mario Draghi. Roma, infatti, rimane una sorvegliata speciale in questa fase politica delicata, dovendo convincere la comunità finanziaria internazionale di essere in grado di tenere fede ai programmi di sviluppo. Il risultato delle urne del 25 settembre prossimo avrà subito dopo il primo banco di prova: Moody's si pronuncerà infatti sul rating tricolore appena cinque giorni dopo, il 30 settembre e, a seguire, il 21 ottobre, sarà la volta di S&P. Dopo nemmeno un mese, il 18 novembre, toccherà agli americani di Fitch dare un giudizio sulla sostenibilità dell’Italia. E, soprattutto, del suo debito pubblico, cresciuto a dismisura durante il periodo pandemico fino a toccare i 2.755 miliardi di euro a maggio, il 150% del Prodotto interno lordo.

Il ruolo della BCE

Negli ultimi quattro anni la quota di debito pubblico italiano in mano alla Banca centrale europea è quasi raddoppiata, passando dal 17% del 2019 al 29% atteso per la fine di quest’anno (pari, rispettivamente, al 22,5 e al 42,1% del PIL), quota che potrebbe salire ulteriormente se Francoforte metterà a punto il meccanismo dello scudo anti-spread per contrastare gli attacchi speculativi ai Paesi più deboli dell’Eurozona. Ma quello che preoccupa è l’innalzamento dei tassi d’interesse, iniziato a luglio e che proseguirà a settembre: ogni aumento di un punto percentuale costa allo Stato italiano lo 0,3% del PIL. L’ultima agenzia di rating a dare il suo giudizio sull’Italia (e sul suo debito) è stata Moody’s che ha comunicato di aver confermato il grado Baa3, ma di aver rivisto al ribasso l’outlook passato da stabile a negativo. Un peggioramento dettato dalle incertezze legate alla crisi di governo e alla sua capacità di tener fede ai piani del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e in ultima analisi di risolvere alcuni problemi storici.

Finanziamenti UE

Per quanto riguarda i 209 miliardi di euro del PNRR sul piatto c’è la terza tranche di finanziamenti europei pari a 21,8 miliardi che dovrà essere erogata dalla UE entro fine anno sulla base del piano di riforme portate avanti dall’Italia. Il dubbio è che l’addio di Draghi possa rallentare o frenare del tutto l’ammodernamento del Paese, azzerando così il flusso di risorse da Bruxelles. Pochi giorni prima, a fine luglio, a parlare era stata S&P e anche in questo caso aveva confermato il grado BBB/A-2, ritoccando in chiave peggiorativa l’outlook, passato da positivo a stabile per le stesse ragioni.

Quale scenario per il futuro?

Per le agenzie il problema resta l’outlook, lo scenario futuro, di cui finora si era fatto garante l’ex governatore della BCE Draghi, che ha gestito la ripresa post pandemica e soprattutto i tanti miliardi in arrivo dall’Europa. In questo momento il quadro macroeconomico italiano tiene, ma come ha detto Draghi al Parlamento «abbiamo una crescita straordinaria, ma ci sono delle nuvole all’orizzonte, soprattutto per la crisi energetica e anche in generale per un rallentamento significativo del resto del mondo, le previsioni sono preoccupanti per il futuro». Il Prodotto interno lordo del secondo trimestre 2022 è cresciuto dell’1% rispetto ai tre mesi precedenti, quando era rimasto quasi invariato (+0,1%), mentre per l’intero 2022 il governo si aspetta che salga del 3,1%. Il problema da affrontare è l’inflazione, che a luglio si è attestata al 7,9%, con il cosiddetto carrello della spesa - cioè i beni alimentari di prima necessità - che ha accelerato ancora la sua crescita mettendo a segno un +9,1%, livello raggiunto solo nel settembre 1984, a causa del caro energia e delle materie prime che comporterà un maggior esborso per le famiglie italiane attorno ai 2-3 mila euro annui: a conti fatti, è come se ogni nucleo familiare avesse a disposizione una mensilità di stipendio in meno.

Frenata dell’export

E anche sull’estero, la marcia dell’Italia inizia a incepparsi. Ieri l’Istat ha reso noto che a giugno, dopo cinque mesi di crescita, si è registrato un calo congiunturale dell’export (-2,1%) sia verso i Paesi UE sia verso i mercati extra UE. Per ora la bilancia commerciale pende ancora a favore dell’Italia, ma le previsioni per il prossimo anno sono meno rosee. Nel 2023 si assisterà a un «significativo rallentamento» del PIL italiano legato in parte agli elevati prezzi dell’energia, sottolinea il Fondo monetario internazionale, che prende atto «dell’aumentata incertezza politica» e si augura che la strada delle riforme non venga abbandonata. Un chiaro monito a chi salirà al Governo il 26 settembre.