Il Governo sulla riforma LPP: «Ecco perché è necessaria»

Garantire il finanziamento del secondo pilastro per fare fronte al continuo aumento della speranza di vita e al calo dei rendimenti dei mercati dei capitali; evitare i travasi dai risparmi degli attivi per finanziare le rendite dei pensionati; migliorare la situazione pensionistica di chi ha redditi bassi o esercita una o più attività a tempo parziale. Questi i principali obiettivi della riforma del secondo pilastro, sulla quale si voterà il prossimo 22 settembre. Il fulcro della nuova LPP, incontestato, è l’abbassamento dell’aliquota di conversione dal 6,8% al 6% per la parte obbligatoria del capitale risparmiato, vale a dire per salari assicurati fino a 88.200 franchi (per la parte non obbligatoria, le casse pensioni possono applicare aliquote inferiori). Il tasso attuale è considerato inadeguato per finanziare le rendite. Approvata dal Parlamento nel marzo del 2023, la riforma è oggetto di referendum da parte dei sindacati e della sinistra. La «ministra» della socialità Elisabeth Baume-Schneider, a nome del Consiglio federale, l’ha definita necessaria per garantire il versamento delle pensioni. Un sì alle urne permetterebbe alle persone con redditi modesti di ricevere una rendita più alta al momento del pensionamento. A beneficiarne sarebbero soprattutto le donne, le quali nella maggior parte dei casi «lavorano a tempo parziale o esercitano una professione in un settore caratterizzato da salari bassi».
La riduzione dell’aliquota comporta automaticamente una diminuzione della rendita del 12% nella previdenza obbligatoria, ma toccherebbe comunque solo il 15% degli assicurati. La grande maggioranza degli istituti dispone di un sufficiente capitale sovraobbligatorio per praticare un’aliquota mista più realistica. Questa aliquota, nel 2022, era del 5,4%.
Per evitare che la riduzione dell’aliquota si ripercuota sulle rendite sono previste compensazioni per la cosiddetta generazione di transizione, composta da quegli assicurati che oggi hanno dai 50 ai 64 anni. Il Parlamento ha messo a punto una soluzione mirata che limita gli indennizzi a circa il 50% dei futuri pensionati della generazione di transizione. A far stato per l’importo è il capitale risparmiato. Chi dispone di meno di 220 mila franchi e va in pensione nei primi cinque anni della riforma riceverà per tutta la vita 200 franchi al mese in più. Si stima che a riceverli sarà il 25% dei futuri pensionati. Per il blocco dei secondi cinque anni il supplemento sarà di 150 franchi e per gli ultimi cinque di 100. Per chi ha accumulato fra i 220 mila e i 441 franchi il supplemento sarà ridotto e decrescente in base agli averi e alla classe d’età. Oltre i 441 mila non si riceverà nulla. Questa misura costerà complessivamente circa 800 milioni di franchi all’anno e sarà finanziata dalle casse pensioni nonché tramite i contributi di lavoratori e datori di lavoro.
Sono previste anche due modifiche per migliorare le situazione previdenziale delle persone a basso reddito e a tempo parziale, rafforzando il risparmio obbligatorio. Queste (in particolare donne) dovranno contribuire di più durante la vita lavorativa per poi incassare di più al momento del pensionamento. La soglia d’ingresso nel secondo pilastro è oggi di 22.050 franchi all’anno. Con la riforma scenderà a 19.875. La misura interesserà circa 100 mila persone: di queste, 70 mila sono nuovi assicurati mentre altri 30 mila vedranno aumentare la quota di salario assicurato.
Il secondo provvedimento riguarda la cosiddetta deduzione di coordinamento, un importo che serve, appunto, per determinare la parte di salario assicurata. Attualmente, la deduzione ammonta a 25.725 franchi. In concreto: se una persona ha un salario annuo di 60 mila franchi, i contributi di cassa pensioni vengono calcolati su un salario di 35 mila (60-25). Le Camere hanno deciso che la deduzione non sarà più un importo fisso ma che dovrà ammontare al 20% del salario (fino a 88.200 franchi). In altri termini, con un salario di 60 mila franchi i contributi verrebbero calcolati su 48 mila franchi e non più su 35 mila. Questo cambiamento avrà un impatto proporzionalmente maggiore per i salari più bassi. In particolare ci sarà un incremento dei prelievi sia a carico degli assicurati sia dei datori di lavoro.