«La Svizzera è importante per l’Ossezia del Sud»

«Siamo grati alla Svizzera per gli sforzi profusi nel promuovere il dialogo nel Caucaso, anche se finora la Georgia non ci ha ascoltati». Queste le parole di Dimitri Medoev, ministro degli Esteri dell’Ossezia del Sud, piccolo Stato separatista a riconoscimento limitato di poco più di 50 mila abitanti con capitale Tskhinvali. Medoev, negli scorsi giorni – in una conferenza tenuta al Nuovo circolo el Salvadanèe di Milano – ha fatto il punto sui rapporti del suo Paese con l’Europa e, prima ancora, con le confinanti Georgia (che ne rivendica il territorio) e Russia (che l’ha riconosciuta quale Stato indipendente nonostante l’opposizione degli USA e dell’UE).
A conclusione di un viaggio che ha incluso la Germania, Medoev ha affermato che nella minuscola provincia caucasica sul cui suolo sono stanziate le truppe «degli amici russi», «il potenziale di sviluppo è elevato». Ospite della neonata Associazione Italia-Alania, il rappresentante della regione caucasica ha rimarcato che «l’Ossezia del Sud vuole ampliare i propri rapporti diplomatici, culturali ed economici con tutti gli Stati europei interessati». A dimostrazione, ha aggiunto, che «siamo una realtà territoriale aperta al dialogo, all’amicizia e agli scambi economici». Dal 2008, anno dell’attacco georgiano all’Ossezia del Sud e alla conseguente guerra-lampo congelata dalle truppe di Mosca, non vi sarebbe più «minaccia», anche se da parte di Tbilisi sarebbe forte «il desiderio di revanscismo». «Siamo un Paese pacifico pronto al dialogo per risolvere questo nodo politico». L’unico modo per raggiungere l’obiettivo, ha chiosato Medoev, «è il rispetto dei trattati di Ginevra». Proprio la Svizzera, con cui l’Ossezia del Sud ambisce ad instaurare anche rapporti economici, è ritenuta una «fondamentale piattaforma di dialogo per raggiungere la pace nel Caucaso». L’Italia ha anche alcuni uffici di «rappresentanza diplomatica» che fanno capo a Mauro Murgia e a Carmelo Scalisi.
L’Ossezia del Sud è uno Stato a riconoscimento limitato a cavallo di Europa e Asia che si trova nel mezzo di interessi contrapposti: da una parte la Georgia (che strizza l’occhio all’Occidente e che rivendica l’unità territoriale) dall’altra la Russia. Quanto è realistico che la vostra indipendenza possa essere riconosciuta in modo più esteso?
«Vi sono sei Stati che fanno parte delle Nazioni Unite che hanno riconosciuto l’Ossezia del Sud da quando la Georgia ci ha attaccato militarmente tra l’8 e il 12 agosto 2008, sono: Federazione russa, Siria, Venezuela, Nicaragua, Nauru e Tuvalu. Altri cinque Paesi non sono membri dell’ONU: Abcasia, Transnistria, Repubblica dell’Artsakh (Nagorno Karabakh), Repubblica popolare di Lugansk e Repubblica popolare di Donetsk. L’insieme di questi riconoscimenti sono importanti per l’Ossezia del Sud, il più importante dei quali è chiaramente quello della Russia, intervenuta a difenderci dai georgiani, che mantiene un suo contingente militare sul nostro territorio. I rapporti diplomatici dell’Ossezia del Sud con questi Stati sono basati su scambi di natura culturale, economica e commerciale. Proprio la Federazione russa, come detto, è il partner per noi più strategico e importante. Preciso che non si tratta di una forza occupante, non siamo un territorio occupato! La presenza militare russa sul nostro territorio è regolata da reciproci trattati bilaterali: ne abbiamo sottoscritti oltre cento in corso di validità. Sono stato ambasciatore dell’Ossezia del Sud a Mosca per sei anni e conosco bene quali sono gli Stati lì rappresentati nel corpo diplomatico: sono certo che non esiste alcuna altra nazione che ha sottoscritto un numero così elevato di trattati con la Federazione russa come il nostro Paese. Ciò non significa che non amplieremo l’elenco dei Paesi che riconoscono la nostra indipendenza. Al contrario. Siamo sempre alla ricerca di nuovi partner, sforzandoci di ampliare le nostre relazioni su scala internazionale. Questa è la strategia del nostro Governo. Basti dire che nel maggio 2018 la Siria ha pienamente riconosciuto l’Ossezia del Sud e questo è accaduto nel periodo più difficile delle sue relazioni internazionali».
Quali sono gli effetti del mancato riconoscimento della maggior parte degli Stati dell’ONU, oltre all’UE, sulla vita dei cittadini ossetini?
«Nessuna conseguenza preoccupante, anche se ciò non ci rende certo felici. Piuttosto si tratta di un'occasione mancata per coloro che non vogliono guardare in faccia la realtà. Penso che i Paesi che non ci riconoscono si renderanno prima o poi conto che il tempo sta giocando contro di loro, dal momento che altri Stati che non sono stati messi sotto pressione dall’America e dai suoi alleati sono più attivi nel fare affari con noi».
Nonostante l’opposizione occidentale vi proclamate un territorio indipendente dal 28 novembre 1991. Oggi quali sono le risorse economiche dell’Ossezia del Sud?
«Nel 2020 celebreremo il trentesimo anniversario della fondazione della nostra Repubblica. È un periodo lungo, anche se di soli tre decenni, ma pur significativo. Abbiamo dimostrato a tutti che il nostro Paese si è affermato come stato democratico sovrano. Si noti che ad oggi sono in funzione il settimo Parlamento eletto, il quarto presidente, e tutto è stato deciso tramite libere elezioni. Abbiamo messo in piedi ministeri e dipartimenti, istituzioni sociali e dell’istruzione. Ritengo importante segnalare – e sono sicuro che i cittadini della Confederazione elvetica mi capiranno – che dal 1991 al 2017 abbiamo tenuto sei referendum per determinare l’ordinamento istituzionale del nostro Paese, due di essi sullo sviluppo indipendente dell’Ossezia del Sud (1991 e 2016). Dal primo all’ultimo referendum sono trascorsi quindici anni: ciò ha fatto sì che l’indipendenza potesse affermarsi coinvolgendo più generazioni. Nel frattempo siamo sopravvissuti a due importanti attacchi militari della confinante Georgia e ora non vi rinunceremo per nessuna ragione».
Quali tipi di imprese occidentali sono attive sul vostro territorio?
«L'Ossezia del Sud è ricca di molti minerali, ma ha anche buone opportunità per lo sviluppo dell’agricoltura. Geograficamente tra Ossezia del Sud e Svizzera, come anche tra altri paesi montani, esiste una grande somiglianza. Il nostro territorio è composto al 70% da foreste. Sanatori e resort dove venivano curate varie malattie fanno parte della tradizione. Abbiamo più di 160 fonti di acque minerali e fanghi terapeutici utilizzabili per scopi differenti. Vi sono aziende e rappresentanti delle imprese che vorrebbero sfruttare le loro opportunità. Forse anche in Svizzera potrebbero esservi imprenditori interessati a questo settore: saremmo felici di poterli incontrare. Delle risorse economiche si occupa il nostro Ministero dello sviluppo economico, che ha anche la responsabilità sulle politiche d’investimento».
La sua presenza in Italia denota interesse ad allacciare relazioni anche con Stati dell’Unione europea.
«Sì, non è il mio primo viaggio nell’UE. Sono giunto in Italia dalla Germania, dove ho partecipato a una serie di incontri di rilievo con politici e uomini d’affari. L’obiettivo principale dell’Ossezia del Sud è poter coltivare nuovi rapporti d’amicizia e di scambio economico-culturale con un certo numero di Stati membri. Oggi si viaggia molto. Del resto anche numerosi italiani sono già giunti nel nostro Paese e hanno sviluppato collaborazioni in ambito commerciale e non solo. L’Ossezia del Sud è un Paese aperto da più punti di vista, inoltre durante le elezioni parlamentari e presidenziali abbiamo regolarmente ospitato osservatori dall’estero».
Esistono rapporti commerciali tra la Svizzera e l’Ossezia del Sud?
«Non ancora, ma come detto siamo pronti a svilupparli e ben disposti ad accogliere i diversi rappresentanti economici della Confederazione sul nostro territorio».
Qual è il suo messaggio?
«Siamo molto lieti di poter ricevere tutti i rappresentanti economici elvetici nel nostro Paese per mostrarglielo e per poter avviare reciproci scambi nei diversi settori. Sono già stato in Svizzera numerose volte, dove mi sono trovato come a casa, in particolare a Ginevra e a Berna. Tengo a sottolineare che sono molto grato al Governo svizzero per l’opportunità data all’Ossezia del Sud di poter prendere parte agli incontri sulla pace nella regione del Caucaso. Ricordo che dopo la guerra del 2008 con la Georgia, la Svizzera ha fornito alle parti in causa una importante piattaforma di dialogo. Tutt’oggi ci si trova quattro o cinque volte all’anno per proseguire questi dialoghi, sperando che la Georgia possa finalmente cambiare la sua posizione di chiusura nei nostri confronti».
Chiusure verso l’Ossezia del Sud sono però emerse anche in Paesi dell’UE. All’inizio di novembre, per esempio, le è stato negato di prendere parte ad una conferenza internazionale in Austria organizzata dall’Accademia nazionale della difesa sulla situazione nel suo Paese, in Abcasia e nel Nagorno Karabakh.
«Sono cose che possono succedere. All’ultimo minuto, nonostante l’invito che avevo ricevuto, gli organizzatori mi hanno scritto che non potevano farmi entrare in Austria per ragioni di sicurezza, non è stata comunque una decisione del Governo austriaco. Il dialogo dell’Ossezia del Sud all’insegna della pace e della collaborazione reciproca prosegue con tutti i Paesi europei».