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Lugano-Roma, solo andata: ma Spalletti, alla Juve, guiderà una Ferrari o una Panda?

E non solo: perché il Ponte sullo Stretto non s'ha da fare? Marcello Pelizzari e Carlo Tecce si confrontano sui temi più caldi della settimana a cavallo del confine
©Gabriele Putzu
Marcello Pelizzari
01.11.2025 06:00

Iniziamo dall’attualità stretta, anzi dal Ponte sullo Stretto: ma che diavolo sta succedendo?
«La cronaca è questa: la Corte dei Conti ha bocciato una delibera del Cipess, un Comitato interno alla Presidenza del Consiglio sul Ponte sullo Stretto. Ora, non sappiamo quali sono le criticità che ha riscontrato la Corte dei Conti, sappiamo che la sentenza arriverà tra 28-29 giorni. E sappiamo che il progetto del Ponte, che è un progetto che va avanti da vent’anni, è costato già decine e decine di milioni di euro, anche se in questi anni non si è vista una pietra. Né dalla parte calabrese, né dalla parte siciliana. Il progetto del Ponte è un rebus. Il Governo lo utilizza di tanto in tanto. Per continuare, rinfocolare la sua battaglia, la sua dialettica e la sua narrativa, critica, feroce, ai contropoteri dello Stato, che bilanciano i poteri dell’Esecutivo. La storia del Ponte sullo Stretto è strettamente legata alla storia della Riforma della magistratura, la separazione delle carriere: un problema non problema, perché ormai è difficile passare da giudice a magistrato, si può fare solo un solo passaggio e cambiando distretto di competenza. Ed è una pratica che ogni anno interessa lo 0 2, lo 0,5, forse l’1% dei magistrati. Comunque, una parte piccolissima. Allora perché il Governo insiste con il Ponte sullo Stretto che costa, a oggi, 13 miliardi e mezzo di euro, e perché insiste sulla Riforma che interessa pochissimi magistrati? Lo fa perché entrambe le questioni sono caratterizzanti del Governo e del centrodestra, sebbene abbiano un risvolto pratico abbastanza effimero. Anzi, aggiungo una piccola annotazione: il significato politico della Riforma lo si riscontra maggiormente. Nello sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura e di un’Alta Corte che si occupa delle faccende disciplinari. Cioè, è uno schiaffo, un calcio, scegliete voi l'espressione migliore, alla magistratura stessa. Evidentemente, il Governo valuta che questa iniziativa sia apprezzata dagli elettori. Lo sapremo presto, perché in primavera inevitabilmente si terrà un referendum, sì o no, come è successo a Renzi. Per Renzi fu fatale mentre questo Governo già ha messo le mani avanti dicendo che non lega il proprio destino alla Riforma costituzionale che riguarda la magistratura. Chiaramente, però, una bocciatura di questa riforma sarebbe un messaggio chiaro, forse il primo perché per adesso non ce ne sono stati, da parte degli elettori al Governo Meloni».

Prima di cambiare tema volevo farti una domanda specifica su questa riforma, perché a memoria è un tema che era molto caro a Berlusconi. Il Cavaliere, quindi, può aiutare questo Governo?
«In Italia, d’altronde, è il periodo. Si specula sui morti, lo fanno un po’ tutti. Questa Riforma, da una parte e dall’altra, è sostenuta e criticata citando magistrati morti, scrittori morti, politici morti. Questo dà un po’ l'idea dell’Italia e anche dell’offuscamento della memoria. La famiglia Berlusconi ha rivendicato questa Riforma come uno degli obiettivi del Cavaliere, ma la parte sulla separazione delle carriere, cara a Berlusconi, è un problema già superato. È stato superato dalla legge Cartabia, ministro della Giustizia durante il governo Draghi con Berlusconi ancora in vita. Quindi, ci si confonde. Anche perché è difficile fare comunicazione su questi temi. È molto più semplice dire: questa è la Riforma che mette in riga i magistrati cattivi, come voleva Berlusconi. Evviva, evviva. Eccolo, il messaggio politico. Quindi, sì, politicamente conviene agganciarsi a Berlusconi, ma mi sembra un tema di scarsa rilevanza, se non per consenso e propaganda».

Cambiando invece tema, che cosa mi dici di Garlasco? È un’altra questione, come il Ponte, che si sta trascinando da tanto, troppo tempo…
«Bruno Vespa ha ripreso il plastico dalla cantina, per intenderci. A me colpisce, anche su questo tema, la posizione del Governo: il ministro della Giustizia, Nordio, che è stato anche un magistrato e pure importante, ha detto che oramai sono passati quasi vent’anni e che casi del genere andrebbero lasciati agli storici, non agli inquirenti. Come se ci fosse una prescrizione o come se i magistrati, dopo un certo punto, dovessero abbandonare alcuni casi. Dicevo che è interessante perché Nordio denota un altro comportamento non solo del Governo, ma della politica in generale: alimentare l’infodemia, questa massa indistinta di informazioni, opinioni e giudizi e non richiesti. A quale titolo, poi, ha parlato Nordio? Da ex magistrato, da ministro, da politico, da osservatore di quello che succede in Italia? Ha detto una cosa che ha creato dibattito, ne parlava l'altro giorno pure Gramellini sul Corriere della Sera. Ma fra un anno? Nessuno si ricorderà di più quello che ha detto Nordio. Di conseguenza, noi siamo impegnati spesso a parlare di questioni inutili».

Ma dobbiamo aspettarci una serie Netflix come per il Mostro di Firenze, quindi?
«Quello sì. E sarebbe bellissimo se la facessero. Non sono molto appassionato di questi casi di cronaca, ammetto. Ancora non abbiamo risolto il caso Moro, però ne sono stati tratti film e serie notevoli, Bellocchio su tutti. Una serie Netflix su Garlasco ci sarà certamente. Adesso siamo ancora nella fase dei colpi di scena, quindi bisognerà aspettare ancora un po’, forse altri vent'anni per rispondere a Nordio».

A proposito di colpi di scena, Luciano Spalletti è il nuovo allenatore della Juventus…
«E finalmente avrà la sua Panda…».

Già, il riferimento è alla conferenza post eliminazione degli Azzurri a Euro 2024, per mano della Svizzera.
«Ci fu questo paragone, sì: la Svizzera si comportò da Ferrari mentre l’Italia come una Panda. Spalletti è tornato nel campionato italiano, ed è tornato proprio dove si produce, o almeno si produceva, la Panda. Alla corte della famiglia proprietaria, soprattutto, della Ferrari. Spalletti si è ritrovato in un salone di automobili. Di fatto, la Juve è questa: un grande salone con grandi foto sulle pareti di grandi successi. E Spalletti, tra otto mesi quando gli scadrà il contratto oppure fra due o tre anni, qualora raggiungesse i risultati saprà, se sarà salito su una Panda o su una Ferrari. Di sicuro, è una sfida molto difficile. Secondo me le prime due- tre giornate diranno molto dell'effetto che avrà Spalletti sulla squadra. Una squadra che, con Tudor, era confusa, frustrata, arrabbiata e quindi incapace di produrre qualcosa di positivo. In una parola: brutta.

Di solito dico che non è mai la macchina, ma è il pilota: che pilota è Spalletti? A me sembra sia diventato più un filosofo che un allenatore, no?
«Io penso che sia una persona molto intelligente e anche riflessiva. A una certa età, dopo tanti campionati, tanti secondi e terzi posti, ha avuto successo a Napoli. Ha avuto, è vero, questa deriva un po’ filosofica. Ma, secondo me, la lezione della nazionale italiana l’ha segnato parecchio. Io lo vedo realmente sofferente, a testa bassa. Se avrà la reazione giusta e se riuscirà a trasmettere a una squadra ugualmente a testa bassa la sua delusione, se trasformerà questa delusione di gruppo in energia, allora la Juventus potrà fare una grande corsa in campionato. Altrimenti, Vinovo sarà una sala per casi irrisolvibili. Più di Garlasco».

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