Il punto

E se il dopo Putin fosse Navalny?

Quando, e come, finirà la guerra in Ucraina? Soprattutto, quali saranno le conseguenze per l'attuale presidente russo? Ne parliamo con il dottor Rasmus Nilsson, esperto di politica estera russa attivo presso l'University College di Londra
Marcello Pelizzari
05.04.2022 17:30

Quali sono gli obiettivi reali della Russia, al di là di quelli sbandierati da Vladimir Putin e dalla propaganda? Formuliamo meglio: quando, e come, finirà la guerra in Ucraina? E per volere di chi? Non solo, che cosa dovremmo aspettarci dopo? Le domande attorno al ruolo di Mosca si accavallano, assieme agli orrori commessi dall’esercito del Cremlino. Per capirne di più ci siamo rivolti al Dottor Rasmus Nilsson, esperto di politica estera russa nonché di comunismo nell’Unione Sovietica e nell’Europa dell’Est, attivo presso l’University College di Londra.

I tre scenari

In una recente analisi, Politico.com ha elencato tre possibili scenari legati al conflitto ucraino e, di riflesso, alla Russia: la pace, un rovesciamento di regime a Mosca e, infine, una guerra infinita sulla falsariga di quella siriana. Nilsson, a tal proposito, afferma: «La Russia sta cercando di controllare la politica interna ucraina e l’equilibrio internazionale. Al momento, sembra che Mosca voglia concentrarsi sul Donbass e sulla Crimea. Ma nel corto-medio termine le truppe russe cercheranno di tornare in Ucraina».

L’ipotesi di un cambio di regime a Mosca, quantomeno vista dall’Occidente, stuzzica e non poco gli esperti. Secondo alcuni analisti, se è vero che invadendo l’Ucraina Putin ha firmato la sua condanna è altrettanto vero – l’Unione Sovietica insegna – che potrebbero volerci anni prima che lo zar esca effettivamente di scena. Eppure, nella cerchia di Navalny sembra esserci abbastanza convinzione non solo per un cambiamento al vertice ma anche per un cambiamento in tempi rapidi. Possibile? «Non penso che Putin uscirà di scena tanto presto» la risposta del Dottor Nilsson. «Il suo potere potrebbe ridursi, in particolare se l’esercito russo, la polizia e altre forze di sicurezza si vedessero ridurre i fondi a causa delle sanzioni economiche. Per estromettere una figura come Putin, inoltre, tutte le persone coinvolte in un colpo di Stato dovrebbero allinearsi e, soprattutto, avere fiducia l’uno dell’altro. Il che è improbabile».

L'ipotesi Navalny

L’Europa e l’Occidente, circa la Russia che verrà, non disdegnerebbero Navalny nella stanza dei bottoni. Il professor Ben Noble, un collega di Nilsson, ha dedicato un libro alla figura dell’attivista anti-Putin. Affrontando anche la tesi secondo cui «il secondo politico più importante del Paese», come viene spesso definito da alcuni analisti, in realtà è un nazionalista. Sarebbe davvero la soluzione più giusta per Mosca e, di conseguenza, gli equilibri mondiali? «Innanzitutto – chiarisce Nilsson – non credo che Navalny sia il secondo politico più importante in Russia, anche qualora dovesse uscire di prigione. Ed è difficile, per me, dire se può essere o meno una buona soluzione per il dopo Putin. Conosciamo ancora poco della sua piattaforma politica al di là della lotta alla corruzione e dei suoi slogan, questo sì, impregnati di nazionalismo».

Ci spingiamo oltre: la Russia ha una lunga (e forte) tradizione di potere assoluto alle spalle. Gli zar, l’era sovietica, lo stesso Putin influenzato (e non poco) dalla figura di Pietro il Grande. Potrà mai esistere una Russia democratica? «Le eredità storiche contano, ma solo nella misura in cui vengono usate o plasmate dagli attori politici» spiega Nilsson. «Non c’è ragione per cui la Russia non possa essere liberaldemocratica, ma ciò richiede un’adesione pubblica che potrebbe richiedere tempo e qualche sforzo da parte dello Stato».

I sondaggi di opinione in Russia, anche quelli condotti da Levada, non sono granché utili considerando l'attuale clima politico

Che ne pensa la gente?

In queste settimane, la Russia è stata analizzata e vivisezionata anche attraverso l’opinione dei suoi cittadini. I sondaggi, pure quelli ritenuti affidabili affidati a Levada, sembrano garantire a Putin ampio consenso fra le fasce della popolazione. Quanto è forte la macchina della propaganda e quanto, invece, i cittadini russi sono intimamente convinti che Putin sia l’uomo giusto al posto giusto? È possibile tracciare un confine tra influenza e convinzioni individuali? «I sondaggi di opinione in Russia, anche quelli condotti da Levada, non sono granché utili considerando l’attuale clima politico» sostiene il nostro interlocutore. «Stiamo assistendo a una sorta di ‘‘raduno intorno alla bandiera’’. E stiamo vedendo qualche effetto dello sforzo decennale di propaganda da parte dello Stato. Tuttavia, l’entusiasmo per questa guerra sembra ancora sostanzialmente inferiore a quello del 2014».

Si è parlato anche dell’opposizione politica e in particolare della diaspora dei nemici di Putin. Come funziona il dialogo in un Paese autoritario come la Russia? Considerando la morsa sull’informazione, è ancora possibile parlare di opposizione? Ce n’è una, fisicamente sul terreno, ancora in grado di far sentire la propria voce nonostante tutto? Sentite Nilsson: «I russi vengono ancora arrestati in tutto il Paese se protestano contro la guerra. Non c’è dubbio che la repressione statale stia riducendo significativamente la possibilità di coordinare queste proteste. Presto, potremmo vedere la repressione intensificarsi: penso all’uso della violenza su una scala più ampia contro gli oppositori del regime, percepiti o reali».

Fra oligarchi e uomini forti

Concludendo, quali sono i rapporti tra Putin e gli oligarchi e quali sono, invece, i rapporti tra il presidente russo e i cosiddetti uomini forti del Paese, coloro cioè che hanno condiviso con lui gli anni del KGB o nell’apparato statale sovietico? Chi circonda, davvero, lo zar? «Oramai, molti dei cosiddetti uomini forti dell’élite russa sono diventati a loro volta oligarchi». E ancora: «In generale, le élite russe sono state abili negli anni a nascondere i loro beni all’estero. Parliamo di riserve utili qualora qualcuno di loro volesse scappare. Tuttavia, nessuno dell’élite ha davvero interesse a sfidare la narrazione di Putin. O perché credono in quella narrazione, o perché vogliono evitare l’ira del presidente, o ancora perché non vogliono essere associati al fallimento».

In questo articolo: