La pandemia

Pechino con le spalle al muro

Oltre 32 mila nuovi contagi da coronavirus in Cina, dopo un allentamento della politica anti-COVID del governo di Xi Jinping – Per gli esperti la soluzione sta nella campagna vaccinale, che procede ancora a rilento – Antonio Bertoletti: «Piaccia o meno, il virus è endemico»
La politica del Dragone contro il coronavirus mette a dura prova la popolazione.
Loretta Dalpozzo
26.11.2022 06:00

Quando, due settimane fa, il presidente cinese Xi Jinping è arrivato al vertice del G20 di Bali senza mascherina, non ha soltanto sancito il suo rientro sulla scena internazionale, dopo quasi tre anni di auto-isolamento, ma ha anche dato un segnale di distensione rispetto alla controversa politica di zero-COVID.

Le strette di mano e gli incontri ravvicinati con i leader mondiali sono coincisi con un timido rilassamento delle restrizioni annunciato da Pechino, che includeva quarantene abbreviate e un limite ai tamponi di massa, tanto da cominciare a ipotizzare una riapertura del Paese per la primavera 2023. Una possibilità ora incerta tra nuovi blocchi, chiusure e proteste, in seguito a un’impennata dei contagi e ai primi decessi dopo più di sei mesi.

La Cina sta registrando il numero di casi giornalieri più alto dall’inizio della pandemia. 32.695 nuove infezioni sono state contabilizzate venerdì, contro il record precedente di 28 mila contagi in aprile. Una cifra esigua in un Paese da 1,4 miliardi di persone, in cui sono stati dichiarati soltanto 5.200 decessi da COVID negli ultimi tre anni.

Il vaccino cinese

Molti esperti sono concordi nel dire che l’approccio di Pechino ha salvato centinaia di migliaia di vite, ma la ripetuta estensione delle misure draconiane lascia gli esperti a corto di giustificazioni scientifiche. Quanto accade in Cina è infatti una questione più politica, che sanitaria.

Secondo Antonio Bertoletti, professore di malattie infettive emergenti presso l’Università Duke NUS di Singapore, l’aumento drastico dei contagi in corso in Cina è inevitabile: «Il virus è endemico, che piaccia o meno. Basta che qualcuno inizi a muoversi ed è chiaro che le infezioni salgono».

Ci sono opinioni diverse sulle conseguenze di un abbandono del metodo di tolleranza zero. In mancanza di dati precisi e trasparenti fare ipotesi diventa difficile: «Bisognerebbe veramente capire quanti anziani non sono stati vaccinati. Il farmaco basato su virus inattivato o comunemente detto vaccino cinese, non è terribile come si continua a dire», continua Bertoletti. «Produce meno anticorpi rispetto ai vaccini basati sulla tecnologia a mRNA, ma con le varianti in circolazione i nostri anticorpi coprono poco. Ormai il vaccino protegge dalla malattia, ma non dall’infezione». Secondo il professore, l’antidoto cinese difende dalla malattia grave quanto i vaccini a mRNA. «Induce una buona risposta T cellulare (la cellula T gioca un ruolo importante nel sistema immunitario adattivo) e a Hong Kong è riuscito a bloccare molti casi gravi con un’efficacia simile a quella della vaccinazione a mRNA».

Il parametro più rigoroso per misurare l’effetto del vaccino è la sua capacità di bloccare l’infezione. Se è in grado di farlo, impedirà anche lo sviluppo della malattia e della trasmissione virale. In un recente lavoro di ricerca, Bertoletti ha potuto confermare che il farmaco cinese «stimola una buona risposta, persino migliore dei vaccini a mRNA, perché non riconosce solo la proteina Spike, ma anche altre parti del virus. Oggi, con le varianti che eludono gran parte della protezione anticorpale, i vaccini sono equivalenti».

Gli anziani hanno paura di vaccinarsi, perché inizialmente nel Paese si diceva che il vaccino aveva effetti collaterali e per questo veniva somministrato prima alla popolazione lavorativa attiva
Antonio Bertoletti, professore di malattie infettive emergenti presso l’Università Duke NUS di Singapore

I più vulnerabili

Secondo le stime, in Cina solo la metà delle persone di età superiore agli 80 anni ha ricevuto le vaccinazioni primarie. In sostanza se avessero immunizzato tutti gli anziani, il rischio sarebbe ridotto: «Gli anziani hanno paura di vaccinarsi, perché inizialmente nel Paese si diceva che il vaccino aveva effetti collaterali e per questo veniva somministrato prima alla popolazione lavorativa attiva. Rimane quindi la sfiducia».

Bertoletti confessa che i contatti con molti colleghi cinesi si sono interrotti durante la pandemia, e i pochi con cui riesce ancora a parlare, esprimono pessimismo per una politica che non ha nulla di empirico. «Con la vaccinazione, la popolazione sana, ossia giovani e adulti senza patologie, può stare tranquilla. Le infezioni dopo l’inoculazione non sono così pericolose per queste categorie, anzi, sviluppano una risposta immunitaria più ampia, che è anche presente nelle vie aree e che sembra proteggere meglio da susseguenti infezioni».

Antonio Bertoletti non condivide il processo di eradicazione della COVID-19, ma ritiene giusto che gli individui più vulnerabili ricevano un’ulteriore dose e stiano più attenti. «L’unico modo per uscire gradualmente dalla strategia zero-COVID è di vaccinare tutti», conclude il ricercatore, ma una vera campagna vaccinale non è nemmeno cominciata in Cina.

Per molti osservatori, il governo di Xi è con le spalle al muro, incapace di uscire da una trappola di sua stessa creazione. Una miscela di sfiducia nella scienza e volontà di controllare le libertà personali, potrebbe ritardare il cambiamento di rotta, che solo qualche giorno fa aveva dato speranza.

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