Il bilancio

Cassis: «Il ruolo svizzero? Di primo piano e non solo simbolico»

Ieri pomeriggio il dispositivo di sicurezza a Lugano è stato gradualmente smantellato – Ora è già tempo di guardare al futuro e all’appuntamento del 2023 – «Ottenuti risultati concreti»
Nico Nonella
06.07.2022 06:00

L’inchiostro delle firme sulla Dichiarazione di Lugano è ancora fresco. Siamo a metà pomeriggio di martedì e la parte principale della Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina si è da poco conclusa. Dopo un’ultima seduta «operativa», le delegazioni hanno man mano lasciato Palazzo dei Congressi di Lugano e fuori dalla struttura gli agenti di polizia hanno iniziato a smobilitare il dispositivo di sicurezza allestito per questi due giorni di summit internazionale. Gli ostacoli anti-veicolo in acciaio sono stati riposti mentre i teloni neri che avvolgevano le barriere su viale Carlo Cattaneo sono quasi tutti spariti. Insomma, ci siamo: è tempo sì dei primi bilanci a caldo ma anche – e soprattutto – di guardare oltre. Alla ricostruzione di un Paese tuttora in guerra, a un processo che durerà ancora diversi anni. E non per nulla sono già in agenda altre tre Conferenze: la prossima la ospiterà il Regno Unito, quella successiva, nel 2024, la Germania. E anche l’Estonia ha dato la sua disponibilità a organizzare l’evento nel 2025.

Tre obiettivi

Nell’ultimo point de presse con la stampa nazionale, a Palazzo dei Congressi, il presidente della Confederazione Ignazio Cassis ha stilato un primo bilancio di questi due giorni, prima di passare simbolicamente il testimone al Regno Unito. «Tutti e tre gli obiettivi che ci eravamo prefissati sono stati raggiunti», ha premesso. Partiamo dal primo, ossia mettere tutti i partecipanti d’accordo sui principi da seguire e concludere l’evento con la Dichiarazione di Lugano. Alcune divergenze – ha ammesso il titolare del Dipartimento federale degli affari esteri – ci sono state. Sul tipo di disaccordi, Cassis non si è però sbilanciato. Centrato, come detto, anche il secondo obiettivo, ossia individuare i partner – Paesi, e organizzazioni – interessati ad avere un ruolo attivo nella ricostruzione dell’Ucraina. «Abbiamo notato tanto impegno e tanta determinazione nel mettersi in gioco da parte di tutte le parti coinvolte». Il terzo obiettivo è invece la continuità a questo tipo di azione. E, come detto, tre Paesi si sono già annunciati per ospitare le prossime conferenze.

«Un’immagine positiva»

Guardando invece all’interno dei confini nazionali, quali sono le ricadute positive di questo evento per la Svizzera? Abbiamo girato la domanda al presidente della Confederazione a margine della conferenza stampa. «Essenzialmente di immagine», ha risposto. «La Svizzera ha giocato un ruolo di primo piano nel fare il primo passo per un processo di ricostruzione di un Paese ancora in guerra. Il significato non è solo simbolico ma anche concreto, come peraltro ben sottolineato dall’Unione europea e da tutti gli altri partecipanti, che sono partiti contenti per l’ottima organizzazione, per la logistica e per i contenuti di questa Conferenza», ha risposto. La palla passa ora alla Regno Unito, alla Germania e infine all’Estonia, ma tra una conferenza e l’altra, ha spiegato Cassis ai giornalisti, si terranno «conferenze settoriali e incontri tecnici per far maturare elementi di un piano di ricostruzione molto complesso».

Tutto è filato liscio

Insomma, il presidente della Confederazione si è mostrato molto soddisfatto dai risultati raggiunti. E il fatto che solo cinque organizzazioni internazionali abbiano sottoscritto la Dichiarazione di Lugano non è visto come un insuccesso. «Le motivazioni sono essenzialmente tecniche», ha affermato rispondendo alla domanda di un giornalista in sala. «Un’organizzazione internazionale, come dice il nome, è attiva in più Paesi. Basti pensare alla Banca mondiale: tutti gli Stati membri dovrebbero essere d’accordo con una decisione e questo non è fattibile».

Neutralità e alleati

Resta ovviamente aperta la discussione sulla neutralità elvetica. Un altro giornalista ha fatto notare come le grosse agenzia di stampa internazionali hanno affermato che «a Lugano gli alleati dell’Ucraina si sono messi d’accordo per condannare l’aggressione russa». Ciò significa che la Svizzera, ora, è un Paese alleato di Kiev come lo sono i suoi partner militari? «La Svizzera è alleata dell’Ucraina da più di trent’anni. L’abbiamo supportata nello sviluppo e nelle sue riforme nella misura in cui potevamo farlo. Dunque non militarmente», ha risposto Cassis. Per quanto concerne infine l’ambito cruciale delle relazioni internazionali, il titolare del Dipartimento federale degli affari esteri ha affermato che la Svizzera «è sempre pronta e aperta a una mediazione», anche se – ha ammesso – «la Russia non ci conferirà mai un simile mandato». Attualmente, ha concluso Cassis, «ci troviamo in una fase in cui la diplomazia osserva costa succede. Ci sono momenti più propizi per un cessate il fuoco ma sono difficili da prevedere». E di norma queste “finestre” si aprono quando c’è un sostanziale equilibrio tra le due parti in conflitto».

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