Cinque mosse per dare prospettive a chi vuole lavorare dopo i 65 anni

«L’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni non è realistico al momento». Severin Moser, presidente dell’Unione svizzera degli imprenditori (USI), sa bene che – a poche settimane dal netto «no» popolare all’iniziativa dei Giovani PLR – il tema non si pone neppure. Eppure, in un’intervista rilasciata settimana scorsa al gruppo CHMedia, Moser ha proposto un cambio di paradigma. La popolazione, come visto, al momento non accetterebbe un’imposizione di questo tipo: sarebbe però disposta a procedere per gradi. Una soluzione, questa, che potrebbe risolvere almeno parzialmente alcuni problemi concreti che già oggi preoccupano il mercato del lavoro svizzero, come la forte carenza di manodopera e la perdita di esperienza professionale. Infatti, come ha ribadito Moser, con l’attuale età di riferimento «man mano che esauriremo i lavoratori qualificati a causa della demografia, la crescita economica diminuirà, con tutte le conseguenze negative che ne derivano».
Gli ostacoli principali
L’USI stessa, in collaborazione con Pro Senectute, hanno quindi studiato delle contromisure per aggirare il problema. Come? Proponendo una ridefinizione del quadro giuridico della prosecuzione volontaria dell’attività lavorativa dopo l’età di riferimento attraverso cinque punti. «Lavorare volontariamente oltre l’età di pensionamento è attualmente reso difficile e in alcuni casi addirittura impossibile a causa delle sfavorevoli condizioni quadro», sottolineano in un documento le due organizzazioni. «Nel mondo di oggi, la decisione di continuare a lavorare dopo aver raggiunto i 65 anni di età dovrebbe essere una scelta personale e non un obbligo dettato dalla legge. Il quadro giuridico deve essere strutturato in modo tale da soddisfare le esigenze individuali».
Ridurre le trattenute
La prima proposta riguarda l’aumento della franchigia AVS per gli over 65. Infatti, «attualmente, la franchigia AVS per gli ultrasessantacinquenni è troppo bassa, il che si riflette anche nei numerosi impieghi part-time con un basso grado di occupazione», rilevano USI e Pro Senectute. «Le persone che scelgono di continuare a lavorare devono infatti pagare nuovamente i contributi AVS a partire da un reddito mensile di 1.400 franchi. Queste trattenute sul salario rendono la scelta di continuare a lavorare meno interessante da un punto di vista finanziario». Viene quindi proposto di alzare significativamente la soglia o addirittura eliminarla del tutto. Non solo: le due organizzazioni ricordano che la soglia della franchigia AVS andrebbe alzata in generale, «visto che sono passati oltre due decenni dall’ultima volta che è stata adeguata al carovita».
Maggiori supplementi
La seconda misura che andrebbe adottata va a toccare direttamente la rendita. Già oggi è possibile – proprio in ottica di favorire la prosecuzione dell’attività professionale oltre l’età di pensionamento – ricevere un supplemento per il differimento della riscossione della rendita fino per un massimo di cinque anni, come previsto dalla legge. La proposta dell’Unione svizzera degli imprenditori e di Pro Senectute intende però innalzare i supplementi «in relazione al periodo di differimento». In questo modo, si renderebbe sensibilmente più appetibile rimanere nel mondo del lavoro anche dopo i 65 anni.
Cambiare il paradigma
La terza proposta va a incidere sul modello stesso di carriera lavorativa. «Le carriere professionali sono ancora spesso intese in un contesto tradizionale: un andamento lineare della carriera e un’uscita improvvisa dalla vita lavorativa al raggiungimento dell’età di riferimento», evidenzia il documento. Un’idea di carriera classica ma che in un contesto lavorativo in continua evoluzione «risulta poco flessibile e superata per un numero sempre maggiore di persone». In questo senso, sarebbe preferibile una carriera «ad arco». «L’idea alla base è che i collaboratori più anziani riducano il loro grado d’occupazione e rinuncino ad alcune responsabilità manageriali, ma siano disposti a continuare a lavorare più a lungo, idealmente oltre l’età di riferimento». Un approccio dunque flessibile, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori più anziani. «È un’opportunità di adattare la carriera alle proprie esigenze».
Più formazione
Il pacchetto contenuto nel documento ha un occhio di riguardo anche per la formazione continua. «Nel mondo del lavoro è importante tenere il passo degli sviluppi in atto», viene spiegato. «L’apprendimento continuo (detto anche lifelong learning) svolge un ruolo decisivo in questo contesto. Non solo consente alle persone che lavorano di adattarsi al profilo delle esigenze in continuo mutamento, ma rafforza anche la loro flessibilità e adattabilità generali in vista di cambiamenti futuri». Va da sé che la responsabilità dell’apprendimento continuo spetta sia ai dipendenti sia al datore di lavoro.
Parlarsi per pianificare meglio
Un aspetto importante è anche quello dell’analisi periodica. Come ultimo punto, infatti, le due organizzazioni puntano su incontri di lavoro fra dipendenti e responsabili. «Un’analisi periodica della situazione del momento svolge un ruolo chiave, soprattutto nei rapporti di lavoro con le persone più anziane», sottolineano. «Rafforza il rapporto di lavoro e consente a datori di lavoro e dipendenti di parlare apertamente di piani futuri, potenziali di sviluppo, esigenze e aspettative reciproche. Questo scambio periodico è una condizione fondamentale per provare soddisfazione sul lavoro». In questo senso, «un brusco passaggio dalla vita lavorativa alla pensione può essere un cambiamento importante e improvviso per le persone interessate. È possibile preparare nel migliore dei modi questo passaggio alla fase successiva della vita attraverso colloqui periodici, che includono anche la possibilità di proseguire l’attività lavorativa oltre l’età di riferimento».