Forti aumenti termici d'estate: «Torniamo a vivere nelle valli»

Vivere in montagna. O meglio, Salire in montagna, dal titolo dell’ultimo libro di Luca Mercalli che descrive la sua scelta di vita, quella dell’acquisto e della ristrutturazione di una casa del 1700, semi distrutta dal tempo ma collocata molto più in alto rispetto alla sua attuale abitazione. È a Vazon, nelle vicinanze di Oulx, in Valle di Susa. La spinta per questa scelta, oltre all’amore per le montagne condiviso con la moglie, viene subito indicata nella necessità per tutti di abitare, nei prossimi anni, in fasce climatiche che risentano meno del progredire del riscaldamento climatico. «La nostra scelta è stata dettata soprattutto da una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, una migrazione verticale programmata in vista degli scenari di forte aumento termico estivo che toccheranno nei prossimi anni le zone di pianura», ci dice il meteorologo, studioso di scienze della montagna e profondo conoscitore e gran divulgatore delle questioni legate al cambiamento climatico.
Esperienza concreta
Nel suo libro (edito da Einaudi 2020, pp. 208, 17,50 euro) vi è poi un secondo filone relativo a eventi di portata storica e ad approfondimenti culturali che fanno emergere molti altri aspetti della vita alpina. Ma, chiediamo, è veramente possibile «rivivere» la montagna nel Terzo Millennio? E come? «Ovvio, come ho fatto io e ho voluto dimostrarlo raccontando un'esperienza concreta. Il telelavoro aiuta a rivivere la montagna, permettendo di esercitare professioni che un tempo potevano svolgersi solo in città e le nuove pratiche di ristrutturazione ad alta efficienza energetica (tipo Minergie) permettono di avere bassissimi costi di riscaldamento invernale abbattendo anche le emissioni di gas serra», ci spiega. Mercalli racconterà la sua esperienza ad Aurigeno in una conferenza organizzata dall’Antenna Vallemaggia giovedì 31 marzo dalle 20.15 nel centro scolastico dei Ronchini. «Le montagne, con la loro frescura, sono a due passi dai centri e offrono nuove possibilità di essere riabitate; e ciò attraverso il recupero di villaggi abbandonati con tecniche di bioarchitettura rispettose del paesaggio, ma all’altezza delle necessità di agio e connettività per poterci vivere e lavorare. Per salvarci dall’emergenza climatica, ridare spazio alla contemplazione di ciò che resta della natura e (ri)assegnare un futuro alle zone discoste», spiega.
Gli aspetti burocratici
Ma «Salire in montagna» può essere anche faticoso, non tanto per le asperità dei sentieri quanto per gli ostacoli burocratici – in Italia, certo, ma non di rado anche in Svizzera - che spesso si frappongono al desiderio di libertà e natura. Mercalli racconta il frenetico periodo di progetti, contatti con architetti e artigiani, preventivi e piani di lavoro che occupano oltre un anno ma che permettono anche all’autore di sperimentare di persona tutti gli ostacoli che le burocrazie e i regolamenti frappongono ai tentati di recupero e restauro di preziosi edifici antichi, perché in realtà sono stati concepiti per favorire i nuovi edifici moderni, basati sul cemento, ma che non tengono in alcun conto il rispetto dell’ambiente sociale e del contesto naturale. «Anche la fase dell’inizio dei lavori non è stata una passeggiata – racconta il meteorologo e divulgatore - perché gli artigiani e gli operai più esperti e che sanno applicare le regole antiche, erano difficilmente reperibili e chiedevano continuamente di rispettare i loro tempi».
Tutela del paesaggio
Questa esperienza conferma l’opinione di Mercalli che si debba adottare una politica edilizia specifica per tutte le aree abitate di montagna, per salvaguardare le preesistenze senza deturpare il paesaggio e per conservare atmosfere e tradizioni senza arrecare disagi ad abitanti e visitatori. Il libro sarebbe quindi di grande utilità anche per enti locali e regionali e per i legislatori nazionali. La conferenza di giovedì è aperta a tutti, Soprattutto ad amministratori e politici che possono ricevere ulteriori stimoli e suggestioni nel pianificare interventi di tutela del paesaggio e dei borghi alpini. «Le montagne sono a due passi e offrono nuove possibilità di essere riabitate; e ciò attraverso il recupero di borgate abbandonate con tecniche di bioedilizia rispettose del paesaggio, ma all’altezza delle necessità di agio e di connettività per poterci vivere e lavorare», conclude.