Storia locale

Il destino ticinese dei «figli degli ospedali» esplorato in un libro

Un volume promosso dall’Archivio audiovisivo Capriasca e Val Colla getta luce su un grande e poco studiato fenomeno del nostro Ottocento: i «trovatelli» abbandonati a Como e Milano che venivano affidati a famiglie ticinesi - Sarà presentato il 13 dicembre
Segnale di riconoscimento rinvenuto nella cesta  tra gli effetti della trovatella Carolina Vittoria C. : mezza carta da gioco.  ©Archivio della Provincia di Como, fondo esposti, busta 62 – anno 1858 – fascicolo 117
Federico Storni
02.12.2025 06:00

Il fenomeno del «contrabbando» di bambini dal Ticino al Norditalia, soprattutto agli ospedali di Como e Milano - è noto e ben documentato. Soprattutto nell’Ottocento si sviluppò una rete collaudata che permetteva alle famiglie di abbandonare i propri figli se non avevano i mezzi per sostenerli. Abbandoni non per forza intesi come definitivi, tant’é che sovente sul bambino veniva messa una carta da gioco o un santino strappati, con l’altra metà che restava ai genitori, nella speranza di un futuro ricongiungimento. E se molto si sa dei modi e dei motivi dell’abbandono e della consegna alle ruote degli esposti, meno si sa di che ne è stato di quei bambini in seguito. A gettare luce su quest’aspetto giunge ora un prezioso volume a cura dell’Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla (ACVC) scritto dallo storico ed esperto del tema Rolando Fasana, dal titolo Per antica consuetudine - Figli dell’ospedale e famiglie affidatarie nelle prealpi di confine tra Lombardia e Svizzera italiana. Capriasca e Val Colla nei secoli XVIII-XIX. Volume che verrà presentato a Tesserete il prossimo sabato 13 dicembre (si veda il box a lato per i dettagli).

Qualche numero del fenomeno

Documento conservato all’interno del fascicolo di un’esposta dell’Ospedale di Como data in affido a Scareglia in cui si legge: il Giorno 7 giugno 1858 / per il nome del santo battesimo desidero di metter primina. Allegata al desiderio della madre del neonato abbandonato si conserva la metà di una carta; l’altra metà era conservata dalla madre che, nel caso vi fosse stato un ricongiungimento, avrebbe potuto così riconoscere con certezza la figlia abbandonata. ©Archivio della Provincia di Como, Fondo Esposti, busta 63 – anno 1858 – fascicolo 142
Documento conservato all’interno del fascicolo di un’esposta dell’Ospedale di Como data in affido a Scareglia in cui si legge: il Giorno 7 giugno 1858 / per il nome del santo battesimo desidero di metter primina. Allegata al desiderio della madre del neonato abbandonato si conserva la metà di una carta; l’altra metà era conservata dalla madre che, nel caso vi fosse stato un ricongiungimento, avrebbe potuto così riconoscere con certezza la figlia abbandonata. ©Archivio della Provincia di Como, Fondo Esposti, busta 63 – anno 1858 – fascicolo 142

La pubblicazione, ci spiega Nicola Arigoni, presidente dell’Associazione memoria audiovisiva di Capriasca e Val Colla, nasce dalle interviste svolte negli anni dall’ACVC agli anziani della Capriasca e della Val Colla, da cui emergeva nelle storie di molti informatori una nonna che veniva da Como: «Ci aveva sempre incuriosito capire la portata dell’affido dei trovatelli nella nostra regione, e abbiamo infine deciso di approfondire la questione. Già dopo una prima consultazione dei Registri della popolazione sono emersi 65 affidi nei soli paesi di Bogno, Certara, Scareglia e Colla tra il 1820 e il 1910, provenienti dai brefotrofi di Como e Milano (ndr: brefotrofio è il nome dato agli istituti dove si allevano i neonati illegittimi o abbandonati). Ma il fenomeno tocca tutto il Ticino, con 2.336 esposti affidati a famiglie ticinesi solo fra il 1873 e il 1885». Fra di essi vi erano sicuramente anche «trovatelli» ticinesi abbandonati a Como e Milano e rientrati così nel cantone, magari a pochi paesi di distanza dal loro luogo di nascita. Quanto ai motivi di questa pratica che ha coinvolto molte famiglie, per ora vi sono solo ipotesi. Potrebbe aver concorso, spiega Arigoni, il fatto che gli ospedali italiani sostenevano economicamente le famiglie affidatarie. In tal senso fra le parti veniva firmato un vero e proprio «contratto di allevamento esterno» e l’ospedale chiedeva aggiornamenti al Comune in cui finivano i trovatelli per assicurarsi che fossero ben trattati e ben educati. In tal senso, tra l’altro, è forse più corretto parlare di «trovatelle», perché questo era un percorso destinato alle sole donne: «In quel periodo in Lombardia ai maschi era fatto divieto di lasciare la patria per questioni di leva militare», ricorda Arigoni.

Cosa c’è nel libro

Per la pubblicazione l’ACVC ha quindi coinvolto Rolando Fasana, data la sua esperienza sul tema maturata nell’ambito del Laboratorio di storia delle Alpi dell’USI, che ne fanno uno dei maggiori esperti, con pubblicazioni pregresse sull’argomento (su tutte: Bambini abbandonati, confini e perdute identità, NodoLibri, 2020). Oltre a quanto già accennato, nel nuovo libro che verrà presentato sabato si troverà un inquadramento storico del fenomeno, una spiegazione delle procedure per dare a balia un bambino «da latte» o «da pane» (dunque già svezzato), un’analisi dei «contratti d’allevamento», e una manciata di casi di studio: tramite fonti archivistiche, Fasana è riuscito ad approfondire e ricostruire la storia di alcune bambine finite, e poi rimaste, in Val Colla e Alta Capriasca.

Presentazione il 13 dicembre

La copertina.
La copertina.

Il libro di Rolando Fasana verrà presentato pubblicamente nell’Aula magna delle Scuole medie di Tesserete sabato 13 dicembre alle 17.30. Per l’occasione il volume potrà essere acquistato in loco al prezzo speciale di 20 franchi. Oltre all’autore, interverranno nel corso della presentazione Nicola Arigoni, il poeta e critico letterario Fabio Pusterla (autore della prefazione al libro) e Sandro Guzzi-Heeb, storico dell’Università di Losanna che si occupa di storia della famiglia e di storia sociale.