Processo

Il finto domicilio in Ticino per truffare lo Stato

Due anni (sospesi) a una 47.enne che, nell’arco di quasi 15 anni, ha percepito indebitamente quasi 600.000 franchi di aiuti sociali – La donna risiedeva infatti in una casa di proprietà in Italia, ma per ottenere le prestazioni fingeva di vivere nel nostro cantone
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Stefano Lippmann
19.08.2022 18:50

Le luci della cucina erano accese, sia di giorno che di notte. L’auto era regolarmente parcheggiata nello stallo antistante l’appartamento di Mendrisio. Non mancavano nemmeno le visite allo sportello LAPS (ufficio che, in estrema sintesi, si occupa di gestire le prestazioni sociali). Tutto normale, verrebbe da dire. Peccato che, in realtà, era tutta una messa in scena architettata per continuare a percepire gli aiuti dallo Stato. Insomma, una vera e propria truffa. Un sistema che è funzionato per anni, ma solo fino a quando i funzionari dell’Istituto delle assicurazioni sociali hanno notato che qualcosa non tornava. E così, il 30 aprile dello scorso anno, il castello di menzogne è caduto e questa mattina l’artefice del raggiro – una 47.enne svizzera, madre di tre figli – è stata chiamata a fare i conti con la giustizia. In procedura di rito abbreviato la donna – difesa dall’avvocato d’ufficio Nicoletta Amendolara – è stata condannata per il reato di truffa aggravata a una pena detentiva di due anni, sospesa per un periodo di prova della stessa durata.

Aiuti svizzeri, casa in Italia

L’inchiesta coordinata dal procuratore pubblico Daniele Galliano ha permesso di ricostruire che la donna, dal 2008 allo scorso anno, ha ingannato con astuzia la Cassa cantonale di compensazione, l’Ufficio Assicurazione invalidità e l’Ufficio del sostegno sociale dell’inserimento per un totale di quasi 600.000 franchi. Una somma che verosimilmente sarebbe lievitata ulteriormente se non fosse entrata in gioco la prescrizione (che per questo genere di reato è di 15 anni).

Tutto è cominciato nel 1997 quando la donna ha acquistato un appartamento di cinque locali e mezzo a Cantello, a pochi passi dal confine. Abitazione nella quale decide di trasferirsi nel 2002 ma, per permettere ai figli di poter continuare a frequentare le scuole svizzere affitta, per 150 franchi al mese, una stanza di un appartamento a Stabio.

Oltre alle scuole, però, la 47.enne, come detto, fa capo agli aiuti sociali erogati dal Cantone. E, nel 2004, si aggiunge anche la rendita straordinaria d’invalidità per la figlia maggiore, vittima di un incidente della circolazione. Entrate che portano a un’ulteriore acquisizione immobiliare. Come si legge nell’atto d’accusa, infatti, nel 2006 anche la figlia – «grazie ai soldi dello Stato», riporta il procuratore pubblico nel documento – diventa proprietaria di un immobile. Dove? A Cantello, in Italia.

Stabio si accorge

Tutto funziona fino al 2014, quando il Comune di Stabio si accorge che la signora non la racconta giusta. L’autorità comunale, una volta verificato che la donna risiede permanentemente all’estero, la stralcia dalle persone domiciliate (decisione confermata anche dal Consiglio di Stato dopo il ricorso della 47.enne). Una decisione che, di riflesso, porta all’interruzione dell’erogazione delle prestazioni assistenziali. Fine dei giochi? No, perché la donna, il primo ottobre del 2015, stipula un contratto d’affitto per un appartamento a Maroggia, pagando una pigione di 1.100 franchi «conteggiati nelle prestazioni complementari della figlia». Così facendo segnala ai competenti uffici il nuovo domicilio e, nel 2016, vengono ripristinati i diritti alle prestazioni. Un modus operandi che viene ripetuto anche a ottobre 2016 – prendendo in locazione un appartamento a Brusino Arsizio – e nel 2018, affittando uno spazio abitativo a Mendrisio. Ed è proprio a Mendrisio che, seppur tentando di eludere i controlli di polizia con i metodi descritti all’inizio, viene scoperta. Da qui, dunque, l’inchiesta e la relativa condanna pronunciata oggi dal presidente della Corte delle assise correzionali Marco Villa il quale, nel leggere il dispositivo della sentenza, ha augurato alla donna di «riuscire a sbarcare il lunario senza cadere nuovamente in questi errori».

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