Il caso

L'alleanza fra le valli e il Barbarossa

Esattamente 840 anni fa fu suggellato il Patto di Torre fra bleniesi e leventinesi contro l'aristocrazia locale – Un accordo che ha favorito l'autonomia comunale e non solo
Alan Del Don
31.03.2022 06:00

Due valli in cerca di rilancio, oggi. Due valli che nel Medioevo, invece, scrissero una pagina indelebile nella storia non solo ticinese. Gli abitanti di Blenio e Leventina esattamente 840 anni fa suggellarono il Patto di Torre, un’alleanza contro la nobiltà in un’Europa in cui imperversava Federico Barbarossa, imperatore del Sacro romano impero, che vent’anni prima (il 10 marzo 1162) aveva conquistato Milano dopo un lungo assedio. Un atto, insomma, che andava ben oltre l’aspetto notarile, se si vuole, ma che ha gettato le basi dell’ordinamento giuridico e dell’organizzazione politica, economica e sociale delle comunità interessate. Che giurarono fedeltà vicendevolmente e non al «signorotto» di turno tipico del feudalesimo, benché l’azione fu sostenuta dall’arciprete di Monza e canonico del duomo milanese Oberto Terzago.

Il soggiorno dell'imperatore

«L’accordo fra il titolare del dominio e i vallerani contro la più potente famiglia dell’aristocrazia locale bleniese si stabiliva in virtù di interessi comuni o comunque non contrastanti: combattere i pretendenti dell’avvocazia imperiale, sminuire la loro posizione nelle istituzioni feudali e comunali, limitare il loro potere basato sul possesso fondiario e su altre prerogative signorili», osservava Lothar Deplazes (studioso al Centro di ricerca per la storia e l’onomastica ticinese dell’Università di Zurigo) nel fascicolo commemorativo pubblicato nel 1981. Il Patto si suddivide in due distinte parti, per altrettanti punti focali. Nei primi due si definisce l’alleanza militare fra bleniesi e leventinesi che si impegnano - salvo ordine contrario dell’arciprete - ad espugnare il castello di Curterio (che ha dato il nome a Torre, prima Comune e ora frazione di Blenio), costruito sul colle di Ingerio da Alcherio da Torre, avogadro della Valle di Blenio. Una regione, quest’ultima, che era «feudo» di Barbarossa con l’obiettivo di proteggere il versante meridionale del Passo del Lucomagno. Dopo aver conquistato il maniero di Serravalle in cui lo stesso imperatore soggiornò per quattro giorni, il fortilizio fu distrutto nel 1176 dai milanesi, freschi trionfatori nella battaglia di Legnano. Dopo la disfatta il figlio di Alcherio, Artusio, nel 1182 si trincerò nella roccaforte di Curterio. Sotto la cui torre, appunto, in febbraio fu ratificato l’atto, voluto anche per impedire la costruzione di altri castelli.

L’esclusione da tutte le cariche

Nella seconda parte del Patto (tramandato grazie ad una copia risalente al 1230) si trovano i punti riguardanti esclusivamente i bleniesi. Da un lato si pone un ultimatum ad Artusio, ossia di consegnare il maniero all’arciprete e ai vallerani, pena l’esclusione del nobile, di suo fratello e dei futuri discendenti dalle cariche di avogadro, giudice e notaio; mentre dall’altro si afferma che non potrà mai essere nominato alla presidenza del tribunale qualcuno che risieda in valle. Un effetto immediato dell’alleanza, rilevava Deplazes, «non è attestato. Non sappiamo se il castello di Curterio sia stato assediato, conquistato e distrutto o consegnato entro la prima domenica dopo il Patto. Nella ricca documentazione storica che inizia nel 1188 non troviamo il minimo accenno al castello, ad esempio come luogo in cui si stabilivano i negozi giuridici documentati, il che farebbe supporre che il castello sia stato distrutto». Da notare che attorno alla metà del 1200 è assodata per contro l’edificazione a Torre della chiesa di San Salvatore; oggi, sulla collina di Ingerio, dove sorgeva il fortilizio, troviamo l’oratorio di San Salvatore, che ha visto la luce tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento.

Un evento rilevante

Il fine osservatore Lothar Deplazes concludeva la sua analisi, quarant’anni fa, annotando che «l’atto testimonia un avvenimento che ha contribuito a consolidare e sviluppare maggiormente l’autonomia comunale nelle Tre Valli ambrosiane e soprattutto nella Valle di Blenio (...). Nella ricerca sul Patto di Torre dall’inizio del nostro secolo si rispecchiano momenti essenziali dello sviluppo della storiografia ticinese».

La struttura

«In Christi nomine. Anno Domini millesimo centesimo LXXXII, mense februarii, indicione XV». Inizia così il Patto di Torre, con l’invocazione verbale e la data con l’indicazione dell’anno (1182) ed il mese (febbraio). La struttura prevede in seguito la disposizione dell’azione giuridica e i due capoversi, contraddistinti da altrettanti parti. Dopo la formula convenzionale e la clausola di validità perpetua, si indicano il luogo e la sottoscrizione del notaio.

«Belegni et Leventine»

«Hoc factum fuit ex precepto domini O. archipresbiteri (...) silicet Belegni et Leventine». L’accordo sottoscritto a Torre fu voluto sì dai bleniesi e dai leventinesi, ma fu caldeggiato dall’arciprete di Monza e canonico del duomo di Milano Oberto Terzago, che figura sempre solo con l’iniziale «O».