Raffaele De Rosa: «La mascherina è efficace, lo dice la comunità scientifica»

Domani il Governo torna a riunirsi: tra i temi sul tavolo c’è quello della mascherina e di una possibile estensione dell’obbligo. Il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità si dice sempre più convinto dell’utilità di questo mezzo di protezione. Intanto Berna ha dato la competenza sulle misure ai Cantoni, ma poi da Palazzo federale arrivano puntuali raccomandazioni. Non sempre la situazione è chiara. Ne abbiamo parlato con il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Raffaele De Rosa.
Nel cantone il numero dei casi rimane contenuto e ieri siamo tornati al doppio zero. A questo punto si può dire «bravi ticinesi»?
«Il nostro Cantone ha attraversato, tra fine febbraio e inizio giugno, una fase estremamente difficile che ha saputo superare grazie all’impegno di tutti e al senso di responsabilità, individuale e collettiva, dei cittadini. Questo elevato senso di responsabilità ha accompagnato i diversi allentamenti. Quanto appreso nella fase acuta è diventato parte integrante della nostra quotidianità. L’arrivo dell’estate ha portato con se una comprensibile voglia di evasione e un aumento della mobilità. Questo si è tradotto in nuovi contagi che hanno indotto l’autorità ad adottare nuovi e tempestivi provvedimenti che ad oggi si rivelano efficaci e, per ora, permettono di mantenere il numero di nuovi casi tutto sommato contenuto. In questo contesto è fondamentale continuare a fare appello al quel senso di responsabilità citato poc’anzi e a mantenere alta la guardia».
Oltre San Gottardo, per contro, ci sono cantoni che fanno registrare un incremento massiccio dei casi positivi. Qual è la sua lettura del fenomeno?
«È molto difficile esprimersi sulla situazione specifica di altri cantoni, perché il quadro epidemiologico è molto differenziato tra le regioni e perché non disponiamo di tutti gli elementi per formulare un giudizio preciso con cognizione di causa».
Al Corriere del Ticino il consigliere federale Alan Berset ha ribadito che nell’adozione delle misure la palla è nelle mani dei Cantoni. Ma i Cantoni sono pronti e hanno tutti i mezzi per essere tanto indipendenti?
«Il quadro normativo è abbastanza complesso: la legge sulle epidemie (LEp) è relativamente nuova e la “situazione particolare” ai sensi della LEp è una forma ibrida nella ripartizione delle competenze che presenta anche qualche controindicazione. Questa situazione intermedia non consente sempre di delineare chiaramente i confini di responsabilità tra Confederazione e Cantoni».
Poi però, puntualmente, giungono delle raccomandazioni da Berna su cosa fare o non fare. Sono suggerimenti o, fondamentalmente, forme di pressione mascherate?
«Pur riconoscendo che la situazione è piuttosto complessa e intricata, è vero che queste raccomandazioni non sono di facile lettura. Prendiamo l’esempio dell’obbligo di utilizzo delle mascherine sul trasporto pubblico: per evitare una situazione a macchia di leopardo, a un certo punto Berna ha deciso di intervenire. D’altro canto stabilisce, tramite Ordinanza nel settore del traffico internazionale viaggiatori, l’obbligo di quarantena per chi rientra da uno dei Paesi a rischio. Ma poi demanda ai Cantoni la sua attuazione pratica, allorquando il tema dei controlli alle frontiere è e rimane di competenza federale».
A proposto di mascherine, lei è sempre stato un sostenitore di questo mezzo di protezione. Come ha vissuto la fase in cui dalla Confederazione non giungevano gli inviti che arrivano ora per una maggiore diffusione del loro uso?
«Su questo tema la comunicazione è stata poco chiara e talvolta a geometria variabile. Non nascondo di aver vissuto anche una certa frustrazione su un tema così importante per la protezione della nostra popolazione. Osservo nel frattempo che la comunità scientifica ha prodotto le necessarie evidenze che oggi ci consentono di affermare che le mascherine proteggono anche noi stessi, oltre che gli altri».
Oggi le mascherine sono obbligatorie sui mezzi pubblici e per il personale della ristorazione. Senza esitare lei si è detto personalmente favorevole all’estensione di questo obbligo anche per chi frequenta i commerci del Ticino. È ancora di questo avviso?
«Sì. E lo sono a maggior ragione oggi che la comunità scientifica ha attestato l’efficacia di questo dispositivo di protezione. Ci tengo tuttavia a ricordare che la mascherina va indossata in maniera adeguata e che il suo utilizzo non deve indurci a dimenticare le misure di igiene accresciuta e di distanziamento sociale».
Non è un segreto, il Consiglio di Stato sarà chiamato a determinarsi su questo aspetto nella seduta di domani. Su un aspetto tanto sensibile e fortemente emotivo a suo avviso occorrerà una posizione unanime o basterà anche una decisione a maggioranza?
«Il tema dell’uso della mascherina è già stato discusso dal Consiglio di Stato che ha deciso di renderla obbligatoria per il personale di servizio del settore della ristorazione, limitandosi ad una raccomandazione del suo utilizzo nel settore del commercio formalizzato attraverso l’invio di una lettera a DISTI e Federcommercio verso metà luglio. Come ogni misura, non è tanto importante se questa viene decisa all’unanimità o a maggioranza da parte del Governo, quanto piuttosto che la stessa sia ben compresa dalla popolazione che è chiamata ad adottarla e rispettarla».
In questo periodo si parla tanto di responsabilità individuale. Qual è la sua declinazione di questo concetto tanto abusato?
«Come espresso da diversi epidemiologi, il coronavirus non ha gambe, ma le gambe del virus siamo noi. Quindi sta a noi decidere e scegliere come comportarci. In questo senso, la campagna di informazione e sensibilizzazione che il DSS sta promuovendo in questa fase richiama i cittadini alla prudenza, evitando i comportamenti a rischio».
A breve il Consiglio di Stato dovrà anche decidere in che forma riprenderà la scuola il prossimo 31 agosto. Quanto faranno gli altri Cantoni (c’è che ripartirà già lunedì prossimo) servirà per supportare la vostra valutazione, oppure no?
«L’osservazione delle scelte in materia scolastica di altri Cantoni così come dei Paesi limitrofi è seguita da vicino anche dal medico cantonale e rientra negli elementi di monitoraggio dell’evoluzione epidemiologica. Ciò premesso, per quanto attiene alla scuola ticinese, le decisioni si baseranno sulla situazione specifica del nostro Cantone, come del resto accade per tutte le misure che vengono adottate».
Nella fase calda della pandemia la collaborazione pubblico-privato nella sanità è stato fiore all’occhiello per il Ticino. Poi si è vista qualche crepa e ora alle cliniche private è stato negato il ricorso al lavoro ridotto, mentre le strutture dell’EOC avranno la copertura del Cantone. Vede qualche problema?
«Sono dell’opinione che il lavoro ridotto dovrebbe essere riconosciuto a tutte le strutture, ovviamente là dove giustificato e comprovato. Un ulteriore problema è rappresentato dal fatto che tutte le strutture ospedaliere hanno subito delle perdite a seguito del divieto, imposto dal Consiglio federale, di svolgere interventi, terapie e trattamenti non urgenti nel periodo tra marzo e aprile. Ritengo che un indennizzo da parte della Confederazione sia non solo auspicato, ma anche dovuto».
Come sta vivendo questa estate un po’ anomala?
«La situazione epidemiologica rimane fluida ed è necessario continuare a mantenere alta l’attenzione. Per questo, io e i miei collaboratori dedichiamo a questo dossier molta energia. L’auspicio è di continuare con la politica dei piccoli passi, adottando quando necessario, e al momento giusto, delle misure adeguate, efficaci e proporzionate. Un impegno che porteremo avanti anche nelle prossime settimane».