Lugano

«Un allievo può amare e sbagliare, un docente deve sapersi fermare»

Il caso del direttore delle medie di Lugano fa riflettere - Con uno psicoterapeuta analizziamo due situazioni in cui potrebbero trovarsi anche altri docenti
Giuliano Gasperi
05.10.2022 06:00

Torniamo sulla vicenda del direttore delle medie arrestato per aver avuto rapporti sessuali con una sua allieva, ma da un altro punto di vista. Pierre Kahn, psicoterapeuta di Mendrisio, alcuni anni fa ha rilasciato un’intervista a Scuola ticinese – rivista gestita dal DECS e inviata ai docenti – intitolata «La giusta distanza nel rapporto docente-allievo». È un tema che si collega al caso di Lugano, ma non solo: fa riflettere in generale sul ruolo degli insegnanti oggi e sulle situazioni in cui potrebbero trovarsi.

Dottor Kahn, se fra docente e allieva, o allievo, si crea un rapporto di confidenza, il primo può avere un ascendente emotivo importante sui secondi. Pensa che il sistema scuola possa fare qualcosa affinché gli insegnanti non abusino di questo potere e oltrepassino i confini di una normale relazione con i loro allievi? Oppure l’unica difesa è il senso di responsabilità che dovrebbe avere ogni docente?
«Un buon rapporto fra docente e allievo, senza voler parlare subito di confidenza, è auspicabile: significa che non esistono solo due ruoli, ma due essere umani che si relazionano e non si scambiano solo nozioni e cultura. A volte, però, vedendo un adulto gentile, comprensivo e sensibile, l’allievo va oltre il ruolo istituzionale definito e si avvicina alla persona. Lo sguardo del docente, però, deve essere sempre diverso. Può vedere qualcosa di speciale nel suo allievo, ad esempio una mente brillante, ma deve sempre percepirlo come uno studente. Cosa può fare la scuola? Ci sono ruoli definiti dalla cornice istituzionale che implicano determinati comportamenti, e questo dovrebbe bastare per evitare situazioni ambigue. Esiste poi un codice etico, e la responsabilità di rispettarlo è al cento per cento dell’adulto. L’allievo è un ‘essere in divenire’ e deve poter sbagliare. La scuola eventualmente potrebbe mettere queste regole morali nero su bianco nel contratto di assunzione degli insegnanti, per renderli ancora più attenti».

Se lo stimolo a varcare il confine viene dall’allievo, come deve comportarsi il docente?
«Le infatuazioni dei preadolescenti o adolescenti nei confronti di un adulto sono sempre esistite e continueranno ad esistere. Non è un sentimento da reprimere, ma da gestire. L’insegnante lo deve accogliere e non ferire l’allievo, ma allo stesso tempo ricontestualizzare subito il tutto nel rispetto dei ruoli, delle età e dell’impossibilità di materializzare tale slancio da parte dello studente».

E se invece è l’insegnante ad accorgersi, in tempo, di essere lui ad avere un ruolo più attivo nella relazione ambigua?
«Se si rende conto di essere attratto da un’allieva o un allievo (e non per forza con meno di sedici anni, perché se avviene in un contesto formativo è comunque fuori luogo) il docente deve chiedersi prima di tutto il perché prova questa sensazione anomala, disfunzionale, e mettere in atto tutti gli strumenti per non alimentarla. Parlare con uno specialista o anche con un collega, ad esempio, potrebbe aiutarlo a riflettere e a ristabilire una distanza di sicurezza».

Se in questi casi il docente parla di relazione amorosa, è un amore mal riposto. Amare vuol dire voler bene all’altro. E se un docente vuole bene a una sua allieva, deve essere capace di mettersi al suo posto e immaginare che impatto avrà su di lei

Per capire più a fondo e andare oltre i facili giudizi, proviamo a metterci nei panni di un docente che si sente attratto da una propria allieva nonostante lei non abbia ancora sedici anni, cioè l’età minima fissata dalla legge. È un sentimento naturale? Si può chiamare amore?
«Non mi sembra per niente naturale. Se in questi casi il docente parla di relazione amorosa, è un amore mal riposto. Amare vuol dire voler bene all’altro. E se un docente vuole bene a una sua allieva, deve essere capace di mettersi al suo posto e immaginare che impatto avrà su di lei, da ogni punto di vista, quello che sta succedendo. Se si fa questa domanda con sincerità, reprimerà un impulso che a mio avviso è egoistico, e non passerà in alcun modo all’azione».

Che ruolo possono o dovrebbero avere, in situazioni simili, i compagni di classe, gli altri docenti della scuola e i genitori?
«I genitori, come sempre, devono osservare e dialogare coi figli. Anche i compagni possono aiutare, se vedono delle cose o ricevono delle confidenze. Lo stesso discorso vale per i colleghi di un docente. Chi è in una situazione simile, che sia un docente o un allievo, va aiutato osservare le cose da un’altra prospettiva, nel modo più distaccato possibile, proprio per uscire da una dimensione puramente emotiva e istintiva nella quale fa più fatica a districarsi».

E se invece è solo? L’amore, o il sentimento che si presume sia amore, può far perdere lucidità anche alle persone più equilibrate, sagge e di elevata moralità. Chi non lo è e cade in errore può essere considerato anch’egli una vittima (di se stesso)?
«Mi sembra difficile la perdita completa di lucidità da parte di un adulto, se parliamo di una relazione amorosa che si estende nel tempo. Posso capire se ciò accadesse a un allievo o un’allieva, che alla fine poi, magari, si accorgerebbe che in realtà non voleva andare fino in fondo. Se succedesse a un docente, mi chiederei se non esistono elementi di spiegazione legati alla sua storia personale, a qualcosa che non ha elaborato dentro di sé. Questo, però, ci darebbe solo una maggior comprensione, non una giustificazione plausibile. Anche perché si rischierebbe di scadere in ragionamenti come ‘portava sempre la minigonna…’, che sono fuorvianti e inaccettabili. Il freno deve esserci indipendentemente da quello che fa l’altro, soprattutto se l’altro è un adolescente più o meno consapevole delle proprie azioni».

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