Ventisei cantoni

Gli Alemannici dettano legge

La democrazia partecipativa svizzera è abituata a risultati molto serrati come quello che domenica scorsa ha visto prevalere per soli 32.000 voti il sì alla riforma dell’AVS
Moreno Bernasconi
27.09.2022 06:00

La democrazia partecipativa svizzera è abituata a risultati molto serrati come quello che domenica scorsa ha visto prevalere per soli 32.000 voti il sì alla riforma dell’AVS. Si pensi al rifiuto dello Spazio economico europeo (con uno scarto di 23.000 voti) o recentemente a quello favorevole agli aerei da combattimento (per 8.500 voti). Siamo anche abituati a che Svizzera latina e Svizzera tedesca siano muro contro muro. In particolare nella politica sociale, sulla quale Romandia e Ticino hanno spesso votato per una tutela statale più accentuata. Sull’Europa il Cantone Ticino si è smarcato dal blocco romando, ma sul sociale tende a votare come i cugini svizzeri francesi. Ciò detto, l’ampiezza della forchetta fra i sì e i no che divide latini e alemannici su un pilastro fondamentale come l’AVS è il segnale di una frattura profonda. Che esprime una radicata divergenza ideologico-culturale che non si è attenuata col tempo, anzi si sta esacerbando. Per un Paese multiculturale che sta insieme per volontà e in un contesto di grandi incertezze come quello odierno, il segnale va preso sul serio. Le emergenze chiedono infatti che un Paese sia il più unito possibile. Si tende spesso a caricaturare il fossato fra città e campagne - «di sinistra» le prime e «di destra» le seconde - presentandolo come il più importante spartiacque politico e lasciando intendere che con lo sviluppo degli agglomerati urbani e la configurazione di un Paese-Città Svizzera, la contrapposizione politica andrà attenuandosi. L’analisi attenta del voto sull’AVS dal punto di vista delle regioni linguistiche lascia intendere che la frattura linguistico-culturale ha un peso politico altrettanto rilevante. Il Giura francofono (non cittadino ma di campagna) ha seguito l’appello della sinistra bocciando col 71% di no la riforma mentre il Canton Zugo (germanofono ed estensione urbana di Zurigo) ha approvato la riforma col 65% di sì. Un divario di voti pari al 36%! E questo divario non è un’eccezione: i francofoni Neuchâtel, Vaud e Ginevra hanno bocciato la riforma con risultati dal 62% al 65%. Lucerna ha invece approvato la riforma con il 60% di sì e il cuore urbano della Svizzera, Zurigo, l’ha fatto con un netto 56% di voti favorevoli. L’analisi dei dati è ancora più interessante se si considerano i risultati dei Cantoni romandi bilingui. Nel Canton Vallese - che nel suo insieme ha seguito l’appello della sinistra bocciando la riforma col 55% di no - il Comune germanofono di Obergoms ha approvato la riforma col 71% di sì, e a ruota l’hanno approvata anche la grande maggioranza degli altri Comuni germanofoni altovallesani. Il centro e sud francofono - a ruota del comune di St. Gingolph, che ha registrato un record di 69% di no - ha bocciato invece, praticamente senza eccezioni, la riforma. Un quadro simile, seppur leggermente attenuato, si registra nel Cantone di Friburgo (che nel suo insieme ha respinto la riforma col 60% di no). L’agglomerato industriale di Düdingen, Schmitten, Murten, Kerzers, Bösingen e in generale i distretti germanofoni dall’altra parte della Sarine, hanno approvato la riforma. Mentre la parte francofona del Cantone l’ha bocciata massicciamente. Gli elementi in gioco di questa votazione erano tanti e tali (a cominciare dalla questione femminile, che era centrale) da non permettere un’interpretazione univoca del suo esito. Appare tuttavia clamoroso che l’insieme della Svizzera latina abbia letteralmente plebiscitato un referendum lanciato dalla sinistra. Come è possibile? La spaccatura fra due culture politiche e due diverse mentalità viene da lontano. Nella Svizzera alemannica il ruolo della responsabilità dell’individuo e della società civile è da sempre centrale mentre nella Svizzera latina l’impronta napoleonica ha lasciato un segno profondo: lo Stato e le sue amministrazioni hanno storicamente un ruolo decisivo e preponderante. Fino ad alcuni decenni fa, nello scontro fra queste due mentalità nell’approccio dei problemi strutturali del Paese, la Svizzera tedesca maggioritaria ha avuto la meglio. Anche domenica scorsa gli Alemannici hanno dettato legge. Ma il divario, ormai, è di soli 32.000 voti.