Il commento

E se Berset si scusasse?

Il consigliere federale Berset: bella presenza, telegenico, ottimo parlatore, sicuro di sé
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
27.01.2023 06:00

Il consigliere federale Berset: bella presenza, telegenico, ottimo parlatore, sicuro di sé.

Per le sue scappatelle sentimentali, vediamo di non essere troppo bacchettoni se per esigenze amorose ha usato l’auto di servizio, il potere dà qualche vantaggio. Più perplessi quando, per difendersi da una ex spasimante, utilizza la Polizia federale.

Esagerate le critiche di ecologisti e compagni di partito per i voli ai comandi di un piccolo aereo. Non lo assumerei come pilota. Con la sua conoscenza (?) delle carte di volo è sconfinato in area militare francese e i Mirages lo hanno portato al suolo. Incidente evitato quando le autorità galliche hanno capito che il volo non anticipava un possibile attacco aereo svizzero.

Ha approfittato dello spazio televisivo che la COVID gli ha concesso e ha retto bene il rapporto con la popolazione: equilibrio tra serietà e rigore pur indulgendo in qualche allarmismo. Il suo Dipartimento, e meglio l’Ufficio federale per la sanità pubblica, a ragion veduta ha commesso errori evidenziati dalla critica, ma la situazione non era facile e le manchevolezze più che altro dovute ad una composizione troppo burocratico-politica dell’Ufficio stesso con tempi operativi dell’Amministrazione inidonei all’emergenza. Lo statalismo di certe misure con limitazione delle libertà individuali preoccupavano meno un politico di sinistra.

La sua carente esperienza nell’economia privata gli ha impedito di valutare in modo adeguato la proposta Lonza per una fabbrica di principi attivi per il vaccino in Vallese che avrebbe contribuito alla lotta contro la pandemia.

Dirige il Dipartimento dell’interno, sicuramente uno dei più spinosi e difficili, dal 2012. I critici lo accusano di aver realizzato poco e di non aver attuato le attese riforme. Vero, ma altrettanto vera è la cacofonia di idee dei partiti politici, lo scontro di antitetiche soluzioni, interessi divergenti, con un Paese lacerato sui temi. Sanità con costi che aumentano, contrasti con assicurazioni, problemi con il personale medico. Grattacapi non da poco. Per le assicurazioni sociali, specie l’AVS, viviamo oltre gli 80 anni, in condizioni fisiche migliorate, ma vogliamo andare in pensione a 65 e le future generazioni pagheranno.

Una grossa ombra copre oggi l’attività di Berset. Con un dettagliato articolo del 14 gennaio la «Schweiz am Wochenende» fornisce una serie di dati sul rapporto incestuoso tra il Dipartimento di Berset e la Ringier indagati dal giudice speciale Peter Marti per sospetta violazione del segreto d’ufficio. Impressiona il continuo invio di messaggi (180 e-mail!) del capo della comunicazione di Berset, Peter Lauener, a Marc Walder, CEO della Ringier, che pubblica il «Blick».

Insospettisce che Lauener il 10 novembre 2020 scriva a Walder «firmeremo prossimamente un contratto con Pfizer BioNTech» e la notizia venga pubblicata dal «Blick» in anticipo sulla delibera del giorno seguente del Consiglio federale. I dettagli si trovano nell’articolo citato.

Si trovano pure le risposte evasive (o reticenti?) di Berset, sentito al proposito per sette ore dal giudice Marti. La procedura giudiziaria avrà il suo corso, durerà purtroppo molti mesi e a noi qui non interessano le finezze giuridiche ma il giudizio politico. Il capo comunicazione di Berset Lauener non è uno sprovveduto alle prime armi ma un apprezzato esperto che riveste la funzione da 10 anni. Invia 180 e-mail senza rendersene conto?

Berset dovrebbe dimissionare per culpa in vigilando se per anni ha tenuto un simile responsabile della comunicazione ignorando ciò che quest’ultimo facesse. Lo stesso stretto contatto di Berset con Walder non può venir ignorato.

Benevolenza, sostegno, attenzione delle pubblicazioni Ringier per il consigliere federale sono sotto gli occhi di tutti. Tanto che Walder ha un colloquio telefonico con Berset per scusarsi di qualche critica in un futuro articolo Ringier sulla digitalizzazione del Dipartimento.

Il giudizio politico è negativo visto il rapporto privilegiato tra una massima autorità della Confederazione ed uno dei più grandi editori. Colpa grave per la Ringier che ha insudiciato la qualità prima della stampa: l’indipendenza.

Evidente in Berset quella arroganza che viene dall’aver avuto sempre carriera e successi troppo facili. Figlio di importante famiglia socialista friburghese, buoni studi poi consulente dipartimentale a Neuchâtel, giovanissimo consigliere agli Stati, che dopo pochi anni presiede, Consigliere federale a 39 anni.

Come uscire al più presto possibile dall’imbarazzante situazione che disturba il Paese, avvelena i rapporti politici e crea un pesante disagio per i lavori in Consiglio federale? La soluzione migliore: con un po’ di umiltà Berset non ricorra ai distinguo e cavilli giuridici per tirare per le lunghe, smetta di farsi accompagnare da fotografi per immortalarsi, si renda conto che ha commesso (o perlomeno permesso che si commettesse) qualcosa che come svizzeri ci urta e appesantisce l’atmosfera. Chieda scusa al Paese in modo generoso, pur protestando la sua buona fede, anche per omissioni o presunte colpe di altri. Farebbe una cortesia alla politica svizzera, al suo partito e un favore a sé stesso.