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Insulti, minacce, vandalismi e violenze: docenti nel mirino

Due insegnanti su tre, in Ticino, sono vittime di allievi o genitori – Abbiamo cercato di capirne di più
Per la prima volta, uno studio realizzato in Svizzera tedesca dall’associazione mantello degli insegnanti ha permesso di quantificare il tema della violenza a scuola © CdT/Gabriele Putzu
Andrea Stern
Giorgia Cimma Sommaruga
29.01.2023 11:30

Due insegnanti su tre hanno già subito episodi di violenza. Non per forza un pugno in faccia, come accaduto l’anno scorso a un docente del Centro professionale commerciale di Locarno. Ma anche le pressioni, gli insulti e le minacce possono pesare, ferire, opprimere fino al punto da condurre in un vicolo cieco al termine del quale c’è chi, purtroppo, ha visto quale via d’uscita unicamente quella più tragica.

«Ci sono docenti che hanno delle remore a condividere con i colleghi le pressioni o le violenze che subiscono - osserva Daniele Bianchetti, già direttore della Scuola media di Locarno 1 e presidente del collegio dei direttori di scuola media -. Magari temono di passare per inadeguati, si fanno dei sensi di colpa, si vergognano. Non si rendono conto che il silenzio danneggia in primo luogo loro stessi. Quando sorge un problema deve essere affrontato immediatamente e in maniera compatta. È l’unione a fare la forza».

Gomme tagliate e minacce velate

A condizione che la vittima trovi il coraggio di chiedere aiuto. «Anche a me è capitato che un allievo tagliasse le gomme dell’automobile - confessa un docente di matematica di una scuola media del Luganese, che chiede di rimanere anonimo -. Ma non ho denunciato l’episodio. Non sarebbe servito a nulla. Si trattava di un ragazzo con difficoltà relazionali, che viveva una situazione di grande disagio. Per me quella non è stata violenza».

Lo stesso docente racconta di quella volta in cui fu «mandato a quel paese» da un’alunna e di quell’altra volta in cui un’altra allieva, dopo essere stata bocciata, non gli strinse la mano ma gli sussurrò: «mio fratello è campione di mobbing». Il docente ci rimase di stucco. «Potrebbe sembrare una frase banale, ma era stata pronunciata al termine di un anno in cui c’erano stati moltissimi problemi in classe, quella stessa ragazza aveva aggredito fisicamente più persone - ricorda -. Io provai una sensazione stranissima, chiamai subito a casa e dissi a mia moglie di chiudersi dentro, temevo che succedesse qualcosa».

Non successe nulla. E oggi il docente in questione relativizza pure quell’episodio. «La vera violenza non arriva dagli allievi - dice - ma piuttosto da quei colleghi che di fronte a situazioni del genere puntano il dito contro di te invece di sostenerti».

Genitori, principali aggressori

Il 15% dei docenti interpellati nell’ambito del recente studio dell’associazione mantello degli insegnanti svizzeri (Dachverband Lehrerinnen und Lehrer Schweiz LCH) ha dichiarato di aver subito violenze da parte dei colleghi. I principali aggressori restano però gli allievi (34%) e soprattutto i genitori (36%).

«C’è chi millanta amicizie altolocate pronte a intervenire nel caso in cui al figlio non venisse assegnata la nota desiderata e c’è pure chi esercita pressioni affinché vengano dati meno compiti - racconta, anch’egli in forma anonima, un altro docente di scuola media del Luganese -. Non mi è mai capitato di subire violenze fisiche ma purtroppo negli ultimi anni è venuto sempre meno il rispetto per la figura del docente».

La scuola, aggiunge un collega, non è più vista come un’istituzione bensì come un dispensatore di servizi. «Gli allievi si sentono dei clienti che usufruiscono di questi servizi - dice - e, si sa, il cliente ha sempre ragione».

Se il figlio riceve un’insufficienza non è perché ha sbagliato le risposte ma perché la scuola non è riuscita a cogliere il suo potenziale, nella visione oggi preponderante.

Pressioni anziché sostegno

«Sempre più spesso i genitori mettono in discussione l’operato della scuola prima di analizzare l’operato del figlio - sostiene Adriano Merlini, docente al Liceo Lugano 1 e presidente del comitato docenti VPOD -. Questo rende più difficile il compito dell’insegnante, che avrebbe bisogno del supporto della famiglia. Non sto dicendo che l’insegnante ha sempre ragione, ma solitamente sta solo cercando di fare il meglio possibile il suo lavoro».

A peggiorare la situazione sarebbe, secondo Bianchetti, il deterioramento della situazione economica. «Le pressioni da parte dei genitori si accentuano al momento in cui i loro figli devono entrare nel mondo del lavoro - afferma -. Sono pressioni su tre livelli. C’è chi si limita a implorare l’insegnante di aiutare il figlio a esaudire i propri desideri. C’è chi mette in discussione il metro di valutazione utilizzato dalla scuola. Infine c’è chi assume un atteggiamento più aggressivo. Questi ultimi, in termini percentuali, non sono molti. Però chiaramente il docente deve essere in grado di affrontarli. Per questo è importante che non si senta solo, che sappia di poter contare sui colleghi e sulla direzione».

Dialogo e mediazione

Non tanto per difendersi - i casi di violenza con conseguenze fisiche sono molto rari - ma piuttosto per elaborare la situazione e trovare una soluzione. «Discutendo insieme ai docenti mi è capitato di rendermi conto che magari le osservazioni dei genitori non erano poi così fuori luogo - spiega Bianchetti -. Insieme abbiamo quindi cercato la mediazione, abbiamo ragionato su come uscirne. Devo dire che in vent’anni di direzione a Locarno, non abbiamo mai avuto un solo ricorso. Proprio perché abbiamo sempre cercato un dialogo con le famiglie, anche quelle più problematiche, ma allo stesso tempo abbiamo fatto loro capire che il docente e la scuola si assumevano le proprie responsabilità».

La trasparenza permette di ridurre i conflitti. «È anche importante che tutti si sentano considerati - prosegue Bianchetti -. Per questo noi abbiamo sempre consigliato ai docenti di far riempire agli allievi, ogni tre o quattro mesi, un formulario anonimo nel quale esprimere il proprio giudizio sul clima in classe. Questo consente agli allievi di comunicare eventuali problemi e di sentirsi partecipi. Mentre il docente ha la possibilità di valutare la situazione ed eventualmente introdurre dei correttivi».

Chissà, magari un formulario simile potrebbe dare voce anche ai genitori prima che siano tentati di intervenire in maniera incivile.

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