L'analisi

Catene alimentari sostenibili

Il tema è talmente centrale da rappresentare un pilastro della Strategia per uno sviluppo sostenibile della Svizzera e del Green Deal dell’Unione europea
Jenny Assi
29.01.2023 07:00

Ma i nostri sistemi alimentari sono tutt’altro che ottimali e qualche costo occulto, indirettamente, lo stiamo già pagando. Secondo uno studio della Ellen MacArthur Foundation, per ogni dollaro speso in alimentari, la società paga due dollari per costi legati alla salute (malnutrizione e obesità) e all’ambiente. Infatti, l’agroalimentare è responsabile di quasi un quarto delle emissioni di gas serra a livello globale e del degrado delle risorse naturali, dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, a causa dell’utilizzo dei pesticidi. A farne le spese sono numerosi esseri viventi come rane, pesci, uccelli e insetti. La biomassa di questi ultimi, ad esempio, si è ridotta del 75% in 26 anni (WWF Svizzera). 

Il tema è talmente centrale da rappresentare un pilastro della Strategia per uno sviluppo sostenibile della Svizzera e del Green Deal dell’Unione europea. La Confederazione riconosce infatti che «la necessaria transizione verso sistemi alimentari sostenibili comporta sfide lungo l’intera catena di creazione del valore in Svizzera e all’estero: produzione e trasformazione, trasporto e distribuzione, sino a consumo e smaltimento delle derrate alimentari». Tre le sfide più importanti da affrontare: salute e sicurezza, protezione delle risorse naturali e riduzione delle emissioni di gas serra. Gli obiettivi di Berna entro il 2030 sono chiari: aumentare di un terzo la quota della popolazione che si nutre in modo sano, equilibrato e sostenibile, dimezzare lo spreco alimentare pro capite, ridurre di un quarto l’impronta di carbonio e aumentare di un terzo la quota di aziende agricole particolarmente rispettose dell’ambiente e degli animali. Di pari passo si muove l’Unione europea che, con la sua «Strategia dal produttore al consumatore», dimezzerà - entro il 2030 - rifiuti e spreco alimentare, ridurrà l’uso di pesticidi, fertilizzanti e antimicrobici per animali e promuoverà l’agricoltura bio per raggiungere il 25% del totale dei terreni agricoli.

Facile a dirsi, ma a muoversi in questa direzione dovranno essere tanti altri settori dipendenti da quello alimentare: turismo, ristorazione, grande distribuzione, gestori di mense, produttori di cucine e di elettrodomestici. Con la globalizzazione, il settore alimentare ha infatti subito la stessa trasformazione culturale di tanti altri beni di consumo. I prodotti alimentari sono diventati una merce come un’altra, il cui consumo è influenzato dalle tendenze di mercato, dal marketing, dal packaging e dalle mode. I produttori di cucine si chiedono ad esempio se il cibo verrà stampato in 3D e se le verdure verranno coltivate direttamente in cucina o se i frigoriferi dovranno leggere i nostri stati d’animo e suggerirci le ricette in sintonia con i nostri gusti. Insomma, anche in cucina, tutto potrebbe essere a portata di click, per facilitarci la vita. Perché di tempo da dedicare a ciò che acquistiamo, cuciniamo e mangiamo ne abbiamo sempre meno. E forse, è proprio questo ad essere sempre meno sostenibile.

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