Il commento

La prima, triste domenica senza il Football Club Chiasso

Due giorni dopo si inizia ad avvertire il dolore, a percepire il vuoto – Il Chiasso, come siamo abituati a conoscerlo, non c’è più
Luca Sciarini
Luca Sciarini
29.01.2023 07:00

Due giorni dopo si inizia ad avvertire il dolore, a percepire il vuoto. Il Chiasso, come siamo abituati a conoscerlo, non c’è più. Dopo la notizia di venerdì mattina, che non è certo stata un fulmine a ciel sereno, per Chiasso è la prima domenica senza la sua squadra. È una sensazione strana, un sentimento che abbraccia rabbia e tristezza. Tristezza per quello che non c’è più e rabbia perché forse si sarebbe potuto fare qualcosa per evitare questa fine ingloriosa. Una fine che ormai si vedeva arrivare e che era stata preceduta da uno stordente corollario di sofferenza e speranza. Un’altalena di emozioni che aveva regalato anche spiragli di ottimismo, poi rivelatosi vano. Tutti inutile, tutto cancellato dalle promesse non mantenute da parte di chi, soltanto un paio di settimane or sono, aveva detto di voler fare «grandi cose». Già, le abbiamo viste. Fa male cancellare così 118 anni di storia, che hanno emozionato e fatto innamorare generazioni di tifosi, regalando momenti indelebili, che rimarranno per sempre impressi nella memoria della gente. Quando una società fallisce è sempre un po’ colpa di tutti. Di chi gestisce il club in primis, è ovvio, ma anche dell’ambiente che lo circonda. Il Chiasso ultimamente aveva smarrito la sua identità, si assisteva a uno scollamento dalla sua storica tifoseria. Sono sempre stati pochi ma buoni i tifosi rossoblù, molto vicini alla sua squadra, entusiasti e passionali. Ultimamente però il Riva IV era diventato un teatro spettrale: nemmeno 200 spettatori per vedere una partita di una squadra che sul campo si difendeva piuttosto bene. E pensare che l’entrata era addirittura gratuita. Anche quei «benefattori» che in passato avevano aiutato il Chiasso a più riprese, sono andati assottigliandosi. Un «trend» che abbiamo imparato a conoscere in Ticino, dove siamo più bravi a criticare che a fare. Dopo Lugano, Bellinzona e Locarno, il nostro Cantone conosce così un’altra disfatta sportiva e manageriale, dimostrando di non aver imparato nulla dai precedenti fallimenti. Certo, gestire una società di calcio in questo periodo storico è tutt’altro che semplice, anche perché spesso, purtroppo, le ambizioni personali si intrecciano con la speculazione economica. La fortuna di Lugano e Bellinzona si chiama Mansueto e Bentancur, personaggi che arrivano da mondi lontani con risorse e progetti forse diversi, ma entrambi con l’amore del calcio nel cuore. E che per un motivo o per l’altro hanno voluto investire da noi. A Chiasso, fallita la Società Anonima, si andrà comunque avanti con l’Associazione, che garantirà il futuro ai suoi tanti ragazzini che amano questo sport e che vedevano come punto di riferimento la loro prima squadra. Bisognerà capire se la squadra ripartirà dalla Quinta Lega, come sembra plausibile, o se verrà recuperata, come capitò al Bellinzona, in Seconda Lega regionale (più difficile). C’è poi anche la possibilità di una fusione, anche questa, un’eventualità più remota. Almeno per il momento. Intanto adesso ci si lecca le ferite, si riordinano le idee e ci si prepara a ripartite. Come fatto in passato anche dalle altri parti. Con pazienza e tanta forza di volontà. Ritrovando quell’identità e quell’amore per questi colori che sono stati il motore trascinante di questi lunghi e intensi 118 anni. Perché se c’è una lezione che lo sport ci ha insegnato, è che dopo le grandi batoste, si può sempre risorgere. A anche dalle parti del Riva IV accadrà la stessa cosa.

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