Economia

Le nuove professioni: il Corporate social responsibility manager

Che impatto ha l’attività di un’azienda sull’ambiente? E che ricadute sociali sul territorio ha una impresa? Poi, ancora: da dove arrivano le materie prime, vengono realizzate con criteri etici?
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Mauro Spignesi
04.12.2022 07:00

Che impatto ha l’attività di un’azienda sull’ambiente? E che ricadute sociali sul territorio ha una impresa? Poi, ancora: da dove arrivano le materie prime, vengono realizzate con criteri etici? E come viene tutelata la salute e la sicurezza del personale? Sono domande che da alcuni anni si rincorrono con insistenza nel mondo economico chiamato a fare i conti con una società dove è richiesta una maggiore responsabilità. Per rispondere a queste domande sono nate nuove professioni, una in particolare è sempre più richiesta: il Corporate social responsibility manager (CSR), ovvero il referente, colui che deve dettare, interpretando le nuove tendenze di mercato e le nuove sensibilità spesso racchiuse in leggi e direttive, le linee della responsabilità sociale dell’impresa. E lo deve fare lavorando a stretto contatto con i responsabili del personale, della comunicazione, marketing e approvvigionamenti.

Per questo la SUPSI ha creato un corso di studi avanzati, arrivato alla quinta edizione, il Certificate of advanced studies (CAS). «Questo corso mi è servito innanzitutto per fare ordine su un tema trasversale e nuovo, che deve essere affrontato attraverso un ampio spettro di competenze», racconta Luca Bordonzotti (BancaStato), che ha seguito il percorso formativo. «Gli aspetti del clima e della sostenibilità - aggiunge - sono sempre più universali, non riguardano più solo le aziende ma anche gli individui, cioè noi come cittadini che negli ultimi anni ci stiamo accorgendo (e stiamo toccando con mano) come stanno cambiando la società e l’ambiente. Personalmente dovendo condurre un progetto interno sulla sostenibilità, ho chiesto io a BancaStato di poter svolgere questo corso e mi hanno subito detto sì».

Il ciclo di lezioni della SUPSI è poi interessante, sottolinea sempre Bordonzotti, «perché guarda oltre i confini, prende in considerazione l’area Insubrica. Questo ci ha consentito di allargare l’orizzonte e capire quali esigenze ci sono in Italia (e quindi anche in Europa) e quali in Svizzera. Ma soprattutto, attraverso le esperienze che abbiamo ascoltato in aula, ci ha consentito di comprendere da chi ha già lavorato su sostenibilità e responsabilità sociale cosa ha funzionato e cosa invece non bisognerebbe fare».

La sostenibilità e la responsabilità sociale sono valori che si stanno progressivamente affermando un po’ in tutti i settori, compresa la piazza finanziaria. Tanto è vero che l’Associazione bancaria ha promosso iniziative e momenti di confronto e riflessione. «Sino a oggi - conclude Bordonzotti - c’è stata una sensibilizzazione che ha prodotto iniziative volontarie. Iniziative che lentamente stanno diventando strutturate, anche perché è importante condividere nelle aziende questo percorso, dato che il manager con certificato CAS in CSR ha un ruolo molto trasversale».

Daniela Vescarelli (azienda Duferco) offre un’altra lettura: «Devo dire che il valore aggiunto di questo corso sono stati i docenti, che grazie alla loro passione e al di là della parte formativa e didattica sono riusciti a trasmetterci il valore della sostenibilità e quello dei comportamenti sociali. Perché poi gli strumenti li puoi sempre acquisire ma se non hai la consapevolezza dell’utilità del tuo ruolo in azienda è difficile fare progetti».

Un altro aspetto importante del corso SUPSI «è la rete di conoscenze che riesci ad acquisire. Sono stati diversi i manager di aziende di settori differenti - sottolinea Vescarelli - che sono venuti a raccontarci le loro esperienze. Così, noi proprio sulla scorta di quanto avevamo ascoltato, abbiamo chiesto a una ditta che ha partecipato al corso di farci una verifica sull’efficienza energetica del nostro stabile». Molti si avvicinano a questi temi in maniera autodidatta «ma ormai la normativa - fa notare Vescarelli - ci obbliga ad avere competenze precise che abbracciano tutti gli aspetti. Ci costringe a porci domande come, ad esempio, sul tipo di attenzione sociale che ha la tua azienda e quanto contribuisce alla socialità del territorio dove opera. Poi, oggi anche le banche a fronte di una richiesta di finanziamento ti chiedono le schede di valutazione del rischio».