L'analisi

Le paure di Kiev

Senza una svolta in Ucraina il fattore tempo favorirà solo Putin
©Sputnik
Guido Olimpio
Guido Olimpio
19.03.2023 14:18

Battaglie feroci, perdite immense per entrambi, molte variabili sul futuro, a iniziare dal concetto di vittoria. Sullo sfondo i lampi di scontro tra le superpotenze dopo la collisione di un caccia russo con un drone americano in Mar Nero a rammentare come stiamo camminando su un filo fragile.

I leader occidentali - proprio mentre la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per il presidente russo Vladimir Putin - hanno ribadito il loro supporto in favore di Kiev. Sostegno che deve garantire un successo. Il punto, però, è quale sia un obiettivo raggiungibile. La liberazione di tutti i territori occupati con l’invasione? La riconquista della Crimea? Un confronto ad oltranza per indurre la Russia a ripensarci? Sono tutte mete complicate, per conseguirle serve uno sforzo bellico, con sacrificio di uomini e mezzi, che dipende da molti fattori, mai certi. Intanto la capacità degli ucraini di rimpiazzare i vuoti con unità adeguate, disporre di un arsenale adeguato, a cominciare da riserve di munizioni che - come ben sappiamo - non abbondano o comunque non sono sempre sufficienti. Una parte è prodotta in loco ma le quantità maggiori arrivano dall’Occidente. Con i Paesi NATO che li realizzano, finanziano la spesa, stabiliscono tabelle di marcia per l’industria. Si può fare tutto, però ci vuole tempo e determinazione. Da un lato la dirigenza politica dell’alleanza appoggia la volontà di Zelensky di riprendersi la Crimea, dall’altro i generali non nascondono i dubbi sulla possibilità reale.

Le manovre integrate

Le analisi tengono conto delle forze a disposizione, degli ostacoli, dei costi sempre più alti. Certo, il training di migliaia di soldati ucraini da parte dei Paesi dell’Ovest, le forniture, la preparazione a manovre integrate e coordinate rappresentano un salto di qualità. Ma c’è sempre il campo a misurare il passo. E questo lascia spazio a quanti considerano una soluzione intermedia: l’esercito di Zelensky va aiutato a conseguire dei risultati, però al tempo stesso è necessario guardare alle soluzioni negoziali. Che, ovviamente, dipendono anche dal Cremlino. Non solo. Il presidente ucraino deve spiegarlo ad una popolazione stremata, obbligata a lasciare le case, chiamata a piangere tanti caduti. Civili e soldati. Durissimo «accettare» la morte per una causa giusta, lo è ancora meno se non ottieni nulla o quasi.

Una piccola Linea Maginot

Gli strateghi scrutano le mappe, annotano la lunga linea di difesa creata dagli invasori da Nord a Sud. Trincee, bunker, postazioni, fossati, ostacoli in cemento, corsi d’acqua. Cemento, legno, sacchi di sabbia, cumuli di terra servono a realizzare un bastione esteso. Superarlo può significare pagare un prezzo elevato. Gli esperti hanno giudizi diversi sul simulacro di una piccola Linea Maginot pensata dagli occupanti. Una parte ritiene che, grazie ad equipaggiamenti moderni e buone tattiche, gli assaltatori dell’Ucraina possono spezzarla in più punti, per poi prendere alle spalle gli avversari. All’opposto, citando quanto è avvenuto a Bakhmout e Vuhledar, alcuni osservatori invitano a non sottovalutare le «fortezze». Quelli espressi sono tutti pareri pertinenti, a volte «indeboliti» da valutazioni sbilanciate, simpatie, persino auspici.

Ricostruire gli arsenali

Il tracciato scavato da genieri, fanti e mercenari di Mosca richiama nel contempo lo scenario «coreano». Molto temuto. In caso di stallo prolungato, con nessuno degli eserciti in grado di prevalere, potrebbe determinarsi una soluzione identica a quella vista lungo il 38. parallelo, la cortina di mine e filo spinato che separa Nord e Sud Corea. Non sono in pace e non sono in guerra reale, con una crisi sempre aperta, tra minacce e rischio di scambio di colpi. Russi e ucraini potrebbero restare impantanati a poche decine di metri gli uni dagli altri, magari sparando ogni tanto da una barricata all’altra mentre cercano di ricostruire gli arsenali in vista di un nuovo round.

Un Paese in ostaggio

Kiev ha poco da guadagnare da un «congelamento», però potrebbe anche essere costretta ad accettarlo se il flusso di aiuti NATO dovesse rallentare. Mosca dovrebbe ridurre le sue ambizioni ma terrebbe comunque in ostaggio una parte del Paese. Difficile venderla come una vittoria rispetto alla meta iniziale dell’operazione, però Vladimir Putin ha il potere di dichiararla tale ed è convinto che i tempi lunghi giocheranno a suo favore.

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