Il reportage

Quei «Tessiner» molto «dütsch»

I confederati sono la maggioranza in alcuni comuni del Locarnese – Per loro, il tedesco a volte è un ostacolo
Toni Schmit e Andreas Baertschi prendono il caffè ad Ascona © CdT/ Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
19.03.2023 17:00

Nel Comune di Orselina il bilinguismo è dappertutto. Gli avvisi all’albo comunale sono tradotti in tedesco, le mail e le comunicazioni ufficiali idem. Anche se non tutti i dipendenti della Cancelleria lo conoscono. «Una è bilingue, la segretaria comunale non parla tedesco, un’altra impiegata se la cava». Anche il sindaco Luca Pohl negli anni lo ha imparato. Scelta obbligata: nel comune sopracenerino i residenti confederati dall’anno scorso sono più numerosi dei ticinesi, 319 contro 270. A questi si aggiungono i tedescofoni non svizzeri, conteggiati assieme agli altri stranieri che costituiscono, comunque, una cospicua minoranza (152 nel 2022). «Alcuni sono qui da una vita, ma non tutti hanno imparato l’italiano» osserva Pohl. «Come amministrazione tocca anche a noi fare uno sforzo per l’integrazione».

La classifica

Non tutti lo hanno imparato, no. In uno studio dell’Ufficio federale di statistica, Orselina figura al secondo posto tra le località ticinesi in cui l’italiano è meno diffuso. Solo il 66 per cento dei residenti lo utilizza come lingua «principale» nella vita quotidiana. Stessa percentuale a Vico Morcote. Seguono in classifica Brione Sopra Minusio (67 per cento), Ronco Sopra Ascona (68 per cento) e Brissago (69 per cento). Comuni in cui un terzo dei residenti o poco meno si esprimono di norma in un idioma diverso da quello di Dante. In quello di Goethe per lo più. O di Dürrenmatt.

Il voto del Gran Consiglio

Punte di diamante in un Ticino che diventa o vuole diventare viepiù germanofono. Se le scuole del Cantone puntano a «tedeschizzarsi» un po’ di più nei prossimi due anni - come votato lunedì il Gran Consiglio -, nelle «colonie» teutoniche concentrate soprattutto nel Locarnese il processo è già più che avanzato. La seconda lingua nativa è l’italiano non solo a Orselina ma anche a Brione sopra Minusio, dove i residenti confederati sono il doppio dei ticinesi (209 contro 107) e gli stranieri oltre il doppio degli attinenti (100 contro 47). Anche Ronco Sopra Ascona è un comune più «deutsch» o «dütsch» che italofono, con 300 abitanti su 540 che parlano il tedesco come prima lingua. Su quanti autoctoni lo conoscano, e in che grado, non esistono statistiche: «Ma sono molti, la maggioranza» secondo il sindaco Paolo Senn. Lui lo ha imparato «fluentemente» non solo per ragioni politico-amministrative ma anche economiche. Ha un’impresa di pittura: da queste parti, spiega, «i clienti vengono quasi sempre da Oltre Gottardo se non dalla Germania. Vale non solo per l’edilizia ma un po’ per tutti i settori. Sono loro che fanno girare l’economia».

Il sindaco di Orselina Luca Pohl © CdT/Chiara Zocchetti
Il sindaco di Orselina Luca Pohl © CdT/Chiara Zocchetti

Dal Parlamento al bar

Dove meglio toccare con mano, allora, la verità dell’assunto su cui si è basata (in maggioranza) la Commissione formazione e cultura del Gran Consiglio? Più e prima si impara la lingua dell’economia, del lavoro, meglio è. In realtà a parlare con i diretti interessati le cose assumono contorni meno netti. Toni Schmid è seduto al tavolino di un bar sul lungolago di Ascona assieme a un amico: fanno parte della Deutschschweitzer Vereinungung locale e parlano tra loro in «Schwyzerdütsch» mentre sorseggiano un caffè. La Perla del Lago Maggiore ospita in termini assoluti la più grande comunità di confederati del Sopraceneri, 1.581 su 5.628 abitanti, più 1.664 stranieri. Gli alloglotti sono più dei ticinesi. «Qui è normale parlare tedesco al supermercato o al bar, o anche negli uffici pubblici» spiega Schmid, presidente della Vereinigung fondata nel lontano 19 34. «I primi membri erano artigiani, negozianti e bottegai che si erano trasferiti qui per vivere e lavorare in un contesto unico in Svizzera» racconta l’80.enne traducendo in italiano concetti che nascono, nella sua mente, nel dialetto di Zugo. Schmidt è in Ticino dal 1966, ha lavorato tutta la vita alla Agie di Losone ma ha faticato a imparare l’italiano. «Al lavoro non era necessario, tutto si svolgeva in tedesco». Con la moglie, nata in Ticino da genitori svizzero-tedeschi, ha sempre usato la lingua natia. «C’è il rischio di ritrovarsi in una bolla e di avere a che fare soltanto con persone parlanti tedesco.In altri posti non sarebbe possibile, ma qui sì». La Vereinigung di Ascona conta un centinaio di iscritti, per lo più anziani, di cui il 30 per cento non conosce l’italiano. «Organizziamo attività nel tempo libero, gite e cene per non far sentire sole molte persone che, altrimenti, non avrebbero relazioni». L’estrazione sociale non fa la differenza: «Ricchi e non ricchi tutti hanno bisogno degli altri, soprattutto con l’avanzare dell’età».

L’ostacolo linguistico

Il tentativo di integrarsi e la spinta all’isolamento sono i poli tra cui si muovono le tante comunità germanofone locarnesi. C’è un Deutsch-schweitzer Club, un 1969 International Club, un Deutscher Club Tessin, e fino a dicembre esisteva anche la Deutsch-schweitzer Verein di Minusio. Chiusa dopo trent’anni «per mancanza di volontari», voleva essere «un ponte tra le comunità ma di fatto ai nostri Gesammlung... assemblee... eravamo quasi sempre tedeschi o svizzero-tedeschi» spiega la ex presidente Eleni Stäheli. Dopo 25 anni nel Locarnese, la 68.enne parla italiano con fatica. «Ho vissuto di lavori nel turismo e nella Gastronomie... ristorazione... quasi sempre a contatto con clienti e colleghi svizzero-tedeschi» racconta. «Sono gli ambiti in cui lavora tuttora la maggior parte di noi, perché la lingua resta un grosso ostacolo». Il settore dell’accoglienza e socio-sanitario sono, a detta di Stäheli, «gli unici in cui le persone che conoscono sono riuscite a trovare un impiego» per via della scarsità di manodopera ticinese.

«Il Ticino località esotica»

Non sempre germanità fa rima con benessere e ricchezza, villette con piscina e ascensore su strada. È così nelle località altolocalte, sopra Ascona, sopra Minusio. O a Orselina, dove le palme e le architetture ispano-mediterranee predilette dai villeggianti d’oltralpe mettono spesso in difficoltà le commissioni paesaggistiche. «Cerchiamo sempre di far presente che lo stile ticinese è diverso, ha le sue tipicità. Ma spesso è vissuto come una realtà esotica, e come Comune non possiamo intervenire troppo nell’edilizia privata» spiega il sindaco Pohl. La conseguenza è un’urbanistica che ricorda a tratti, fuori dai centri storici, una località marittima del Sud. Una realtà parallela. «La comunità tedescofona è composta soprattutto da persone benestanti che magari non partecipano molto alla vita del paese, ma ci sono anche persone normali che si sono integrate molto bene» conclude Pohl. «Noi cerchiamo di coinvolgere tutti». La rivista della Pro-Orselina è pubblicata in italiano e in tedesco. Come anche i cartelli tematici che illustrano le tradizioni locali per le vie del paese. A Ronco Sopra Ascona il Comune promuove corsi di italiano sempre molto frequentanti (una quarantina di iscritti all’anno) e iniziative culturali mirate.

L'antica panetteria di Brione sopra Minusio. © CdT/Chiara Zocchetti
L'antica panetteria di Brione sopra Minusio. © CdT/Chiara Zocchetti

«A certi residenti non puoi proporre la castagnata, non verranno mai. Le mostre d’arte, i concerti: allora sì» spiega il sindaco Senn. Tra i dipendenti comunali non tutti parlano tedesco «ma stiamo cercando di rimediare gradualmente, con le nuove assunzioni» spiega Senn. «Il dibattito sulle scuole medie? L’ho seguito. E penso che ci sia una contrarietà a priori in certi ambienti, perché ul Tisìn l’è ul Tisìn, un’opposizione tra nüm e i zucchini. La verità è che imparare un’altra lingua non comporta rischi ma solo opportunità».

Non tutti sono d’accordo. In basso, sul lungolago di Ascona, il caffè va di traverso a Toni Schmid al pensiero che le istituzioni si adeguino troppo agli alloglotti e non viceversa. «Se tutti si rivolgono a noi in tedesco, non usciremo mai dalla bolla. I luoghi devono mantenere le loro tradizioni. Altrimenti perché dovremmo voler vivere in Ticino?».

In questo articolo: