Castle On Air

Achille Lauro, rocker di razza sulle orme del Blasco

Energica, sfarzosa e intensa performance dell’artista romano, mercoledì sera, sul palco bellinzonese, dove ha messo in mostra una straordinaria maturità artistica
Achille Lauro (Lauro de Marinis all’anagrafe) durante il concerto a Castelgrande. © CdT/Gabriele Putzu
Mauro Rossi
28.07.2022 10:00

Il più bel concerto nella storia di Castle On Air? Difficile dirlo perché nella ormai quasi decennale esperienza della rassegna estiva bellinzonese, parecchi artisti hanno regalato performance degne di entrare nei suoi annali. Tra questi, inseriamo di diritto Lauro De Marinis che con la tappa dell’Achille Lauro Superstar Electric Orchestra Tour che ha fatto tappa mercoledì sera a Castelgrande, ha ribadito di essere non solo uno dei più qualificati esponenti della (per dirla alla Prince) «new powerful generation» del pop italiano, ma anche uno dei principali rocker della Penisola nonché il principale pretendente a quella corona attualmente sul capo di Vasco Rossi con il quale Lauro mostra delle somiglianze davvero impressionanti. Attenzione: non stiamo parlando del Komandante un po’ imbolsito di oggi che si trascina sul palco a colpi di «Eeeeeehhhh», ma dell’energico, dissacrante e intenso cantore di quella «generazione di sconvolti che non ha più santi né eroi» che a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta ridisegnò il rock italico. È a quel Blasco che Achille Lauro assomiglia terribilmente in virtù di un repertorio che, alla stregua di quello storico del collega emiliano, è allo stesso tempo provocatorio e profondo, scanzonato e intimista, iconoclasta e riflessivo, ma anche di un atteggiamento scenico che lo ricorda, pur adattato ad una personalità, quale la sua, più complessa rispetto a quella «ruspante» del maestro.

Sebbene di chiara matrice rock il concerto di Achille Lauro visto a Bellinzona mostra infatti dei tratti più elaborati di quelli tipici del genere, evidenziati dalla scelta di farsi accompagnare oltre che da un grintoso quintetto elettrico (basso, batteria e ben tre chitarre) da un vero e proprio complesso sinfonico (la tarantina Orchestra della Magna Grecia) e da un corposo – ma mai esagerato – utilizzo della tecnologia (cori registrati, un po’ di elettronica sparsa qua e là nonché un po’ di autotune nella breve parentesi «urban» della scaletta) così da arricchire ulteriormente l’impianto sonoro. A ciò va aggiunta una scenografia luminosa quasi da varietà e un comportamento del nostro sulla scena elegantemente provocante con movimenti e pose scelte con estrema cura e dove anche il rapporto e il dialogo con il pubblico è sì dinamico e spontaneo ma sempre misurato e rispettoso, sia negli atteggiamenti sia nei toni.

Il risultato di tutto ciò? Uno show di due ore praticamente perfetto durante il quale Achille Lauro ha passato in rassegna buona parte del suo repertorio, dalle iniziali Generazione X, Maleducata, Me ne frego e Femmina, al medley centrale più elettronico composto da Teatro&Cinema/Mamacita/Amore mi/BVLGARI, al finale melanconico di C’est la vie, senza dimenticare le hit Stripper, Domenica, Bam Bam Twist, Marilù e, ovviamente, Rolls Royce. E questo spaziando da momenti elettrici ad altri più intimisti, da sonorità che dopo l’ingresso in scena dell’orchestra si sono fatte più intense e sfarzose e altre più misurate tese ad evidenziare il suo lato più cantautorale e perché no, romantico: una piacevole alternanza gestita da Achille Lauro con un piglio maturo, quasi signorile, da vera superstar.

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