Il caso

Ma perché, dopo tutto, Elon Musk non compra lo United?

Il patron di Tesla e SpaceX aveva lasciato intendere che avrebbe messo le mani sui Red Devils - Va da sé, era un bluff - Paolo Attivissimo: «Le sue aspirazioni sono altre»
All’Old Trafford non è difficile comprendere la considerazione dei tifosi per la proprietà americana del club. ©Reuters/Griffiths
Massimo Solari
18.08.2022 06:00

Oltre 700 mila «like», più di 150 mila condivisioni e poco meno di 50 mila commenti. Boom. Sì, il messaggio con il quale Elon Musk ha fatto intendere che avrebbe acquistato il Manchester United ha scatenato gli utenti di Twitter. E, probabilmente, fatto esultare milioni di tifosi disperati per il disastroso inizio di stagione dei Red Devils. «Una trollata perfetta», così la definisce Paolo Attivissimo, giornalista informatico, studioso della disinformazione nei media e pure grande conoscitore del controverso imprenditore nato a Pretoria e naturalizzato statunitense. Il patron di Tesla e SpaceX ha lanciato un’altra delle sue provocazioni. Così, all’improvviso, a margine di un tweet di natura politica: «Per essere chiari, sostengo la metà sinistra del partito repubblicano e la metà destra di quello democratico. Inoltre sto comprando il Manchester United». Ah, davvero? Ovviamente no. E a precisarlo, quando il suo bluff era oramai diventato virale, è stato lo stesso Musk. «Era uno scherzo, non acquisterò alcuna squadra sportiva», la risposta alla domanda di un follower che gli chiedeva se fosse serio. «Elon - osserva Attivissimo - ha giocato sulle vicissitudini della società inglese. Facendo centro. E ciò a riprova della frenesia che annebbia l’approccio di troppi media. Pronti a pubblicare, senza controlli di sorta, qualsiasi cosa».

Passioni di altra natura

D’accordo. Eppure accostare l’uomo più ricco al mondo al business pallonaro non sarebbe nemmeno così sconvolgente. Anzi. E di esempi a stelle strisce, per i quali la remunerazione del capitale è legge, in fondo ve ne sono molti. Compresa la proprietà Glazer del Manchester United, che stando alle ultime indiscrezioni sarebbe in trattative avanzate per cedere il club al numero uno d'Ineos nonché proprietario di Nizza e Losanna Jim Ratcliffe. Attivissimo, ad ogni modo, continua a scuotere la testa. «Musk e l’industria dello sport? Non mi sembra il tipo. Tutta la sua carriera professionale suggerisce altro. Banalmente, ha aspirazioni differenti. E penso alla tutela dell’ambiente così come all’esplorazione spaziale». Il nostro interlocutore chiarisce il concetto: «Lo slogan principale di Musk è chiaro: rendere la specie umana multiplanetaria. Colonizzando Marte, dove - per ora - non mi risulta esistano campi da calcio ed è piuttosto complicato pensare di tirare calci a un pallone (ride, ndr)».

L’incompatibilità con Tesla

A Elon Musk, suggerivamo, i mezzi non mancano. E il valore del Manchester United è stimato in 2,7 miliardi di dollari. Per intenderci, meno di un decimo dei 44 miliardi messi sul tavolo - e poi ritirati - per appropriarsi di Twitter. «È vero, potrebbe fare suo lo United con gli spiccioli che trova sotto il divano» indica Attivissimo, ricordando - per esempio - i 7 miliardi ricavati dalle azioni di Tesla vendute la settimana scorsa. Ecco, a proposito della creatura del nostro uomo. C’è altresì chi sostiene che le potenziali sinergie tra i prodotti della multinazionale e uno dei marchi più importanti e globali del calcio costituirebbero un matrimonio perfetto. Vincente, soprattutto. «Ma le priorità - ripeto - sono altre» replica Attivissimo. «Per scelta specifica Tesla non ha mai fatto pubblicità. Il budget, a questa voce, è pari a zero. Anche per questa ragione un’operazione del genere striderebbe con la campagna di marketing promossa sin qui. Che poi Musk sia capace di tutto, è un altro discorso».

«Spedisci Maguire su Marte»

Al netto delle disponibilità economiche, comunque, il numero uno di SpaceX stuzzica le fantasie degli addetti ai lavori per altre ragioni. Chiamatele visioni. Quelle di Elon Musk, beh, danno del tu a scenari che tutti o quasi ritenevano impossibili. Certo, grazie altresì a molti dirigenti illuminati che le hanno seguite e rese tangibili. Ai discendenti del defunto Malcolm Glazer, che nel 2005 ha rilevato il Manchester United, viene rimproverato proprio questo. L’assenza di una visione traducibile in successi. Archiviato il regno di sua maestà Alex Ferguson, la famiglia americana - che controlla pure i Tampa Bay Buccaneers in NFL - ha infatti inanellato una serie impressionante di flop. Da David Moyes a Louis van Gaal, passando in parte da José Mourinho e giungendo sino alle delusioni più recenti targate Ole Gunnar Solskjaer e, al momento, Erik ten Hag. Dopo i primi due turni di Premier League, lo United occupa l’ultimo posto in classifica. Zero punti e mille problemi, dai capricci di Cristiano Ronaldo alla rabbia dei tifosi, per l’appunto stufi della gestione Glazer. «È una storia dell’orrore dal punto di vista del reclutamento di giocatori» ha affermato - al solito tagliente - l’ex capitano Gary Neville. «Il Manchester United è passato da manager diversi e strategie diverse in questi dieci anni e ha permesso ai vari allenatori di influenzare la costruzione della rosa. Hanno speso un miliardo e mezzo e portato solo due giocatori un buon livello: Bruno Fernandes e Zlatan Ibrahimovic». E poi l’affondo: «Il Manchester United è diventato un cimitero per i calciatori». Tanto che un tifoso scoraggiato non ha esitato a commentare il tweet della discordia, implorando Elon Musk: «Per favore, spedisci Maguire su Marte».

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