«Ventun anni dopo si è ripresentata la tempesta perfetta»
Il telefono di Dario Rota, per sua stessa ammissione, non squillava così da diverso tempo. Sì, anche lui, come Mattia Bottani, nelle ultime ore è stato parecchio sollecitato. Inevitabilmente, del resto, considerando che dopo ben 21 anni l’ex centrocampista si è finalmente scollato di dosso l’etichetta di ultimo bianconero di origini ticinesi a essere convocato in Nazionale. Un onore, a suo tempo, che col passare degli anni ha tuttavia assunto un significato più malinconico per il nostro calcio. «Beh, innanzitutto realizzare quanto tempo è effettivamente trascorso da quel momento, mi fa sentire piuttosto vecchio - ci racconta sorridendo il diretto interessato, oggi assistente di Ludovico Moresi in seno al Team Ticino U21 -. Scherzi a parte, senza voler mancare di rispetto a nessuno, penso che questa lunga attesa sia da ricondurre al fatto che - banalmente - il Lugano ha necessitato di oltre due decenni per ritornare ai livelli che avevano contraddistinto la nostra epoca. Il fallimento e la conseguente lunga risalita verso i vertici del calcio elvetico, infatti, hanno richiesto molto tempo».
Un divario colmato di recente
Eppure, negli ultimi anni, la società sottocenerina ha ottenuto risultati importanti. Tornando, ad esempio, a disputare delle competizioni europee. Possibile che in quel frangente lo stesso Bottani, o altri calciatori svizzeri, non fossero meritevoli di attenzioni da parte della Nazionale? «Io stesso avevo dichiarato, circa un annetto fa, che Mattia non aveva ancora il livello per vestire la maglia rossocrociata - afferma convinto il 51.enne -. Oggi però devo ricredermi, perché nel frattempo le cose sono cambiate. Del resto lo ha affermato anche lo stesso Murat Yakin (vedi a lato, ndr): questa convocazione non è affatto un premio. “Botta”, negli ultimi mesi, è riuscito a raggiungere una nuova dimensione. Vuoi perché, dopo aver superato la soglia dei 30 anni, ha raggiunto la giusta maturità. Vuoi perché gli infortuni lo hanno finalmente lasciato in pace. In ogni caso è riuscito a colmare il gap che lo separava da questa chiamata, e sono estremamente felice per lui. Penso che la convocazione sia altresì arrivata al momento giusto. Peccato che, ad accompagnarlo in questa nuova esperienza, non ci sia anche Antonio Marchesano. Pure lui a mio avviso, per quello che ha dimostrato nelle ultime stagioni, avrebbe meritato questa occasione».
Il peso dell’esperienza
A suo tempo, pure Rota fu convocato piuttosto tardi in Nazionale. L’esordio in rossocrociato, infatti, avvenne «solo» alla soglia dei trent’anni. «Non tutti raggiungono il livello necessario fin da giovani - spiega l’ex mediano -. A volte è necessario accumulare più esperienza, che poi porta alla già citata maturità, fondamentale per riuscire a realizzare questo sogno. Non va inoltre dimenticato - e lo dico con trasparenza perché è un dato di fatto, senza voler fare polemica - che è molto difficile entrare nel giro della Nazionale partendo da Lugano. O, ampliando il discorso, dal Ticino. Serve una sorta di tempesta perfetta, che racchiuda il giusto mix di ottime prestazioni personali e importanti risultati conseguiti dalla squadra di club. Poi però, quando le stelle si allineano, l’orgoglio raddoppia».
I tre gettoni e i miti svedesi
In carriera Rota, con la «Nati», ha accumulato tre presenze. Subentrando a partita in corso contro Tunisia (15 novembre 2000), Polonia(28 febbraio 2001) e Svezia (25 aprile 2001), per un totale di 66 minuti. «Il mio augurio è che Mattia possa fare anche meglio. Le qualità, in fondo, le ha tutte. E l’ambiente in seno al gruppo rossocrociato, molto sereno e ben organizzato, lo potrà certamente aiutare. Nel mio caso - dopo l’era Hodgson - purtroppo regnava invece un grande caos su più livelli, che non fu d’aiuto. Nelle prossime settimane la Svizzera sfiderà avversari di grande caratura, ma non vedo perché Bottani non possa aspirare a ricoprire un ruolo importante. Arrivando, perché no, persino a essere titolarizzato. Mi fa inoltre sorridere che a prendere questa decisione sarà un ex difensore centrale comeMurat Yakin. Anche nel mio caso, infatti, fu lo stesso. Sulla panchina elvetica, in occasione del mio debutto, sedeva Enzo Trossero, che in precedenza mi aveva già allenato a Lugano. Lui era un grintoso, che poneva l’accento sulla fase difensiva. E dunque si sposava bene con le mie qualità. Murat invece lascia molta libertà ai suoi attaccanti, aspetto che potrebbe favorire il “Botta”». Quel che è certo è che, in caso di impiego, il numero 10 bianconero si troverà di fronte avversari di assoluto valore. Un po’ come accadde a Rota contro la Svezia, che - già 21 anni fa - schierava quale titolare un certo Zlatan Ibrahimovic... «Fa un po’ effetto pensare che lui ancora gioca. E, per giunta, vince pure (ride, ndr). Scherzi a parte, all’epoca Zlatan aveva appena vent’anni e francamente ricordo poco della sua partita. Anche perché io, dalla mia, ero emozionatissimo nel ritrovarmi di fronte campioni come Henrik Larsson e Freddie Ljungberg. Dei veri e propri miti, per la mia generazione».