Reazioni

Il cuore del Lugano non basta: «Fa male»

La finale di Coppa Svizzera è amara per le ticinesi, costrette ad arrendersi al tie-break al cospetto del Neuchâtel – Kantor: «Al termine del match, non volevo crederci»
©CHRISTIAN MERZ
25.03.2023 21:52

Alla fine, sui volti delle giocatrici del Lugano, sono comparsi gli occhi lucidi. Quelli di chi ci ha creduto fino alla fine. E di chi ha lottato, anche. Le ragazze di Apostolos Oikonomou, infatti, sono andate vicinissime a coronare il sogno di alzare il primo trofeo della società. La sfida è stata equilibrata fin dai primi minuti, con le ticinesi che si sono aggiudicate di misura il primo set. Le rosanero non hanno tremato nemmeno nella frazione successiva, anzi: si sono portate con decisione sul 2-0. Le campionesse svizzere in carica del Neuchâtel, tuttavia, hanno poi avuto un moto d’orgoglio e riportato la contesa in parità, prima di aggiudicarsi la Coppa Svizzera al tie-break sull’onda dell’entusiasmo. 

«Fa male»

Tra le sottocenerine con qualche lacrima nelle pupille, dicevamo, c’è anche la capitana Mercedesz Kantor. «Al termine del match, non volevo crederci onestamente – spiega la 24.enne –. Sono qua da quattro anni, e il mio sogno era alzare la coppa. Avere al collo la medaglia d’argento dopo essere state ad un passo da quella d’oro, fa male. Abbiamo iniziato benissimo il confronto, siamo state ordinate e abbiamo fatto il nostro gioco. Poi, però, loro hanno iniziato a sbagliare di meno e noi a subire i loro attacchi. Qualche nostra scelta sbagliata nei momenti cruciali ha compromesso l’incontro. Sì, credo ci sia mancata un pizzico di lucidità». Sugli spalti dell’Arena di Winterthur, numerosi tifosi ticinesi sono giunti a sostenere a gran voce le loro beniamine ed hanno colorato di rosa i settori a loro dedicati. «Penso che un grazie non basti: sono stati eccezionali – dice Kantor –, spero che ci seguiranno anche nelle prossime sfide dei playoff. Forse questa delusione ci servirà di lezione per crescere e in futuro avremo la possibilità di riscattarci. Lo spero davvero». 

Recupero lampo

Il coach delle ticinesi Oikonomou si è trovato nella posizione dello Chef che, a pochi giorni da una cena di gala, scopre che nella dispensa ha esaurito un ingrediente fondamentale per il suo piatto prelibato. La palleggiatrice Carinne Gebhardt, infatti, ha rischiato di restare solo spettatrice della finale per un infortunio alla caviglia accorso mercoledì scorso. Stringendo i denti, però, è scesa in campo ed è anche stata premiata come miglior giocatrice delle ticinesi. «I fisioterapisti hanno fatto il possibile, forse anche l’impossibile – racconta l’americana sdraiata sul pavimento, con espressione dolorante e del ghiaccio attorno alla caviglia –. Non so ancora se giocherò contro Düdigen mercoledì». Chi sorride, invece, è Fabiana Mottis. Grigionese di Lostallo e con un passato anche a Lugano, è ora campionessa con le neocastellane. «Penso che realizzerò solo domani cosa è successo. È qualcosa di incredibile, nonché una ricompensa per tutto il lavoro che abbiam fatto. Sotto per due set a zero, penso che ci siamo rese conto che non avevamo più nulla da perdere. Ci siamo concentrate solo su di noi, e alla fine abbiamo vinto» racconta la classe 2003, anche lei con gli occhi lucidi. Ma di felicità.

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