Calcio

Lugano, si giocherà a Netanya

La UEFA ha ufficializzato la destinazione della partita di ritorno del terzo turno preliminare di Conference League tra i bianconeri e il Be’er Sheva - Campana: «Non ci fosse stata la tregua, ci saremmo rifiutati di giocare in Israele» - Da Silva: «Tra i ragazzi c’era tensione, ma ora sono tutti sereni e pronti»
© Reuters / Ronen Zvulun
Maddalena Buila
10.08.2022 06:00

Sono stati giorni lunghi, di attesa. Tutto il club bianconero ha dovuto aspettare ben quattro giorni, a ridosso dell’incontro, prima che gli venisse ufficialmente comunicata la destinazione per la partita di ritorno del terzo turno preliminare di Conference League. La UEFA ha ascoltato i bianconeri, spostando il luogo dell’incontro. Be’er Sheva - Lugano si giocherà a Netanya. La città israeliana è situata 30 chilometri a nord di Tel Aviv e 56 a sud di Haifa, la seconda opzione più papabile sul tavolo delle trattative. «Sono stati quattro giorni davvero snervanti - racconta Michele Campana -. Tantissime le mail e i pareri legali scambiati. Per poi alla fine optare per la scelta che pareva la più ovvia e sensata fin dall’inizio. Anche se, ammettiamolo, anche giocando a Netanya non saremmo poi così lontani dalla striscia di Gaza, ma almeno dovremmo essere un po’ più distanti dalle zone del conflitto. Non fosse stata annunciata questa tregua, ci saremmo rifiutati di giocare in Israele».

Al di là dello sport

Una scelta che era dunque nell’aria già da qualche tempo, ci si chiede allora quale possa essere stato il motivo che ha portato la UEFA ad aspettare quattro lunghi giorni prima di ufficializzare la decisione. «Penso che la questione esuli dall’aspetto puramente calcistico e rientri nell’ambito della politica - continua il COO bianconero -. A mio modo di vedere, la UEFA ha dovuto cercare di essere oggettiva in un contesto dove è obiettivamente difficile riuscirci. Ha dovuto trovare una soluzione che andasse bene a entrambe le parti, cercando di destreggiarsi in un contesto difficile da comprendere per chi non è abituato alla realtà israeliana. Dall’altra parte c’è però anche la nostra di realtà. Se è vero che per loro quello che sta succedendo in questi giorni è forse una sorta di normalità, questo non vale però per tutti. Noi non siamo abituati a tutto ciò e non possono dimenticarci».

Qualche tentennamento

Come valutare dunque il ruolo della UEFA in tutta questa vicenda? «In generale direi che ha compreso la nostra situazione, sin dall’inizio - prosegue Campana -. Poi però ha tentennato un po’. Non capisco come mai abbia aspettato così tanto per decidere. È vero che c’era di mezzo il weekend e che dunque certi uffici non erano operativi. Ma è altresì vero che la decisione sembrava piuttosto chiara già sabato, ma non è stata ufficializzata. Abbiamo dunque dovuto insistere noi per velocizzare la pratica. Ma nel complesso, ripeto, la UEFA si è dimostrata comprensiva. A rallentare il tutto sono stati invece gli israeliani, che nelle 15 ore prima che venisse ufficializzata la destinazione hanno provato ancora a far cambiare l’idea a noi e alla UEFA cercando di riportare la sfida tra le mura dello stadio del Be’er Sheva».

La situazione nel Paese

Per ora la tregua in Israele pare reggere. Si spera possa andare avanti così anche nei prossimi giorni. «Io credo di sì - afferma Michele Campana

-. Anche se chiaramente avremmo preferito non ritrovarci nel mezzo di questa difficile situazione, che ha anche un’aggravante: il fatto che gli israeliani ci chiedono di capire e accettare ciò che sta succedendo. Tutto questo per noi è obiettivamente complicato. Certo, comprendiamo che Israele è un Paese diverso dalla Svizzera, ma non possiamo essere gli unici a mettersi nei panni altrui accettando qualunque scenario».

Il polso nello spogliatoio

Prima che la situazione in Israele si complicasse, Sabbatini e compagni era pronti e carichi per il ritorno di Conference League. Poi, negli scorsi giorni, il nervosismo ha iniziato a serpeggiare nello spogliatoio bianconero. «Le tante partite di queste settimane non hanno sicuramente aiutato - commenta Carlos Da Silva -. I ragazzi erano un po’ preoccupati, con tanti pensieri per la mente. Non sapere dove avremmo giocato ha generato parecchia apprensione. Poi, finalmente, è arrivata la decisione definitiva da parte della UEFA. E subito è tornata la calma nello spogliatoio». Che il nervosismo sia andato a intaccare la qualità degli allenamenti bianconeri e la preparazione in vista della partita contro il Be’er Sheva? «Non direi - continua il coordinatore sportivo del Lugano -. Siamo comunque professionisti che sono in grado di lavorare bene anche se le circostanze non sono delle migliori».

Alcune rassicurazoni

Per poter partire alla volta di Netanya nel miglior modo possibile, alcuni bianconeri hanno cercato rassicurazioni anche da conoscenti in Israele. «Abbiamo fatto alcune chiamate per capire come sia vissuta questa vicenda da chi abita lì - racconta Da Silva -. In realtà per i locali non c’è ragione di essere preoccupati. E la sicurezza ci è stata garantita. Nelle ultime ore ho visto una squadra rilassata e pronta».