L'intervista

«Milak non è invincibile, sento di poterlo insidiare»

Dopo un mese trascorso a fare i conti con il coronavirus, Noè Ponti era partito per gli Europei di Roma pieno di dubbi – Oggi torna a casa con la medaglia d’argento conquistata nei 100 m delfino
© KEYSTONE / PATRICK B. KRAEMER
Fernando Lavezzo
18.08.2022 06:00

Dopo un mese trascorso a fare i conti con il coronavirus, Noè Ponti era partito per gli Europei di Roma pieno di dubbi. Oggi torna a casa con la medaglia d’argento conquistata nei 100 m delfino e con la convinzione di poter insidiare Kristof Milak, il numero uno della disciplina. Ecco il bilancio del 21.enne ticinese.

Noè, quando hai davvero capito di essere abbastanza competitivo per puntare a una medaglia?
«Un’idea me la sono fatta durante il primo giorno di gare, quello della staffetta 4x200 m stile libero, chiusa al quarto posto. Ho avvertito buone sensazioni e ho capito di non essere messo così male. L’incognita, a quel punto, era un’altra: quanto sarei riuscito a durare dopo un mese di allenamenti per nulla ottimali? Io e il mio staff sapevamo che con un tempo attorno al 51’’10 sarei salito sul podio dei 100 m delfino, però...».

Però, tra il dire e il fare, ci sono di mezzo due vasche...
«Esattamente. Ma dopo la semifinale, chiusa in 51’’16, ho capito che una medaglia la potevo solo buttare via io, sbagliando tutto. Invece la finale è andata molto bene (50’’87) e l’argento mi ripaga degli sforzi profusi. Sono sinceramente contento. Viste le premesse, è stato un piccolo miracolo».

Dopo quell’exploit, com’era messo il serbatoio della benzina pensando alla successiva gara dei 200 m delfino?
 «Di lavori specifici per i 200, durante la preparazione, non ne avevo fatti. Solo nei dieci giorni che hanno preceduto gli Europei sono finalmente riuscito ad allenarmi bene, ma ci siamo concentrati unicamente sui 100 m, una gara più corta e che in qualche modo sarei riuscito a gestire anche in condizioni imperfette. Se il programma di Roma avesse previsto i 200 m prima dei 100 m, avrei sicuramente rinunciato. Invece li hanno piazzati dopo, quindi non avevo nulla da perdere. Era la mia ultima gara della rassegna, ho deciso di farla e direi che mi sono comportato bene. Ho chiuso al quinto posto in 1’55’’26, un tempo che fino a un mese e mezzo fa non era lontano dal mio personale. Non è arrivata la seconda medaglia e mi dispiace, perché dietro a Milak eravamo tutti vicini, ma non avevo abbastanza forza per fare più di così. Nel finale mi sono proprio impiantato. Con cinque metri in meno, sarei salito sul podio».

Torniamo all’argento di domenica sera. Il tuo allenatore, Massimo Meloni, ha detto che con una preparazione ideale, senza coronavirus, avresti messo paura a Kristof Milak, l’attuale numero uno della disciplina.
 «Sono d’accordo con lui. Senza dubbio. Nei 200 m delfino l’ungherese è fuori portata per chiunque, ma nei 100 m so di non essere lontano da lui. Ai Mondiali di Budapest di fine giugno le mie prime gare erano andate alla grande, ma molto probabilmente nei 100 delfino avevo già preso la COVID-19 e ne ho risentito. Basta rivedere la finale: ero lì attaccato fino ai 75 m, poi sono saltato per aria. A Roma ho nuotato in 50’’87 dopo un mese difficile. In piena forma, avrei potuto fare qualcosa di grandioso. Io ne sono abbastanza sicuro, Massimo Meloni pure, ma la verità è che non lo sapremo mai. Potremmo stare qui a raccontarcela tutto il giorno e non cambierebbe nulla. Va bene così, quello che ho ottenuto è già speciale. Per me è stato un grande Europeo».

Questa consapevolezza ti potrà tornare utile in futuro, nei prossimi duelli con Milak...
 «Lui resta l’uomo da battere. Sicuramente in Europa, ma probabilmente anche a livello mondiale, insieme ad alcuni americani. Detto questo, non credo che sia irraggiungibile, perlomeno sui 100 m delfino. Noi stiamo lavorando per le Olimpiadi di Parigi del 2024 e quindi cerco di non distogliere lo sguardo dalla mia strada. Ma in ogni gara l’obiettivo è lo stesso: toccare davanti a più avversari possibili. Prima o poi anche Milak arriverà alle spalle di qualcuno. E forse quel qualcuno sarò io».

Ieri eri sugli spalti a tifare per i tuoi compagni, oggi torni a casa. Come è stato gareggiare a Roma, la città del tuo allenatore?
«Spettacolare. Il Foro Italico ha un’atmosfera magica, la piscina è bellissima e il pubblico locale è sempre molto presente e caloroso. Molti italiani hanno fatto il tifo per me e questo ha reso l’esperienza romana ancora più bella».

Mondiali ed Europei sono alle spalle. Ora cosa ti aspetta?
«Prima di tutto mi concederò un po’ di vacanza. Tre settimane e mezza durante le quali staccherò completamente dal nuoto e ricaricherò le batterie. In autunno tornerò con ancora più voglia di prima per continuare a inseguire i miei obiettivi. In dicembre ci saranno i Mondiali in vasca corta a Melbourne, in Australia. L’appuntamento più importante del 2023 saranno i Mondiali in vasca lunga di luglio a Fukuoka, in Giappone, ma tutta la prossima stagione sarà già fondamentale per prepararsi ai Giochi olimpici di Parigi 2024. Sembrano ancora lontani, ma in realtà ci siamo quasi».

Senza dimenticare che da settembre tornerai sui banchi di scuola...
«Esatto, inizierò la formazione come fisioterapista. Dovrò riabituarmi a studiare, anche se al liceo non ero proprio un modello in questo senso. Avrò un programma facilitato, nel senso che sarà distribuito su più anni. Mi riempirà le giornate, permettendomi di uscire da quella routine fatta di nuotate, dormite e mangiate. Mentalmente mi farà bene. E poi, quando smetterò di nuotare, un lavoro dovrò pur trovarmelo...».