Sci alpino

«Quando i cannoni per la neve non possono fare miracoli»

Didier Défago commenta con amarezza gli annullamenti a Zermatt: «È un vero peccato, sarebbe stata una grande opportunità per questa magnifica regione» – E poi: «I responsabili della FIS non potevano fare altro, la sicurezza delle atlete non era garantita»
Tanto lavoro per nulla. Le gare di Zermatt/Cervinia, sono state cancellate. Dopo quelle maschili, anche quelle femminili. ©Keystone/Maxime Schmid

C’è tanta amarezza a Zermatt e Cervinia. Le prime gare transfrontaliere di Coppa del mondo non potranno avere luogo. Sabato scorso la decisione di rinunciare a quelle maschili, previste per questo fine settimana. Ieri stessa sorte per quelle femminili, che figuravano in programma per il 5 e 6 novembre. Dopo Sölden, dove tra l’altro le donne non hanno potuto affrontare il gigante inaugurale a causa del maltempo, un’altra tegola per gli appassionati di sci alpino.

«Dire tegola è anche riduttivo», afferma dispiaciuto Didier Défago. Il campione olimpico di discesa a Vancouver 2010, che si era ritirato dalle competizioni nel 2015, è sempre rimasto vicino al suo sport. Negli ultimi anni si è guadagnato stima nel Circo bianco in particolare per la sua competenza come costruttore di piste. I suoi capolavori, con la collaborazione di Bernhard Russi, sono la discesa delle Olimpiadi di Pechino 2022 e, naturalmente, questa ancora inedita pista della Gran Becca.

Amarezza per la rinuncia

«È un vero peccato aver dovuto rinunciare - sottolinea il vallesano con l’amaro in bocca -. Penso al tempo impiegato da chi ha lavorato fino  ad oggi con la speranza che arrivasse la luce verde da parte della FIS. Penso al comitato organizzatore, che ha fatto di tutto per sostenere la nostra causa e ci ha dato fiducia con la speranza che il meteo potesse darci una mano. Penso ai responsabili della stessa FIS, che avevano colto l’importanza di un evento come questo dal punto di vista dello spettacolo. Ma non solo. Ci sono gli aspetti economici. E, naturalmente, gli eventuali benefici per la promozione del turismo autunnale in questa magnifica regione. Purtroppo abbiamo dovuto alzare bandiera bianca. E lo abbiamo dovuto fare due volte, sia per gli uomini sia per le donne».

Decisione ineccepibile

Come valuta Défago la decisione della FIS? «È ponderata e assolutamente ineccepibile: le temperature erano troppo elevate. Nel tratto finale mancava la neve e la sicurezza dei velocisti e delle velociste non sarebbe stata garantita. Peccato. Tutti questi fattori hanno impedito che si concretizzasse il nostro sogno».

Se quest’anno è andata buca, quali sono le prospettive per le prossime stagioni? «Non desistiamo - risponde l’olimpionico di Morgins -. Anzi, già stiamo guardando avanti. Magari anche prendendo in considerazione la possibilità di fare qualche aggiustamento. Lo sci, comunque, è e resterà sempre uno sport all’aperto. E, come tale, sarà sempre soggetto alle bizze del tempo. I rischi di cancellazioni fanno parte del gioco. A maggior ragione se si parla di gare veloci. Una volta si è costretti a rinunciare per mancanza di neve e un’altra per il vento troppo forte. Altre volte, ancora, si è costretti a cancellare gare per le eccessive nevicate in pieno inverno».

Un debutto mancato

Zermatt, così come Cervinia, teneva moltissimo a questo appuntamento. «Ci credo. Pur essendo una notissima stazione sciistica invernale, non ha mai ospitato gare di Coppa del mondo. Cervinia invece lo ha fatto, anche se tanti anni fa (nella stagione 1977-78, ndr) e in passato ha anche proposto qualche appuntamento minore. Qui si voleva innanzitutto proporre un evento nuovo, oserei dire anche innovativo. E si è deciso di presentarlo in un momento in cui il calendario non offriva nulla. Si voleva insomma anche colmare il buco troppo lungo tra i giganti d’apertura di Sölden e gli appuntamenti veloci in Nordamerica. Il tema, è chiaro, resta caldo. Se ne discute spesso quando si tratta di stilare i calendari. Sono certo che se ne discuterà ancora. Io non so dire se sia giusto o sbagliato iniziare a Sölden attorno alla metà di ottobre o se invece sia meglio andare sul ghiacciaio del Rettenbach un paio di settimane dopo. Al di là del fatto che il riscaldamento del clima è lì da vedere e che i ghiacciai perdono metri in continuazione, ogni stagione riserva sempre sorprese.», precisa il vallesano.

La neve artificiale

Uno dei grandi temi di discussione è quello della neve artificiale. Cosa ne pensa al proposito Didier Défago? «Senza neve artificiale, non si potrebbero proporre molte competizioni. Ma anche i cannoni non possono fare miracoli. Per creare la neve sono necessarie determinate condizioni. Torniamo ancora al problema di base. Per far sì che i cannoni funzionino, ci vogliono temperature basse. A Zermatt e Cervinia purtroppo non c’erano. Ricordo che a volte, in passato, non c’erano neppure negli Stati Uniti o in Canada. Gli autunni e gli inverni secchi sono calamità per lo sci. E per tutti quelli che lavorano in questi contesti», spiega. Gli appassionati elvetici, a questo punto, dovranno aspettare gli appuntamenti di dicembre a St. Moritz (per le donne) e quelli maschili del mese di gennaio a Adelboden e Wengen. «Sì, ma ora di allora, si spera, la Coppa del mondo sarà già entrata nel vivo», conclude Défago.

È la logica conseguenza di ciò che stiamo vivendo

Era stato evidenziato dallo studio condotto da un team di ricercatori guidato dall’università di Waterloo: «Il cambiamento climatico sta alterando la geografia dei Giochi olimpici invernali e, purtroppo, non consentirà ad alcune città famose per gli sport invernali di ospitarli ancora. Secondo le proiezioni, la maggior parte delle località ospitanti in Europa sarà non affidabile già nel 2050, anche in un futuro a basse emissioni», spiegava Robert Steiger, dell’Università di Innsbruck, che aveva collaborato all’analisi. Quanto viviamo questo autunno quindi non stupisce. Anzi, va proprio in quella direzione. La notizia di Zermatt non ha stupito neppure Marco Gaia, responsabile del Centro regionale sud di MeteoSvizzera. «No, le attuali condizioni atmosferiche, in effetti, giocano contro gli organizzatori di simili eventi sciistici. L’annullamento della gara è la logica conseguenza di ciò che stiamo vivendo: temperature elevatissime anche in quota e assenza di precipitazioni di una certa quantità, tali da permettere l’innevamento. Insomma, uno più uno fa due. Anzi, in questo caso fa zero».

Una questione fisica

Non sarà per forza la regola per ogni inverno. «Ogni anno è diverso dall’altro», spiega Gaia. «La variabilità climatica è una delle caratteristiche della nostra regione. Però, sopra la variabile climatica, da almeno cinquant’anni a questa parte c’è il trend del riscaldamento globale. È chiaro, le temperature sono al rialzo. Anno più, anno meno, ma sono sempre in rialzo. Anche i prossimi anni saremo confrontati con questa tendenza, è una questione fisica. Le precipitazioni sono, per loro natura, invece più variabili. Le indicazioni che abbiamo ci dicono che in futuro avremo periodi asciutti più lunghi, alternati a precipitazioni intense.  Dove e quando queste precipitazioni farà la differenza. Se due o tre settimane fa, a Zermatt, fosse arrivata una cospicua nevicata, forse gli organizzatori non sarebbero stati costretti ad annullare tutto. Se nevicherà la prossima settimana, sarà comunque troppo tardi. Insomma, è anche una questione di fortuna. Le temperature elevate però, magari con l’eccezione di qualche anno più freddo - appunto eccezioni -, saranno una regola».

Si scierà solo in alta montagna

C’è chi dice che nel 2100 non si scierà praticamente più. «Le Alpi sono alte», avverte Gaia. «Vanno dai nostri 1.500 ai 4.000 nel cuore del Vallese o nell’Oberland bernese. In alta montagna, anche in futuro ci saranno le condizioni per sciare d’inverno. Ma solo in alta montagna. A quote medio-basse, sarà sempre più problematico. E se d’inverno arrivassero le precipitazioni, arriverebbero comunque sotto forma di pioggia, e non di neve, a causa dell’aumento delle temperature. Insomma, a quote medio-basse le stazioni sciistiche faranno molta fatica a garantire un innevamento tale da rendere la gestione redditizia. E infatti c’è chi già ha rinunciato alle attività invernali, presentando attività “estive” tutto l’anno». Addio cocuzzoli imbiancati. «È la grigificazione del paesaggio. Si basa sulla fusione dei ghiacciai e sull’anticipo con cui si fonde la neve, comunque meno copiosa. Diminuiranno quindi i periodi in cui potremo ammirare il bianco candido sulle cime delle nostre montagne. In futuro, predominante sarà il colore della roccia, non quello di neve e ghiaccio».

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