Hockey

Quel derby solo sfiorato tra Bergeron e Pacioretty

Il 5 ottobre di 10 anni fa, il Lugano accoglieva la star dei Boston Bruins per la durata del «lockout» NHL - Il giorno dopo l'attaccante dei Montréal Canadiens giocò l'ultima partita con l'Ambrì
Fernando Lavezzo
05.10.2022 06:00

Esattamente dieci anni fa, il 5 ottobre del 2012, l’HC Lugano accoglieva Patrice Bergeron, il campione dei Boston Bruins ingaggiato per tutta la durata del «lockout» di NHL. La sera stessa, alla Resega, andò in scena il primo derby di quella stagione. Atterrato da poco, il canadese lo seguì dagli spalti. In pista, con la maglia dell’Ambrì Piotta, scese invece Max Pacioretty, stella dei Montréal Canadiens. Per lo statunitense fu la quarta e penultima partita con i leventinesi, prima di un discusso ritorno in Nordamerica.

Boston e Montréal distano circa 500 chilometri. In mezzo ci sono il New Hampshire, il Vermont, un paio di foreste nazionali e il confine tra USA e Canada. Eppure, quella tra Bruins e Canadiens è considerata una delle più accese rivalità della National Hockey League. Un derby che Patrice Bergeron e Max Pacioretty hanno vissuto decine di volte tra il 2008 e il 2018, anno in cui il «Pacio» si trasferì ai Las Vegas Knights.

Dieci anni fa, i due rischiarono di affrontarsi anche in un derby ticinese. Era l’autunno del 2012, quello del terzo e – per ora – ultimo «lockout» di NHL, proseguito fino all’Epifania. Come vedremo, la sfida tra le due superstar nordamericane fu soltanto sfiorata.

Che bei colori

Il 5 ottobre del 2012, 40 minuti dopo essere atterrato all’aeroporto di Lugano-Agno, Bergeron venne presentato alla stampa ticinese. Gli misero al collo una sciarpa giallonera con il logo dell’HCL: «Gli stessi colori dei miei Bruins, ecco perché ho scelto il Lugano», disse sorridendo l’allora 27.enne. «Facciamo in fretta, stasera c’è il derby e Patrice lo vuole giocare», scherzò il direttore sportivo Roland Habisreutinger. In realtà Bergeron, stremato da viaggio e jetlag, si accontentò di seguire la partita in tribuna. La sua nuova squadra, allenata da Larry Huras, si impose 3-0 con reti di Nummelin, Domenichelli e Steiner. Il centro canadese (che però Huras schierava soprattutto all’ala di Metropolit) esordì quattro giorni dopo contro il Langnau: 2 gol, 2 assist.

Una saetta, poi il buio

Per l’Ambrì Piotta di coach Kevin Constantine, quella rimediata nel derby del 5 ottobre fu la settima sconfitta in otto giornate di campionato. Nessuno immaginava che sarebbe stata la penultima volta di Max Pacioretty in biancoblù. L’ala numero 67 era stata accolta trionfalmente il 26 settembre ad Ascona, in una giornata di pioggia. «Non sono qui in vacanza», assicurò. «Darò il massimo per aiutare la squadra». Due giorni più tardi, debuttò alla Valascia contro il Friburgo, segnando una splendida rete dopo meno di sette minuti. Una saetta imprendibile. Un promettente biglietto da visita. Un’illusione di breve durata. Nelle due gare seguenti, contro Zurigo e Kloten, lo statunitense chiuse senza punti, con un bilancio complessivo di -3. Nella partita della Resega non lasciò il segno. Stessa storia la sera successiva contro il Langnau, un match perso 0-1 in cui rimediò due penalità.

Andarsene in punta di gomito

Cinque partite, un unico gol all’esordio, nessun assist e una condizione fisica precaria. Tra il 9 e il 13 ottobre 2012, contro Berna, Rapperswil e Davos, Pacioretty venne lasciato fuori. «Ha l’influenza», disse il club. Il 14 ottobre, però, l’HCAP ufficializzò la partenza del giocatore. Un annuncio maldestramente anticipato su Twitter del compagno Jason Williams, uno che con i social media (ricordate il «sushigate» nei playoff del 2014?) fece solo disastri. Il comunicato stampa dell’Ambrì Piotta parlava di un «riacutizzarsi di problemi infiammatori ai gomiti» che non avrebbero permesso a Pacioretty di esprimersi sui suoi abituali livelli. La storia, però, lasciò tutti perplessi. Due giorni prima di andarsene, alla vigilia del match con il Davos, l’attaccante americano rilasciò un’intervista a un giornale canadese, facendo capire di sentirsi pronto per giocare contro i grigionesi. Allo stesso giornalista, Constantine dichiarò di aver operato «una dolorosa scelta tecnica» nel lasciare fuori Max. Jean-Jacques Aeschlimann, all’epoca ds dell’Ambrì Piotta, precisò che il dolore non era tale da impedire a Pacioretty di giocare, spiegando che lo statunitense fece una riflessione in ottica NHL, complice la sensazione che la stagione potesse riprendere di lì a poco. Insomma, Max non voleva correre rischi e intendeva farsi curare a casa sua, anche per ragioni assicurative. Una questione mai del tutto chiarita, con tante indiscrezioni sui rapporti tesi tra la star dei Montréal Canadiens e coach Kevin Constantine, il quale sarebbe poi stato sollevato dall’incarico il 22 ottobre, sostituito da Serge Pelletier.

L’Epifania se li portò via

A Lugano, intanto, Patrice Bergeron continuava a dare spettacolo: 2 assist contro lo Zugo, 2 gol al Friburgo, uno ai Lions, un gol e un assist al Bienne. Dopo due partite d’assenza, tornò con un gol e 2 assist contro il Ginevra. Il 2 novembre giocò il suo primo derby, perso 5-2 alla Valascia. La sua prima gara senza punti personali. Si riscattò nei due derby successivi, molto ravvicinati (il 13 e il 24 novembre), entrambi vinti dal Lugano. Bergeron chiuse la sua avventura bianconera il 22 dicembre con un bilancio di 11 gol e 18 assist in 21 partite. Tra Natale e Capodanno prese parte alla Coppa Spengler più spettacolare di sempre, vinta da un fantasmagorico Team Canada. Poi, come detto, l’Epifania si portò via tutte le star della NHL arrivate in Svizzera. Il campionato nordamericano sarebbe ripartito meno di due settimane dopo, il 19 gennaio.

Coincidenza vuole che proprio il pomeriggio del 6 gennaio del 2013, alla Valascia, andò in scena un altro derby. Dopo essersi perso per un soffio il confronto tra Patrice Bergeron e Max Pacioretty, il pubblico ticinese mancò di poco anche quello tra lo stesso Bergeron e Matt Duchene, giovane asso dei Colorado Avalanche unitosi all’Ambrì Piotta il 12 dicembre. Non era destino.

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