Calcio

Sabbatini e la ruota bianconera: «Questo gruppo è da Europa»

Il capitano del Lugano saluta con orgoglio il successo tutto cuore e carattere ottenuto domenica a Basilea: «Deve fungere da punto di partenza per un collettivo che avrà bisogno di tempo per formare un amalgama vincente»
Il 34.enne uruguaiano deve ancora digerire il rigore fallito nel match di ritorno dei preliminari di Conference League contro l’Hapoel Be’er Sheva. © CdT/Gabriele Putzu
Nicola Martinetti
15.08.2022 21:06

«Quando giocavamo assieme, “Franck” Russo era solito dirmi: “Il calcio è una ruota che gira Sabba”. E aveva ragione. A Basilea, per la prima volta in stagione, sento che finalmente ha iniziato a girare dalla nostra parte. Mi auguro che si riveli l’input giusto, in grado di dare il la al nostro campionato. Deve essere un punto di partenza». Il ruolo del capitano consumato piace a Jonathan Sabbatini. Gli si addice, del resto. In campo, in prima linea al fianco dei compagni, ma anche fuori. Dove, forte di un decennio trascorso a Cornaredo, non esita a riesumare aneddoti e insegnamenti legati ai «vecchi amici». Punti fermi acquisiti negli anni, ai quali aggrapparsi in caso di necessità. Come, ad esempio, quando si inizia la stagione con cinque sconfitte in sette incontri.

Un film già visto

«O quando si sbaglia un rigore decisivo in Israele», rileva con un sorriso amaro il 34.enne uruguaiano. Sì, quanto accaduto a Netanya non è ancora andato giù a «Sabba». Nonostante la bella vittoria tutta cuore e carattere ottenuta domenica al St. Jakob Park. «Sono molto orgoglioso del successo contro i renani - afferma il diretto interessato -. Che ci dà slancio e aiuta a mitigare la delusione di settimana scorsa. Ma se devo tracciare un bilancio di questo primo scorcio di stagione, non posso che definire un’occasione sprecata il modo in cui abbiamo interpretato il turno preliminare di Conference League contro l’Hapoel Be’er Sheva. Un doppio confronto compromesso con il severo 2-0 dell’andata e affossato da quel mio errore dagli undici metri nel match di ritorno. Per il quale, dopo averlo fatto con la squadra, ci terrei a scusarmi anche con i nostri tifosi».

Al netto dei singoli episodi, l’impressione è che il precoce addio all’Europa sia però da ricondurre ad altro. In particolare al fatto che un gruppo per buona parte rinnovato sia stato gettato in pasto a un tour de force che avrebbe provato anche una squadra più navigata. Finendo col pagarne il prezzo lungo il cammino, pur rialzando la testa nel finale. «La vittoria di Basilea è stata bella ed elettrizzante, ma non possiamo accontentarci - afferma il capitano bianconero -. C’è ancora tanto su cui dobbiamo lavorare, e purtroppo - almeno per quanto mi concerne - non è una novità. Anche in occasione delle nostre ultime presenze continentali, infatti, il gruppo che aveva centrato la qualificazione - coeso e consolidato - aveva poi subito pesanti modifiche nelle settimane successive, finendo col disputare l’Europa League in una fase di transizione. In quelle occasioni riuscimmo comunque a ben figurare, questa volta un po’ meno».

Tempo e barriere linguistiche

Già. E alla luce degli altalenanti risultati fin qui ottenuti in campionato, conditi da prestazioni altrettanto irregolari da parte dei nuovi innesti, qualcuno si è già sbilanciato, bollando la squadra attuale come inferiore a quella dello scorso anno. «Ricordo ai più avventati che al Lugano della scorsa stagione erano occorsi tre anni per diventare ciò che era - ammonisce «Sabba» -. La vittoria della Coppa Svizzera e il record di punti in campionato non sono stati frutto del caso, bensì di un lungo processo. Rammento che Sandi Lovric, che io reputo un fenomeno, venne addirittura fischiato in occasione delle sue prime apparizioni con la maglia bianconera. Oggi invece gioca in Serie A. E di esempi simili potrei farne altri. La verità di fondo è che ogni squadra, salvo rare eccezioni, necessita di tempo per formare un amalgama vincente. Specialmente quando si perdono dei “big”, come ho più volte sperimentato da quando sono a Lugano. Se non ci credete, guardate come se la sta passando lo Zurigo campione svizzero in questo momento. O pensate alla trasformazione vissuta dal San Gallo la scorsa stagione, partito male e poi ripresosi alla grande in corso d’opera. Capisco che l’ambiente abbia fame di vittorie. Anche noi vorremmo ottenerne tante e subito, ma non è scontato».

Il capitano, dunque, di dubbi non ne ha. Il gruppo attuale, che presto verrà rinforzato ulteriormente, ha tutte le carte in regola per risollevarsi e fare bene. Quanto? Sentite «Sabba»: «Non ho paura di dirlo, per me siamo da Europa. Il potenziale c’è, ora starà a noi affinarlo. Perché si può avere tutta la qualità del mondo, ma il Paris Saint-Germain insegna che senza coesione non si va lontano. Io vedo una squadra che sta pian piano imparando a conoscersi, trovando determinati automatismi. Nonostante, e questo è un aspetto del quale si parla poco, a livello linguistico le cose siano cambiate radicalmente. L’anno scorso nello spogliatoio si parlava quasi esclusivamente italiano. Ora invece comunicare è diventato più difficile. Pensate soltanto al mio caso, a centrocampo: nessuno tra Belhadj, Doumbia e Bislimi conosce l’italiano. Io mastico un po’ di inglese, ma capite che non è immediato riuscire a esprimersi come si vorrebbe. Ripeto, sono tutti aspetti che richiedono pazienza. E uno zoccolo duro di leader che noi, grazie ai vari Ziegler, Daprelà, Bottani e Celar, fortunatamente possiamo continuare a vantare».

L’ambizione del capitano

Di qui la convinzione di poter tornare a giocare in Europa. Già, secondo Sabbatini, a partire dal prossimo anno. Staccando la qualificazione in campionato o tramite la (ri)conquista della Coppa Svizzera. «Poco importa, in fondo - chiosa il numero 14 dei sottocenerini -. È una questione di mentalità. So che, parlando di obiettivi, spesso vengono citati la salvezza e un bel percorso in Coppa. Ma la mia ambizione, quella che cerco di trasmettere anche al resto del gruppo, è più grande. E poi sì, lo ammetto, sono spinto anche da motivazioni personali. Gli anni del resto passano, e - come si dice in questi casi - per me “è sempre uno in meno” (ride, ndr). Quindi perché non provare a regalarci un altro giro di giostra fra dodici mesi, quando questo gruppo avrà molta più esperienza e coesione». Già, perché no. E domenica, guarda caso, torna la Coppa Svizzera.

Correlati
Un Lugano corsaro espugna Basilea
Prova di carattere dei bianconeri, che per novanta minuti resistono con ordine alle offensive dei renani, trovando due reti nei recuperi con Babic e Belhadj